Prima e dopo gli effetti speciali: la magia del cinema grazie alla CGI 


Capita spesso di incontrare nel web fotografie di film “prima e dopo” gli effetti speciali. Ma di cosa si tratta veramente quando si parla di CGI?

Gli effetti speciali sono sempre esistiti nell’industria del cinema e dell’intrattenimento, definiti da Eustace Lycett – vincitore di due premi Oscar ai migliori effetti speciali per “Mary Poppins” e “Pomi d’ottone e manici di scopa”- come:

“qualunque tecnica o trucco che viene usato per creare un’illusione di realtà in una situazione in cui non è possibile, economico o sicuro usare le cose reali.”

Effetti speciali: un po’ di storia

Prima e dopo gli effetti speciali: la magia del cinema grazie alla CGI 


Nel 1985 venne inventato da Alfred Clark quello che può essere definito il primo “effetto speciale”: nel cortometraggio muto “The Execution of Mary, Queen of Scots”, prodotto da Thomas Edison, viene mostrata la decapitazione di Maria Stuarda, sostituendo nella scena clou l’attrice con un manichino. Tale tecnica ricorda l’effetto creato da Luis Buñuel nel corto “Un chien andalou”, in collaborazione con Salvador Dalì, di cui abbiamo parlato QUI.

Tuttavia fu l’illusionista francese Georges Méliès un vero e proprio pioniere degli effetti speciali, inventandosi numerosissime tecniche come la dissolvenza, l’esposizione multipla e la fotografia time-lapse. Ottenne anche dei filmati a colori dipingendo a mano i fotogrammi ancor prima dell’invenzione delle pellicole a colori. Il suo film più noto è “Viaggio nella Luna”, considerato il primo film di fantascienza della storia del cinema.

Negli anni ’20 e ’30 del XX secolo, gran parte degli effetti speciali erano collegati a metodi usati dagli illusionisti nei teatri oppure alla fotografia statica. Il progresso del trucco fu invece utilissimo per la resa dei primi film horror, mentre l’affermarsi della stop-motion permise lo sviluppo di sofisticatissime scenografie e miniature in grado di proporre situazioni impossibili da creare in altro modo, come battaglie navali o aerei in volo. 
Queste tecniche vennero affinate grazie allo sviluppo della fotografia a colori.

Dagli anni ’60, grazie a “2001: Odissea nello spazio” di Kubrick, si ha un vero e proprio boom negli effetti speciali grazie al cinema di fantascienza. Vennero sviluppate nuove tecniche di animazione e si giunse all’utilizzo degli “animatroni”, pupazzi meccanici resi autonomi grazie a specifici componenti elettronici, come in “King Kong” del 1976 ed “E.T. l’extraterrestre” di Steven Spielberg, datato 1982. 
Ciò che spinse però gli studios ad investire considerevolmente nell’industria dei film fantascientifici ricchi di effetti speciali fu l’enorme successo di “Guerre Stellari” e “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Tali investimenti hanno portato alla formazione di case indipendenti di produzione degli effetti speciali, portando così allo sviluppo della CGI.

Lo sviluppo della CGI

CGI” è l’acronimo di “Computer-generated imagery”, ovvero “immagini generate al computer”: si tratta di effetti visivi generati al computer che agiscono direttamente sull’immagine grazie a specifiche tecniche di animazione. Consiste nella vettorializzazione di un’immagine bidimensionale, ovvero nella sua digitalizzazione col fine di gestirla in ogni tipo di vista tridimensionale. Alla fine degli anni ’80 il suo sviluppo è stato un passo in avanti drastico nel mondo dei cartoni animati, in quanto l’animazione poteva essere gestita direttamente dal computer e non più col montaggio su pellicola dei fotogrammi.

Prima e dopo gli effetti speciali: la magia del cinema grazie alla CGI 


In generale il compositing digitale rende possibile un controllo dell’immagine che sarebbe invece irraggiungibile col solo compositing ottico, permettendo così di rappresentare paesaggi o luoghi troppo costosi o impossibili da raggiungere (tecnica definita “matte painting”); o addirittura la creazione di personaggi generati completamente al computer.

Lo sviluppo della CGI è avanzato rapidamente anche dopo l’incidente subito nel 1982 da Vic Morrow sul set di “Ai confini della realtà”, di cui abbiamo parlato QUI. I risultati più notevoli saranno però visibili dagli anni ’90 grazie a film come “Jurassic Park” di Steven Spielberg, “Terminator 2”, la trilogia prequel di “Star Wars” e la trilogia de “Il Signore degli Anelli”.

Il chroma key

Il Chroma Key, noto erroneamente come “green screen”, è una tecnica che permette di unire due sorgenti video, grazie ad un colore particolare (appunto, il “chroma key”, che ebbe una versione iniziale col Blue Black ed è stata ora sostituita dallo Green Screen) che viene interpretato dalla console video come “trasparente”, permettendo così di trasmettere scene con veri e propri sfondi virtuali o con l’integrazione di filmati girati in precedenza o con materiale elaborato in digitale integrato dai movimenti degli attori.

Vi mostriamo ora alcuni esempi di “prima e dopo”, ovvero il cinema (e la televisione) con e senza la magia degli effetti speciali.

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