Chucky: recensione della serie tv de La bambola assassina

Don Mancini torna ad animare la bambola assassina in un trambusto splatter, grottesco e in piena nostalgia per gli anni Ottanta

In un periodo in cui il cinema propone sempre più remake, reboot e storie che esplorano un personaggio o ben preciso universo narrativo, Chucky si va ad insinuare in quella nicchia di nostalgici del cinema horror degli anni Ottanta. 
La serie è creata e scritta da Don Mancini, il creatore originale de La bambola assassina. Un franchising che va avanti da più di trent’anni e che con i suoi innumerevoli film ha sviluppato un vero e proprio filone dedicato all’horror grottesco, scorretto con abbondante splatter e una strizzata d’occhio al cinema trash.

La serie – che è già stata rinnovata per una seconda stagione – unisce gli elementi della saga originale con le esigenze della nuova generazione di spettatori a cui Don Mancini si rivolge direttamente, miscelando la nostalgia degli anni Ottanta (anni in cui il primo film è uscito, più precisamente nel 1988) e le tematiche tipiche dei teen drama che popolano il palinsesto.

Indice

Trama – Chucky, la recensione

Jake è un quattordicenne alle prese con la prematura morte della madre e un padre alcolizzato ed omofobo che non si lascia sfuggire occasione per maltrattarlo, imbarazzato dalla sua passione per l’arte e dal suo orientamento sessuale. L’aria in casa è tesa e malsana a causa del loro rapporto frastagliato fatto di abusi e tensioni. 
Chucky si apre con l’incontro avvenuto tra Jake e il bambolotto in un mercatino dell’usato, dove il ragazzo acquista la bambola per una decina di dollari con l’intenzione di smembrarla e usarne delle parti per le sue sculture. L’arrivo di Chucky nella nuova casa coincide con incidenti e morti sospette che vengono inevitabilmente collegate a Jake.

Ad entrare nel mirino sono il cugino di Jake, Junior, popolare a scuola e atleta modello assieme alla sua fidanzata Lexi, ragazza ricca e viziata che nasconde i suoi atti di bullismo dietro ad una maschera che ben presto cade. L’unico ad essere dalla parte di Jake è Devon, ragazzo nero e cotta di Jake che conduce un podcast a tema true crime.
Jake si ritrova ad essere il sospetto principale delle morti che colpiscono all’improvviso la cittadina, ma anche a dover scegliere se fidarsi di Chucky ed accettare di abbracciare la vendetta più cruda oppure se aiutare le persone che gli hanno rovinato la vita.

Una bambola per amico – Chucky, la recensione

Per la prima volta, Chucky non è mosso solo dal desiderio di uccidere e di vendicarsi, ma, in questa serie tv, la bambola assassina cerca di essere d’aiuto.
Fin da quando il ragazzo acquista la bambola, oramai considerata vintage, Chucky cerca di istaurare un rapporto d’amicizia con Jake, indossando i panni del mentore. Le sue azioni poco si discostano rispetto a quelle da lui intraprese nei film antecedenti, ma la novità è data dal rapporto che si crea tra Jake e la bambola. Don Mancini – anche per motivazioni di target, che vedremo tra poco – ha deciso di ambientare la storia in un ambiente scolastico e familiare tossico, all’interno dei quali Jake è bullizzato e preso di mira.

La maggior parte delle vittime entrate nel mirino del bambolotto sono persone che feriscono Jake – sia fisicamente che emotivamente – per il suo essere un outsider: il suo orientamento sessuale che lo rende il bersaglio perfetto per i bulli e per un padre dedito ad alcol e abusi, fino alla sua passione per l’arte.
La bambola si confida con Jake e cerca di portarlo dalla sua parte, mostrando più volte la volontà di istruirlo come assassino e di far cedere Jake alla vendetta più cruenta che già Chucky pratica da anni, dando inizio ad un rapporto tra i due ambiguo e complesso.

