La casa di carta: Corea – Recensione del reboot targato Netflix

Una rappresentazione della cultura coreana in un reboot azzeccatissimo

Un reboot di una serie il cui finale è uscito solamente pochi anni fa sembra un azzardo, soprattutto perché si parla di uno dei progetti meglio riusciti – a livello di ascolti – di Netflix. La casa di carta: Corea poteva andare in due modi: essere un’enorme delusione oppure riuscire nell’intento di creare una serie dai tratti intelligenti. Dopotutto i presupposti ci sono tutti. La cinematografia coreana ha dato più volte prova di essere in grado di creare racconti avvincenti, soprattutto se si tratta di muovere una critica sociale.

Anche questa volta, la Corea non si lascia sfuggire l’occasione per parlare del divario tra classi sociali, di lotte interne e discriminazioni, puntando il riflettore sulla cultura del Paese. La casa di carta: Corea è un remake sagace, che utilizza a suo vantaggio le caratteristiche della serie originale spagnola. I primi sei episodi della prima stagione sono disponibili su Netflix dal 24 giugno, già annunciata la seconda parte con i restanti sei episodi in uscita prossimamente

Indice

Trama – La casa di carta: Corea, la recensione

In un futuro prossimo, nella metà del 2020, le due Coree si uniscono dopo decenni di conflitti e discrepanze tra le classi sociali. Un’unione che ha il sapore della speranza: speranza per un Paese migliore, dove le discriminazioni e la povertà sono solo un lontano ricordo, rimpiazzate da uno stile di vita nemmeno lontanamente immaginabile pochi anni prima. 
Questa unione porta con sé anche un’area economica congiunta e una nuova valuta, che simboleggia i valori della nuova Corea.

Il Professore, un giovane brillante, arruola una banda di criminali per attuare il suo piano: introdursi nella neonata Zecca di stato e stampare un bottino da quattro miliardi di won per poi fuggire senza lasciar traccia. Un piano studiato in ogni minimo dettaglio che mette in luce dinamiche sociali mai decadute. 

Lontani dal copia ed incolla – La casa di carta: Corea, la recensione

Sebbene i riferimenti alla serie spagnola originale, non siamo di fronte ad un semplice reboot. L’incipit è il medesimo, così come alcune caratteristiche del gruppo di rapinatori. Primo tra tutti i nomi delle città che decidono di utilizzare come alias, ma il contesto socio-economico in cui La casa di carta: Corea è immerso è del tutto inedito. La Corea, non più divisa, vuole essere rappresentata dai politici come una penisola fondata sull’uguaglianza e la cooperazione. Un’atmosfera del tutto differente dagli scontri tra le due fazioni, le discriminazioni e le differenti condizioni di vita.

La casa di carta: Corea.

La casa di carta: Corea. BH Entertainment, Zium Content.

La Corea viene quindi rappresentata come la nuova terra delle opportunità che promette condizioni di vita migliori, decantata da politici e media come una nuova era. Ci vuole poco tempo perché i coreani capiscono che sono promesse che valgono solamente per le classi sociali elevate, per i privilegiati e i ricchi che diventano ancora più ricchi mentre i poveri sono costretti a cavarsela da soli.

La cultura coreana tra maschere e k-pop – La casa di carta: Corea, la recensione

Il volersi ispirare alla serie originale, ma riadattarla alla cultura coreana è palese anche per le maschere che i personaggi indossano per non essere riconosciuti. Mentre il gruppo spagnolo indossava maschere con le sembianze del volto di Salvador Dalì, qui i rapinatori si ispirano alla tradizione teatrale coreana indossano delle maschere Hahoe, nello specifico quella designata per il personaggio ricco ma sciocco. La tradizione si unisce con la cultura pop, non a caso il pilot si apre con un breve monologo sui BTS, una delle band coreane più famose degli ultimi anni. 

Per gli appassionati di k-drama, la critica sociale mossa nei confronti del governo coreano non sarà nuova. Squid Game e Parasite, due dei titoli più conosciuti in occidente del cinema asiatico contemporaneo, hanno trattato il medesimo tema in modo molto differente. Nonostante sia un argomento che torna spesso – soprattutto tra gli ostaggi e la polizia dove i pregiudizi tra i sudcoreani e coloro nati nel nord del Paese vengono mal celati – il focus resta comunque la rapina.

