Curiosità
Quando il film stravolge il libro: successo o disastro?
Sono innumerevoli i casi in cui i film prendono ispirazione dalla letteratura. D’altronde, l’arte è sempre ispirata da altra arte. In molti casi, però, per intuibili esigenze cinematografiche, il regista e gli sceneggiatori devono modificare alcune parti, modificando in parte il loro motivo di ispirazione. Ma questo è un bene o un male?
Parleremo di sette casi molto diversi tra loro, passando da Isabel Allende a Stephen King, in cui si parlerà della cosiddetta libertà di adattamento, che a volte serve per creare un successo, mentre altre volte fa infuriare i lettori.
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Il diavolo veste Prada
Parto già dalla premessa che questo è uno dei casi in cui le libertà del regista (David Frankel) e dello sceneggiatore (Aline Brosh McKenna) servono per creare un prodotto di successo e adeguato alla storia che si sta mettendo in scena. La storia de “Il diavolo veste Prada” (scritto da Lauren Weisberger) non viene assolutamente stravolta, ma sono state attuate notevoli modifiche sui personaggi secondari. Nigel (Stanley Tucci) nel romanzo è molto meno presente rispetto al film: appare in un paio di capitoli per criticare Andy (Anne Hathaway) circa il suo abbigliamento. E’ difficile da immaginare la pellicola senza il personaggio di Nigel, o no? Anche la figura di Lily, migliore amica di Andy, è stata resa molto diversamente rispetto al libro. Nel film ha un ruolo decisamente secondario, che serve però a riportare Andy sulla retta via, in quanto è un’amica riflessiva e saggia. Nel romanzo è invece una libertina e alcolizzata studentessa universitaria, e sarà lei la causa del ritorno di Andy da Parigi, che deve tornare a NY per sostenere Lily, in coma dopo un grave incidente. Ma ecco la vera sorpresa: l’acida, sarcastica e sprezzante Emily (Emily Blunt) - che noi abbiamo assolutamente adorato nel ruolo della cattiva - è completamente diversa nel libro. Non si può dire che lei e Andy fossero effettivamente amiche, ma avevano comunque un buon rapporto sul lavoro, grazie anche al carattere simpatico e laborioso di Emily. Probabilmente le libertà che sono state prese sono state la fortuna del film: Emily e Nigel sono due personaggi iconici, mentre invece quello di Lily avrebbe rallentato l’andamento generale senza portare un vero beneficio alla vicenda.
La casa degli spiriti
“La casa degli spiriti” è un film del 1993 tratto dall’omonimo romanzo di Isabel Allende. I presupposti per un bel film c’erano tutti: un cast rinomatissimo (Meryl Streep, Jeremy Irons, Winona Ryder, Glenn Close, Antonio Banderas…), un’ambientazione che rende perfettamente le atmosfere del libro, belli i costumi. Il romanzo della Allende offre una storia complessa, sia per la durata (racconta la storia di 4 generazioni della stessa famiglia) che ha per sfondo un preciso momento storico, sia per la numerosità dei personaggi. Tuttavia, il regista e sceneggiatore Bille August ha deciso di semplificare eccessivamente la questione. Trascurando alcune libertà che sono state prese per rendere più leggera la trasposizione cinematografica, la storia narrata nel romanzo è stata brutalmente assassinata. Posso comprendere che non tutte le generazioni siano state inserite per una questione di tempo, ma è assolutamente inconcepibile che la linea narrativa di Blanca e Alba siano state unite, facendo vivere a Blanca tutto quello che era invece successo alla figlia Alba. Era logico che questo sarebbe successo, perché sono stati cancellati alcuni dei personaggi secondari che davano però un profondo senso alla storia, come i fratelli di Blanca (che non era assolutamente figlia unica) e la storia d’amore tra Alba e Miguel, che porterà la ragazza a subire le torture in seguito al Colpo di Stato - evento che è stato reso in modo totalmente inadeguato rispetto al romanzo. Un’altra delusione è il fatto che ne “La casa degli spiriti”… non ci sono gli spiriti. Sì, è vero che Clara ha delle visioni, capisce quando le persone muoiono e può alzare gli oggetti con la mente; ma non viene assolutamente reso il mondo etereo ed intoccabile a cui lei apparteneva. Di questo risente non solo la figura di Clara, ma anche il suo rapporto col marito Esteban Trueba: anche nel romanzo il rapporto era sbilanciato, ma in modo completamente diverso. Nel film Clara sembra una donna passiva, che lascia correre quasi tutte le cose che fa il marito. In verità lei era irraggiungibile, così persa nel suo universo di spiriti da non rendersi quasi conto del mondo materiale. La sua non è passività, ma superiorità d’animo. Inoltre, manca totalmente il lato introspettivo del protagonista Esteban, che non si attira ne le antipatie ne le simpatie degli spettatori. Ogni tanto dice “Clara ti amo” e cinque secondi dopo rompe qualcosa e cerca di uccidere Pedro Garcìa: il suo comportamento è piuttosto incomprensibile, ed è triste che un personaggio così complesso sia stato violentemente semplificato. Ci sarebbero molti altri appunti da fare, ma mi limito infine a criticare la poverissima sceneggiatura che ha reso banali e vuote le potenziali interpretazioni degli attori, creando personaggi poco profondi e a tratti patetici. Conclusione: leggete il libro.