The Tree of Life: recensione del film di Terrence Malick

Ecco la recensione di The Tree of Life, il film di Terrence Malick con Sean Penn, Jessica Chastain e Brad Pitt

The Tree of Life recensione del film di Terrence Malick, che nel 2011 dirige probabilmente il suo film più maturo. Presentato al 64° Festival di Cannes nel maggio 2011, ha vinto la Palma d’Oro per il miglior film, riuscendo a dividere pubblico e critica. Da subito però si è incanalato verso l’Olimpo delle grandi opere cinematografiche, destinato a esser ricordato come uno dei progetti più arditi e ambiziosi di Malick. Infatti The Tree of Life si presenta come un’enorme odissea che racconta le origini della vita, attraversando spazio, tempo e memoria alla ricerca del senso di tutto ciò che esiste. Una pellicola sì ambiziosa, ma incredibilmente toccante e commovente.

Nel cast del film troviamo Sean Penn, nei panni del protagonista Jack O’Brien, affiancato da due superlativi Brad Pitt e Jessica Chastain, che interpretano i genitori di Jack ragazzo. Il film ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui 3 nomination agli Oscar e la già citata Palma d’Oro a Cannes. Diversi inoltre i premi delle associazioni di critica cinematografica, tra cui quelle di Los Angeles, New York e Chicago.

The Tree of Life: recensione del film di Terrence Malick

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In circa cinquant’anni di onorata carriera, Terrence Malick ha spesso creato indimenticabili sinfonie filosofiche intorno a eventi epocali. Ma The Tree of Life sembra davvero essere il film che Malick ha costruito lungo tutta la sua carriera, nel quale è riuscito a radicalizzare ogni tendenza che il suo cinema aveva fino ad allora espresso. Il regista mette in scena con incredibile maestria la relazione dell’uomo con la natura e altre forze irrazionali. In termini di paragoni, The Tree of Life richiama la mastodontica ambizione celata dietro al 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick, ma è al tempo stesso anche il film più intimo e personale di Malick.

Ambientato in Texas negli anni Cinquanta, il film segue la difficile storia di Jack O’Brien (Sean Penn) che da adulto riflette sulla propria vita. Il ragazzo è cresciuto tra un padre autoritario ed esigente (Brad Pitt) e una madre dolce e protettiva, l’angelo della casa (Jessica Chastain). Stretto tra due modi di amare forti e diversi, Jack ripercorrerà la sua storia alla ricerca di sé stesso, partendo però dal dramma umano della morte del fratello all’età di soli diciannove anni. Da qui scaturirà una domanda esistenziale: perché il male?

Si cercherà così di dare una risposta scandagliando la vita, la morte, l’origine, la dialettica natura/grazia e la fede. Ma ciò che rimarrà veramente sarà il mastodontico mosaico creato da Malick, dove le vite dei suoi personaggi si intrecciano indissolubilmente alla storia del mondo in cui vivono. Il film si discosta ben presto dalla semplicità della trama per uscire dai confini cinematografici ed entrare definitivamente in quelli della poesia.

The Tree of Life: il senso della vita

“L’unico modo per essere felici è amare. Se non ami la tua vita passerà in un lampo. Fai del bene. Meravigliati. Spera.”

Uno dei temi fondamentali nella cinematografia di Malick è la ricerca del senso della vita, che in The Tree of Life viene affrontata giustapponendo violente raffigurazioni del cosmo e scenari incontaminati dall’uomo. Ma è proprio nell’esperienza del fenomeno della morte che sorge il problema del senso. Malick cerca di rispondere inseguendo una presenza divina sfuggente nelle profondità interstellari, senza però trovare inizialmente una risposta al perché del dolore terreno. Jack sperimenterà così l’inquietudine della morte, e l’impossibilità di rispondere al grande quesito umano lo farà sprofondare in una crisi che verrà risolta solo nel finale.

Il tema del senso del dolore ci viene presentato fin dalla didascalia iniziale, con i versetti tratti dal Libro di Giobbe: “Quando io ponevo le fondamenta del mondo, tu dov’eri?” (Gb, 38,4). Ciò che emerge è che l’uomo non trova riscatto se non nella possibilità di amare, come pronunciato in un toccante voice-off da Jessica Chastain. È infatti verso questa direzione che tende il sentiero della madre, un amore deromanticizzato ed empatico, grazie al quale si può far fronte al dolore umano. Senza questa capacità di amare la vita dell’uomo passerebbe inosservata, senza lasciare traccia di sé. L’esperienza dell’esistere infatti acquista un senso ultimo solo nell’unità di bellezza e amore, racchiusi insieme nella parola “grazia”.