Gusti occidentali e narrazione asiatica – La casa di carta: Corea, la recensione

La casa di carta: Corea si presenta più come uno spin-off dell’originale, una serie che ne riprende i contorni ma che li rielabora a modo suo e secondo le sue regole. Il risultato è estremamente godibile, anche se ha i suoi limiti. Così come per le maschere Hahoe e l’ambientazione, la serie punta a creare un’atmosfera ben precisa che miscela i gusti occidentali con le strutture narrative coreane. Tutta la vicenda si svolge in ambientazioni ben precise, esaltate da una fotografia curata che gioca con i colori neon, una saturazione che va dal più acceso al tenue adattandosi al momento che sta raccontando.

La casa di carta: Corea.

La casa di carta: Corea. BH Entertainment, Zium Content.

Anche se, come accennato, gli ambienti sono pochi (principalmente tre: la banca, il centro di controllo del Professore e quello della task force) e potrebbe dare presto a noia il centro d’interesse focalizzato sulla rapina, il ritmo serrato e i plot twist ben congeniati impediscono di annoiarsi. Le più di sei ore che compongono questa prima parte scorrono velocemente, arrivando dritti al punto: intrattenere.

Da Berlino a Tokyo – La casa di carta: Corea, la recensione

Il piano del Professore è l’ingranaggio che muove tutto, il sole attorno al quale orbitano attorno gli eventi e i personaggi stessi. Il giovane uomo che è la mente del piano studiato fin nei minimi dettagli è il centro focale. Senza di lui non solo la rapina non ci sarebbe mai stata, ma i protagonisti stessi avrebbero probabilmente agito in maniera molto diversa. Yoo Ji-tae – l’attore che interpreta Il Professore – riesce nell’impresa di costruire un protagonista metodico quanto anonimo nell’aspetto, intelligente e scaltro ma non infallibile.

La sceneggiatura premia i personaggi, creando un gruppo solido i quali tratti psicologici e le dinamiche che si creano tra di loro sono in continuo movimento, giustificate dagli avvenimenti che li colgono appena il piano ha inizio. Tra di loro spicca Berlino (interpretato da Park Hae-soo, noto per aver interpretato il Giocatore n° 218 in Squid Game), un uomo con un passato duro che lo ha forgiato come un leader spietato che crede fermamente che istaurare un regno del terrore sia la soluzione migliore. Nella parte opposta c’è Tokyo (Jeon Jong-seo), che pende dalle labbra del Professore che l’ha salvata in un momento di fragilità emotiva.

La casa di carta: Corea.

La casa di carta: Corea. BH Entertainment, Zium Content.

Divario tra i personaggi – La casa di carta: Corea, la recensione

Tra loro due, i due poli opposti, si muovono il resto dei personaggi e le dinamiche che si vanno ad istaurare. Perché sebbene il piano del Professore sia meticoloso, la rapina prende pieghe inaspettate anche quando la situazione all’interno della banca sembra delle migliori. Tra gli ostaggi e i rapinatori si crea un legame, che muta e si adatta a chi è in comando e ai rapporti che nascono tra di loro. Ad avere maggior spazio, com’è comprensibile, sono il gruppo di protagonisti il cui arco narrativo si crea e subisce variazioni durante la rapina stessa.

Non si può dire lo stesso per la maggior parte degli ostaggi però, il che è la vera pecca della serie. Il nutrito gruppo di persone che si sono ritrovate nella banca al momento dell’assalto viene lasciato in secondo piano. Sono solamente tre i personaggi più delineati e anche loro si muovono più su un canovaccio prestabilito, sono delle macchiette i cui comportamenti sono facilmente intuibili fin dalla prima puntata. A parte questa piccola pecca, La casa di carta: Corea riesce nel suo intento di essere un reboot originale, pieno di tensione e con una solida struttura narrativa alla base, ben lontano dal tanto temuto copia ed incolla.

 

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La casa di carta: Corea

Voto - 7

7

Lati positivi

  • L'uso delle caratteristiche della serie originale inserite in un contesto socio-economico intelligente
  • Lo sviluppo del gruppo protagonista
  • La tensione narrativa è accompagnata da un'atmosfera costruita ad hoc

Lati negativi

  • I personaggi secondari sono poco delineati

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