Recensione Small Crimes: il nuovo film Netflix con Nikolaj Coster-Waldau

Da qualche giorno il catalogo Netflix si è arricchito con una nuova produzione originale. Si tratta di Small Crimes, che analizzeremo in questa recensione.

Small Crimes è un crime-drama girato da Evan Katz, diretta trasposizione dell’omonimo romanzo scritto da Dave Zeltserman nel 2008; ai tempi, fu definito dal Washington Post come uno dei migliori libri dell’anno. Probabilmente con buon merito: perché, se c’è una cosa che ho capito da questa produzione, è che il libro da cui è tratta sarà sicuramente interessante. Questa trasposizione, purtroppo, non lo è.
Ma andiamo con ordine.

Il protagonista è Joe Denton, un poliziotto corrotto in cerca di redenzione, interpretato dal Jaime Lannister di Game Of Thrones; Nikolaj Coster-Waldau. E la trama, grossomodo, ruota attorno ad un piuttosto maldestro tentativo di lasciarsi alle spalle i propri, appunto, piccoli crimini; che poi così piccoli proprio non sono. Con la speranza, ovviamente, di riavvicinarsi a una famiglia ormai perduta, alle due figlie strappategli. Dovrà, tuttavia, fare i conti con un passato che non ha dimenticato, con dei favori che non ha ancora ricambiato. In generale con chi ancora porta, anche letteralmente, le cicatrici lasciategli dalle sue non proprio memorabili gesta. Una trama sicuramente interessante, sebbene affonda a piene mani verso una cinematografia di genere florida fin dagli anni 70, con, ad esempio, Serpico, passando per Carlito’s Way o il più recente The Pusher. Che cosa sarà andato storto? Praticamente tutto.

EVAN KATZ.. CHE KATZ FAI?
Evan Katz non è un regista affermato né un astro nascente alla Damien Chazelle; inoltre non è mai stato impegnato totalmente in un’opera se non nell’interessante Cheap Trills. Ciononostante il cineasta, sebbene privo di mordente, riesce a portare a casa il risultato sfruttando inquadrature ispirate, accompagnate da piccoli quanto essenziali aggiustamenti di macchina; la fotografia è infine molto cupa, tendente al blu-grigiastro. Sebbene queste tonalità mi abbiano nauseato, risultano sicuramente adatte all’atmosfera. Lo stesso regista ha anche curato la sceneggiatura con l’aiuto di Macon Blair… e qui iniziano le magagne. Non ho idea se ciò sia in linea con il romanzo, non avendolo letto, ma mi sembrano abbastanza evidenti le tinte dark-humour alla I Don’t Feel at Home in This World Anymore che permeano la pellicola, di cui personalmente avrei anche fatto a meno.

Sarebbe stato meglio  soffermarsi sulla corretta trasposizione del contenuto anziché crogiolarsi su determinate scelte stilistico-narrative.

nuovo film netflixUN QUADRO GLOBALE DI MEDIOCRITÀ
Perché di fatto il problema più grosso di questa produzione è proprio questo: l’orgia di personaggi e situazioni, i cui rimandi ad eventi passati vengono soltanto accennati o dati per scontato, travolgono lo spettatore che finisce per sentirsi completamente estraniato dalla vicenda. Dopo un’introduzione particolarmente lenta e calibrata, infatti, la narrazione prosegue a mille bucando a più riprese il filo del discorso. Ciò porta, inevitabilmente quanto paradossalmente, all’annoiarsi. Il poco tempo concesso in-screen fa emergere una rappresentazione totalmente macchiettistica di personaggi con cui giocoforza difficilmente si riuscirà ad empatizzare. Infine le interpretazioni si attestano mediamente sulla mediocrità con l’unica eccezione di Molly Parker e lo stesso Nikolaj Coster-Waldau, quest’ultimo in realtà poco costante. Il miglior pregio del film? La colonna sonora. E ce ne potremmo aggiungere un altro: grazie alla sua narrazione completamente anonima, tra qualche settimana ce ne saremo completamente dimenticati. Bene così.

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