Work It: recensione del dance movie disponibile su Netflix

Volti noti, ironia e hip-hop non bastano nel nuovo dance movie di Netflix

Qualche settimana fa vi avevamo parlato di Feel the beat, il dance movie di Netflix con protagonista Sofia Carson che non ci aveva particolarmente convinto. Più che raccontarci la danza come strumento narrativo di una crescita personale, sembrava che quel film avesse usato l’arte del movimento come scusa per un puro gioco visuale; il film dimenticava perciò ogni tipo di profondità e si abbandonava al puro entertainment. Con Work It, film di cui vi proponiamo la nostra recensione, le cose appaiono immutate. Netflix torna con un coming-of-age mascherato da dance movie.

Il film reitera gli stessi errori già commessi: prevedibilità, noia ma sequenze coreografiche ben girate e tuttavia piacevoli. Diretto dalla regista, sceneggiatrice e produttrice italoamericana Laura Terruso (Good Girls Get High, Fits and Stars, I Want My Phone Back) e scritto da Alison Peck, Work It è la storia di formazione di una giovane studentessa che per entrare nel college dei suoi sogni forma la sua crew di danza, imparando a ballare da zero. Il film, che come Fell the Beat si rivolge ad una cerchia di pubblico adolescenziale o appassionato di dance-movie, conferma ancora una volta la linea di Netflix nel produrre film che ambiscono a raccontare le nuove generazioni badando poco alla qualità. Ma capiamo cosa non ha funzionato di Work It nella recensione che segue.

Indice

La trama − Work It, la recensione

Quinn Ackerman (Sabrina Carpenter) è al suo ultimo anno nel liceo Woodbright High e presto dovrà affrontare il colloquio per entrare alla Duke University. Studentessa modello e figlia devota, Quinn suona il violoncello e fa volontariato presso una casa di riposo sognando l’Università che una volta anche il padre −perso prematuramente− ha frequentato da giovane. La sua migliore amica è (ovviamente) il suo opposto. Atletica, ironica e sfrontata, Jass (Liza Koshy) fa parte della crew di hip-hop del liceo, i Thunderbird, capitanati dal primo ballerino e coreografo Julliard (Keiynan Lonsdale). Nel corso degli anni la ragazza ha vinto numerose competizioni, tra cui la prestigiosa Work It Dance Competition.

Quinn, che piuttosto che danzare preferisce illuminare la crew dalla cabina di regia, durante il famigerato colloquio alla Duke per accalappiarsi le simpatie dell’esaminatrice si fingerà parte del copro di ballo del liceo; la ragazza si ritrova così a dover creare un proprio gruppo, trovare un coreografo disposto ad aiutarla e imparare a danzare in soli due mesi. Con l’aiuto della migliore amica Jass e il celebre ballerino di Youtube Jake Taylor (Jordan Fisher), la protagonista metterà in piedi un gruppo di giovani esordienti ma talentuosi. Quinn, imparando a lasciarsi andare tramite il ballo, imparerà a conoscere la propria spensieratezza, che ha tenuto nascosta troppo a lungo.

Dance-coming-of-age

Prodotto da Leslie Morgenstein, Elysa Koplovitz Dutton e dalla cantante Alicia Keys, il film fonde il racconto di formazione con il dance movie; paragonando metaforicamente l’apprendimento della danza con il passaggio dell’adolescenza all’età adulta. Incagliata in una ricerca (ormai impossibile) dell’approvazione della figura paterna, la protagonista ci appare come l’archetipo narrativo del brutto anatroccolo; la Smart girl del liceo che non cura l’aspetto fisico, passa troppo tempo sui libri e non ha ancora una vita sentimentale. Tramite il continuo voice-over, la pellicola ci racconta un pezzo di vita fondamentale di Quinn che si staccherà dalla protezione genitoriale per abbracciare la propria indipendenza. Il film però, che di certo ha tutte le buone intenzioni, purtroppo non riesce ad andare oltre una scrittura prevedibile, didascalica, frettolosa e ricca di cliché.