Drammi adolescenziali e serial killer – Chucky, la recensione

Con Chucky, Don Mancini fornisce quel tassello in più che serviva al franchising che si apre ad un pubblico di adolescenti che, forse, non hanno ancora avuto l’opportunità di vedere il film degli anni ’80.
Con questo nuovo capitolo, Don Mancini sceglie apertamente di rivolgersi ad un pubblico più giovane. E non solo grazie all’ambientazione scolastica, ma portando sullo schermo molti degli elementi peculiari dei teen drama. Il bullismo, la tinta queer (iniziata già con la paternità di Chucky con Glen/Glenda che è un personaggio non-binary), il rapporto travagliato con un genitore che non riesce a comprendere il figlio sono tra i temi che Chucky prende a piene mani dalle serie tv rivolte agli adolescenti.

Chucky risulta essere un prodotto grottesco, splatter e con quelle dinamiche da horror di serie B che caratterizzano il marchio da oltre 30 anni; peculiarità che sono il fiore all’occhiello della saga . Ma che mostra la piena volontà di non restare ancorato ad un passato che non appartiene più al mondo delle narrazioni, una volontà che però non centra l’obiettivo.
Una volontà che è dimostrata non solo dalle tematiche trattate, ma anche dalla scelta di cambiare la tipologia di narrazione e optare per una serie tv dai tratti nostalgici.

Chucky

Chucky. Pheidippides David Krischner Productions, Eat the Cat, Universal Content Productions.

Nostalgia per gli anni Ottanta – Chucky, la recensione

Quel che Chucky ha ripreso dal mondo cinematografico degli ultimi anni è anche quel retrogusto nostalgico per gli anni Ottanta di cui Stranger Things ne è il portavoce.
Questa scelta è giustificata e ampiamente appoggiata dal fatto che, il primo film della saga, Child’s Play è uscito nel 1988, ma anche una scelta comoda dettata dall’orientamento che l’entertainment statunitense sta prendendo nell’ultimo periodo.
Chucky unisce il già citato mondo adolescenziale con il mondo degli anni ’80: le tematiche, l’uso di cellulari e laptop, ma soprattutto il podcast di Devon che tratta di true crime e del folklore della cittadina.

Emblematico è, per il moto di nostalgia messo in atto da Don Mancini, Chucky stesso. Un bambolotto che va, teoricamente, a pile, emblema di un’intera generazione che viene acquistato a pochi dollari in un mercatino dell’usato.
Ad essere fondamentali per questa “operazione nostalgia” sono le continue strizzatine d’occhio che vengono fatte ai fan della saga. A partire dalla scelta del casting, dove alcuni volti sono noti per essere già apparsi nei film precedenti. Così come alcuni personaggi – tra cui Andy e Tiffany – che tornano sia nei flashback che mostrano la storia di Charles Lee Ray prima del rito voodoo, sia per aiutare Jake.

Un capitolo che non racconta nulla di nuovo – Chucky, la recensione

Questo nuovo capitolo de La bambola assassina occupa uno spazio importante per il franchising, andando a rispondere ad alcune delle domande lasciate in sospeso dai film, ma anche regalando una visione più completa della storia di Charles.
Inoltre, la serie è un sequel del film del 2017, Il culto di Chucky, diventando così un tassello da vedere se siete fan spassionati del bambolotto assassino più famoso del cinema. Ma questo nuovo tassello che si va ad aggiungere ha una pecca importante.

Dai temi trattati, dalle ambientazioni, dal passato di Charles quando era ancora un essere umano fino al fenomeno nostalgia, Chucky non ha nulla di nuovo da mostrare. Anche le dinamiche che coinvolgono Jake sono molto simile a quelle che Andy Barclay ha vissuto quando era solo un bambino.
Chucky, in fin dei conti, si rivela essere una serie tv leggera che ricalca tutte le peculiarità che hanno reso la bambola di Don Mancini iconica, come il carattere stesso di Chucky ai tratti splatter e grotteschi, ma il suo tentativo di creare un capitolo più adatto ai nuovi spettatori non si è rivelato proficuo come ci si aspettava.

 

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Chucky

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • La volontà di approcciarsi ad una nuova generazione di pubblico senza dimenticare i fan della saga
  • Miscela tra il fenomeno nostalgia e le tematiche dei teen drama

Lati negativi

  • Tutto sa di già visto

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