Basta che funzioni: analisi e recensione del film di Woody Allen

Lo sguardo su uno dei film che, fra tanti, ha lasciato il segno nella carriera di Woody Allen

Basta che funzioni, scritto e diretto da Woody Allen. Già questo basta e avanza per affermare che ci troviamo dinanzi ad un’altra (forse l’ennesima) opera d’arte del celebre regista statunitense. Senza dubbio uno dei più grandi che non ha bisogno di alcuna presentazione. Anche perché, in fondo, sono le sue pellicole a parlare per lui. Il regista di Io e AnnieManhattan, Match Point, Harry a Pezzi, Hollywood Ending, Vicky Cristina Barcelona e tanti, tantissimi altri film, realizza nel 2009 un’opera che per molti è stata definita come un vero e proprio ritorno di Allen regista, soprattutto all’indomani di alcune delusioni cinematografiche.

Basta che funzioni ha avuto una gestazione complessa. Allen scrisse il film verso la fine degli anni settanta e il ruolo del protagonista fu assegnato a Zero Mostel. A causa della sua morte, avvenuta nel 1977, il regista congelò il film per poi riprenderlo dopo quasi 30 anni. Capolavoro o meno, vale la pena parlarne.

Recensione Basta che funzioni: la trama

Basta che funzioni recensione

Boris Yellnikoff (Larry David) è un uomo di mezza età e un tempo fisico di fama internazionale. A quanto afferma, il suo successo e la sua notorietà lo hanno portato ad un passo dal Premio Nobel, che, ahimè, non ha mai vinto. Trascorre la sua vita in una costante monotonia. Irrita i pochi amici rimasti con lunghissimi e saccenti discorsi sull’inutilità del tutto. Vive da solo in un discreto appartamento. Ha alle spalle un divorzio avvenuto dopo aver tentato il suicidio. Cerca di isolarsi, volontariamente, dalle persone che considera non essere pari al suo livello di intelligenza. Si guadagna da vivere insegnando gli scacchi a dei bambini, i quali sono costretti a subire i suoi comportamenti bruschi e impazienti.

Una notte, mentre rientra a casa, Boris viene avvicinato da una giovane ragazza, Melodie St. Ann Celestine (Evan Rachel Wood), che lo prega di entrare nel suo appartamento. Ella è una ingenua e fuggiasca del Mississippi, la quale ha deciso di trasferirsi a New York. È incapace di vivere all’interno della Grande Mela, così chiede aiuto a Boris, invitandolo a prestarle aiuto, fino a quando non troverà un lavoro.Tra i due si instaura un rapporto per niente amichevole. Infatti la povera Melodie è costretta a subire le sue frecciatine sarcastiche che lei, tuttavia, prende seriamente.

Con il passare dei giorni, Melodie riesce a sistemarsi e diviene persino amica del protagonista, aiutandolo in tutto e per tutto. Lo porta ad avere una visione differente della vita in generale. Lo soccorre quando quest’ultimo ha delle crisi di panico e, inoltre, lo porta gradualmente ad uscire da quel tunnel di costante autocommiserazione, cinismo e sarcasmo. Così anche lo stesso Boris comincia a considerare positivamente il fattore fortuna.

Basta che funzioni: analisi e recensione

Basta che funzioni recensione

Woody Allen è tornato a Manhattan, sospendendo il suo esilio europeo. Con Basta che funzioni leggiamo un Allen sempre più consapevole della sua età. Dopo aver diretto ben quattro film in cui il regista riflette sull’ebraismo, sulla psicanalisi e sulla religione, Basta che funzioni  compie un ulteriore passo in avanti, per quanto riguarda lo sguardo sul mondo. Anzi, è proprio dallo sguardo che gli viene restituito dallo spettatore, che il film prende le mosse.

Il regista statunitense, modestia a parte, ha più volte ammesso di essere un genio, poiché la visione sulla realtà non è mai limitata. E lo fa sfruttando una sceneggiatura dettagliata, nella quale, ancora una volta, udiamo battute da imparare a memoria. Il tutto condito da personaggi (ognuno dei quali porta una piccola parte della sua in/certezza), la cui umanità offre una visione meno sarcastica, rispetto a film del passato.

Non parliamo di un Woody Allen diventato buonista. In Basta che funzioni le dosi di cinismo sono presenti. Ma questa volta i personaggi sono descritti nelle proprie debolezze e, pertanto, più compresi, più vicini. Si prende coscienza che né la teoria che vuole l’uomo troppo e originariamente buono per poi essere corrotto dalla società, né il suo relativo opposto siano valide in assoluto. L’essere umano è un coacervo di pulsioni e sentimenti; Allen ci insegna che a sfuggirci è la vita stessa. Allora bisogna ‘limitarsi’ a catturare tutto il bene che può venircene. Non bisogna nuocere gli altri. Guardarsi dentro per capire cosa per noi è davvero importante, senza tanti e troppi moralismi.

Basta che funzioni: conclusioni

Basta che funzioni recensione

In Basta che funzioni, Boris Yellnikoff è il prototipo del protagonista ‘alleniano’: cinico, acuto, nevrotico, intellettuale, logorroico, misantropo, paranoico. Egli accoglie lo spettatore abbattendo la quarta parete. È come se vedesse oltre, rivolgendosi direttamente al pubblico, raccontando e raccontandosi sullo sfondo di una Manhattan minimal, vista dagli occhi di un turista spaesato.

Il film, travolto all’interno di una girandola di situazioni, spesso paradossali, si concentra sulla complessità dei rapporti interpersonali, sull’accettazione delle differenze, sull’abbandono delle ipocrisie, sull’essere se stessi sfidando le convenzioni, sulla ricerca della felicità e sull’amore. Nonostante, ed è giusto ricordarlo, niente di Allen duri in eterno. L’amore diviene, all’interno del film, l’unica situazione di felicità illusoria con cui noi ‘vermetti’, che popoliamo la terra, possono far fronte all’orrore che ogni giorno ci viene mostrato.

Qualsiasi amore, in qualunque forma va bene:

basta che funzioni!

 

 

 

 

Basta che funzioni

voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • Trama originale
  • Protagonista

Lati negativi

  • Calo nella seconda parte

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