The Tree of Life: natura e grazia

“Ci sono due vie per affrontare la vita: la via della Natura e la via della Grazia. Tu devi scegliere quale delle due seguire.”

In una delle prime inquadrature, il voice-off della madre (Jessica Chastain) ci dice che esistono due approcci alla vita: la via della Natura e la via della Grazia. Viene introdotta una tematica centrale nel film di Malick, riprendendola direttamente dalle riflessioni di teologia morale di Tommaso d’Aquino. Si propone così il tema della duplicità dell’uomo, sospeso tra natura e grazia, addentrandosi nel simbolico tanto caro al regista.

La via della Natura, rappresentata simbolicamente dalla figura del padre (Brad Pitt) è legata all’istinto di sopravvivenza, alla rigidità e alla violenza. La via della Grazia, simboleggiata dalla madre, invece si fonde con l’idea di amore ed empatia, seguendo il percorso dell’unione. Ma la dicotomia non è così netta e definita, perché in realtà le due vie convivono e lottano dentro ogni uomo. Jack (Sean Penn), l’uomo più semplice, parte del tutto, è quindi contemporaneamente Grazia e Natura, che risente del duplice stilema educativo impartitogli dai genitori.

Sono tutti concetti espressi specialmente nelle sequenze cosmogoniche, dove a emergere è l’idea che la metamorfosi delle forme e l’evoluzione del creato sono possibili solo grazie al conflitto. Il conflitto diventa così un elemento determinante per l’evoluzione della vita attraverso sopraffazione e brutalità (si veda a tal proposito la scena della lotta tra dinosauri), e attraverso il quale gli opposti, apparentemente inconciliabili, trovano una loro unitarietà.

The Tree of Life: l’uomo e il cosmo

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The Tree of Life sembra seguire la lezione del poeta tedesco Friedrich Hölderlin, giustapponendo l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo in un gioco di specchi e simboli. Malick, a tal proposito, rappresenta egregiamente nel corso della pellicola la relazione antropo-cosmomorfica dell’uomo con l’ambiente e gli elementi naturali. Ci sono diverse analogie nelle molte sequenze cosmogoniche tra la creazione della Terra e la nascita della vita umana. Basti pensare alla meravigliosa interpretazione visiva dell’origine dell’universo, accompagnata dalla splendida Lacrimosa di Zbigniew Preisner, che culmina con la nascita di Jack.

Attraverso queste similarità, Jack si riscopre microcosmo, contenente in sé tutti quegli elementi naturali che ora si ricoprono di valenza simbolica. Il corpo dell’uomo si riscopre simile nella sua essenza alle tante forme di vita, fatto di acqua, sangue ed elementi minerali. Avviene così un vero e proprio transfert all’interno della reciproca relazione tra l’essere umano e il cosmo, proiettando contemporaneamente in esso tutto un portato soggettivo. Si susseguono così anche immagini di nature incontaminate, rappresentanti la magnificenza con cui per contrasto, da poveri uomini insulsi, ci troviamo a convivere.

Il messaggio comincia a schiudersi man mano che la mente di Jack associa ad esempio gli attriti tra il padre e la madre con l’infrangersi di onde su un fuoco vulcanico. Oppure quando viene affiancata l’immagine del giovane R.L. che arpeggia la sua chitarra ad un calmo ruscello nella natura preistorica, il tutto accompagnato dalla fotografia evocativa di Lubezki. La pellicola procede così spingendo la mente oltre la pura rappresentazione visiva, cercando di farla giungere alla comprensione dell’unico grande viaggio dell’anima dell’universo. Viaggio simboleggiato dal vagare onirico finale di Jack in un ambiente etereo e incredibilmente simbolico.

The Tree of Life: individuo, specie, società

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Un ulteriore piano di lettura di The Tree of Life è legato all’idea di uomo inteso triplicemente come individuo, specie e società, tre dimensioni fondamentali che formano l’essere umano. Il contesto sociale viene ben definito da Malick, che ambienta la sua pellicola nel bel mezzo dell’America degli anni ’50. Anni importanti in quanto segnarono la perdita dell’innocenza e dell’inizio della fine del sogno americano. È così presente una critica sociale che l’autore muove a tutto un sistema di convinzioni e di ideali tipici dell’America bigotta e severa pre-rivoluzione sessuale.