Il film evita di osare, di virare sull’originalità, sul guizzo, la stravaganza. L’ammonimento dell’esaminatrice della Duke, che rimprovera Quinn di non avere una passione, di non avere nulla “che la faccia alzare dal letto la mattina” è la stessa passione che ironicamente manca al film. Quinn che ascolta i TED Talk mentre si lava i denti, assiste gli anziani e colleziona ottimi voti sembra non soffrire affatto della sua condizione da Nerd. La regista Terruso non ci dà alcun pregresso interiore o sociale della protagonista, giustificando così il bisogno di cambiamento. E allora perché dover cambiare? Un colloquio per una prestigiosa università, che sembra prediligere una competizione di danza a un voto in letteratura, è una scusa plausibile per dare il via alla metamorfosi?

work it recensione

Work It, A.K. Worldwide Productions, Alloy Entertainment, STXfilms

Già visto (e meglio) − Work It, la recensione

In Work It sembrano riecheggiare altri film già visti. Film che di certo hanno segnato la nostra immaginazione molto più di questo. Uno su tutti Save The Last Dance, che nel 2001 raccontava la danza e l’amore interrazziale indagandone le implicazioni sociali e personali. Ma se nel film con Julia Stiles, quando la telecamera indugia sui corpi che si sfiorano nel mostrare o mimare un passo, si avvertono sensualità e dirompenza collettiva, in Work It la storia d’amore fra la timida Quinn e il divo dei social Jake è un mero pretesto romantico. Dal primo momento in cui vediamo Quinn e Jake incontrarsi e scontrarsi infatti sappiamo da subito come andrà a finire tra i due. Sorvolando sulla prevedibilità romantica però è un aspetto più intricato quello su cui riflettere.

Una tendenza narrativa ormai nota, la storia d’amore fra la ragazza chiusa e in sé e il bello e impossibile; una scelta che implica obbligatoriamente un cambiamento d’aspetto e di temperamento esclusivamente per la controparte femminile. In Work It infatti il giovane ballerino affascinante fa in tutti i modi capire a Quinn che deve lasciarsi andare; il ragazzo è reduce da un’incidente al ginocchio, che ne ha precluso un successo maggiore. Mettere da parte la propria durezza, prendere consapevolezza del suo corpo, abbandonare la logica. Velatamente dunque il film ci fa capire che Quinn, per essere amata, deve smettere di essere sé stessa. Abbandonare la propria natura da introversa per abbracciare una femminilità coerente; una femminilità che rientri nel gusto maschile, che ne plasma aspetti, modi e personalità a proprio piacimento.

work it recensione

Work It, A.K Worldwilde, Alloy Entertainment, STXfilms

Riflessioni finali

Come già notato in Feel The Beat, ultimamente Netflix punta ai dance movie strizzando l’occhio ad un pubblico giovane; una platea appassionata di danza e affezionata a giovani volti dei social. La cantante e attrice Sabrina Carpenter; l’attrice, comica e star di youtube Liza Koshy (nel 2016 il suo canale ha registrato il record di oltre 6 milioni di iscritti); e poi il ballerino, cantante e attore Keiynan Lonsdale. Tutti insieme costituiscono di certo un trio di grande attrattiva per un pubblico di giovani. Netflix lo sa bene e ne sfrutta appieno la popolarità.

Ironico ma banale, frizzante ma retorico Work It di buono ha senza dubbio le modalità di ripresa delle sequenze coreografiche. Usufruendo così dei nuovi stili che mischiano l’hip-hop, la videodance, il voguing e realizzando performance on stage iper-cinetiche certamente ben girate e iper-ritmiche. Work It è la piattaforma Netflix che cita sé stessa; producendo film insapore, monotoni che usano impropriamente la danza. Ma volti pop già noti, ironia nei dialoghi e mix musicali non bastano. Di dance movie ne abbiamo visti molti, e quelli che ancora ricordiamo sono quelli che hanno fatto della danza racconto profondo; un racconto sul sogno e sulla passione come vibrazione emotiva e fuga interiore. Il dirompente racconto georgiano del 2019 And Then We Danced è un esempio lampante delle potenzialità narrative della danza nel racconto di formazione. Peccato.

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Work It

voto - 3.5

3.5

Lati positivi

  • Una buona dose di ironia e divertimento
  • Alcune sequenze coreografiche visivamente e musicalmente coinvolgenti

Lati negativi

  • Banalità, noia e prevedibilità
  • Mancanza di un racconto di formazione profondo o innovativo

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