Emerge così una sorta di riflessione sul tema dell’educazione. L’attenzione viene portata in particolare su Jack e sul suo percorso di assimilazione dei metodi bruschi del padre e sul conseguente allontanamento da questi. La severità e la violenza del padre unite alla dolcezza della madre, portano Jack a interrogarsi sui due tipi di educazione apparentemente inconciliabili, che si ripercuotono sulla sua personalità adulta.

L’individuo quindi viene messo in relazione non solo con il cosmo e la natura, ma anche con la sua dimensione più propriamente sociale e culturale. È proprio in questa dimensione che avviene il conflitto dove si dispiega la via della natura, mitigata dalla via della grazia. Sarà nel finale all’insegna della rêverie che Jack sopraggiungerà ad una coalizione anche nella dimensione sociale, necessaria per il superamento della crisi. Non casuali a tal proposito sono le riprese di porte che si aprono, di alberi che si riflettono nelle vetrate di grigi e impersonali edifici e lunghi ponti a segnare una connessione ritrovata all’interno del conflitto.

The Tree of Life: l’esperienza di verità

Il comprendere, in particolare, fa riferimento a un modo di conoscenza soggettivo, il quale costituisce un’esperienza di verità che trasforma chi la compie.”

La frase di Hans-Georg Gadamer, uno dei maggiori esponenti dell’ermeneutica filosofica, sembra sposarsi alla perfezione con la cinematografia malickiana. Con The Tree of Life lo spettatore si ritrova catapultato ad un livello di consapevolezza tale da portarlo al cambiamento. Si tratta indubbiamente di un livello molto raro da raggiungere, ma è anche la ragione stessa per cui un autore dialoga con il pubblico.

Gadamer parla a tal proposito di esperienza di verità, indicando come questa esperienza mediata modifichi realmente lo spettatore che la compie. È impossibile cercare di comprenderla oggettivamente, in quanto comporta un totale coinvolgimento della soggettività che viene sensibilmente modificata. La pellicola di Malick ci porta ad essere immersi dentro un accadere di fatti che ci cattura completamente e che ci porta alla comprensione, trasformandoci per sempre.

Seguendo la lezione di Paul Ricoeur, in The Tree of Life non c’è solo l’intenzione dell’autore nascosta dietro al testo. C’è soprattutto lo spettatore con tutto il suo essere in situazione, con il suo portato soggettivo, che viene coinvolto appieno nel vivere un’esperienza. Per questo l’unico vero modo per godere appieno del cinema di Malick, dovrebbe essere quello di aprirsi totalmente alle sue pellicole, lasciarle entrare e farle dimorare dentro di sé. Sentirle, ascoltarle con la voce della propria anima. The Tree of Life non è un film, ma molto di più.

Conclusioni su The Tree of Life: recensione 

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The Tree of Life è un film sotto forma di poesia, capace di colpire lo spettatore direttamente al cuore, regalandogli qualcosa da portare dentro per sempre. Malick nel tentativo di carpire la vastità dell’esistenza, affronta uno dei suoi progetti più importanti, senza scadere nella tediosità. Il film è epocale e grandioso, nonostante sia riuscito a dividere fortemente pubblico e critica.

Chiaramente una singola visione di quest’opera non è lontanamente sufficiente per comprenderla in tutte le sue chiavi di lettura. Si tratta infatti di una delle pellicole cinematografiche più ardite degli ultimi anni per l’impatto che esercita sullo spettatore. Ma il suo grande punto di forza risiede proprio in questo, riuscendosi a liberare dalle accuse di mero tecnicismo una volta che il film procede nella narrazione.

Una notazione di merito deve essere spesa per sottolineare lo straordinario lavoro del direttore della fotografia Emmanuel Lubezki e dei cinque montatori Corwin, Rabinovitz, Rezende, Weber e Yoshikawa. Il montaggio emotivo del film è superbo, al punto da riuscire ad intrecciare la cosmogonia alla storia di una semplice famiglia texana, senza che il tutto risulti arrogante e superfluo. The Tree of Life narra semplicemente una storia, una Weltanschauung in un modo così raro e potente che oggettivamente è davvero difficile poterlo ammirare in un prodotto cinematografico.

The Tree of Life

Voto - 9

9

Lati positivi

  • La regia di Malick è superba e mai presuntuosa
  • Fotografia e montaggio che rasentano la perfezione estetica
  • Narrazione simbolica potente e precisa
  • La capacità di parlare all'anima dello spettatore

Lati negativi

  • Certe dinamiche narrative potrebbero risultare prolisse e pretenziose per alcuni spettatori

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