The Rider – Il sogno di un cowboy: recensione del film di Chloé Zhao

Ecco la recensione del secondo lungometraggio della cineasta cinese

Nel 2017 al Festival di Cannes 70 è stato presentato The Rider, ecco la nostra recensione. A due anni di distanza, dopo aver partecipato a vari festival tra cui Toronto e Sundance, esce nelle sale italiane distribuito da Wanted Cinema. Si tratta della seconda opera della regista cinese Chloé Zhao. Il sottotitolo scelto dalla localizzazione nostrana – Il sogno di un cowboy – non rende giustizia alla carica drammatica connaturata alla pellicola. La cineasta ritorna nei luoghi del suo primo lavoro, realizzando uno spaccato contemplativo della vita di Brady Jandreau, addestratore di cavalli conosciuto sul set del film precedente.

Chloé Zhao nasce a Pechino ma, affascinata dalla cultura occidentale, si trasferisce a Londra per studiare e conclude la sua formazione a Los Angeles. Proprio negli Stati Uniti ha iniziato la sua carriera, colpita da un paese tanto seducente quanto contraddittorio. È una regista dotata di uno sguardo realista e attento alle vicende tragiche e sfortunate dell’essere umano. Nel 2015 con Songs My Brothers Taught Me aveva messo in scena lo scontro con la vita di un fratello e di una sorella Sioux, nella riserva indiana del Sud Dakota.

Indice

Trama – The Rider recensione

Brady Blackburn (Brady Jandreau) è un giovane addestratore di cavalli nella riserva di Pine Ridge, nel South Dakota. Cavallerizzo di una certa fama è cresciuto nell’ambiente dei destrieri dalla famiglia, in particolare dal padre Wayne (Tim Jandreau) con cui ha un rapporto conflittuale. In seguito ad una terribile caduta che gli ha quasi fracassato il cranio e ad un’operazione che è riuscita a salvargli la vita, apprende dell’impossibilità di riprendere a cavalcare. Travolto da un destino feroce e beffardo, il giovane cowboy tenterà di combattere il fato e di riprendersi la propria vita in un mondo ostico. Al suo fianco la sorella Lilly (Lilly Jandreau), affetta dalla sindrome di Asperger.

Così The Rider costruisce un racconto sia essenziale che esistenziale, portando sullo schermo la presa di coscienza e lo spirito di rivalsa di una giovane aquila a cui la malasorte ha tarpato le ali. Coraggio, disillusione, oscurità, ribalta e passioni: questi gli elementi che fanno da colonna portante ad un cantico delle praterie post-western. Un lavoro interessante e godibile, ma non esente da difetti, che porta comunque avanti la filosofia cinematografica di Zhao, fondata su low-budget, spirito indipendente e uno sguardo antropologico alla continua ricerca del diverso e dello sconosciuto.The Rider recensione

Realismi

Tramite un’operazione non dissimile da quella proposta dal cineasta portoghese Pedro Costa, come nella sua ultima fatica Vitalina Varela, Chloé Zhao sceglie di affidarsi ad attori non professionisti che interpretano se stessi. Il racconto ripercorre la reale vicenda di Brady Jandreu, non rimanendo dunque semplice narrazione ma diventando uno strumento di attenta osservazione e riflessione. Questa scelta restituisce con forza e realismo il calvario, doloroso e poetico, del cowboy ventiduenne , vincolando il personaggio all’uomo e l’uomo al personaggio. Tale fusione di artificio e realtà si riflette sul film, che rimane sospeso fra l’essere un dramma di finzione e il taglio documentaristico.

The Rider dunque fa muovere Brady all’interno della propria storia e luoghi, come fosse un animale nel suo habitat naturale. È un western moderno che non dimentica di mostrare gli elementi classici, cavalli, pistole, bar, stivali, ma aggiorna quell’ambiente, idealizzato nel senso comune dal cinema del passato, al giorno d’oggi. In un paese avanzato come gli Stati Uniti, chi ancora fatica per incarnare quel tipo di società fa parte di una cerchia condannata, ostracizzata, incapace di adattarsi ad un mondo diverso da quello delle immense praterie, delle stalle, delle cavalcate negli oceani d’erba dorati, risaltati splendidamente dalla fotografia di Joshua James Richards.The Rider recensione

Dualismi – The Rider Recensione

All’interno dell’orizzonte comunicativo di The Rider vi è il rapporto fra l’uomo e la terra. La natura non è accusata di essere maligna, non viene giudicata, ma il dualismo con l’uomo è semplicemente ripreso. Brady è si triste e disilluso, ma non ha rabbia, non ha rimorsi: lui ama la natura, in essa si è realizzato. Non si sente tradito dagli animali che cavalcava per essere libero. Brama di tornare a domarli, anche se sembra impossibile, perché è l’unica cosa che sa fare. Il paragone qui è scontato: come dice lui stesso, è alla stregua di un cavallo ferito in attesa di essere abbattuto, con la differenza di non poter morire. E lotta speranzoso contro il dolore, fino all’ultimo respiro, perché lui quel cavallo non riesce proprio ad ucciderlo.

Non importa quale sia l’infortunio, ogni cowboy cavalca il dolore, dice un amico. Nonostante Brady soffra, il suo legame con l’amico Lane Scott rappresenta un altro dualismo indissolubile. Giovane cowboy anche lui, forse il migliore; come il protagonista ha subito un grave incidente al cranio ed è ora accudito in una casa di cura, in stato quasi vegetativo e incapace di compiere molti gesti quotidiani. Ed è qui che la lotta del ragazzo prende ancor più corpo. Egli sa che, sforzando il proprio fisico verso l’obiettivo, rischia di compromettere il cervello permanentemente, di diventare un guscio come Lane. Ma è disposto a barattare una possibile sconfitta con una grande vittoria.The Rider recensione

Considerazioni finali

Tirando le somme della nostra recensione di The Rider si può notare come sia un film dai tratti selvaggi e potenti; ma allo stesso tempo incredibilmente statico, contemplativo, compassato. Zhao non sempre riesce a prendere al lazo e governare tempi e concetti, perdendosi in qualche prolissità di troppo o dando poco spazio ad elementi che sarebbero dovuti essere approfonditi o ricorrendo a topoi narrativi che, per quanto reali, non vengono sfruttati fino in fondo. A fronte di una prima parte meno incisiva e accattivante, narrativamente ed emotivamente, lo svolgimento successivo riesce comunque a colpire e deliziare lo spettatore.

Nonostante qualche difetto, la giovanissima (trentasette anni) cineasta di Pechino dimostra di aver fatto un passo avanti rispetto alla sua opera prima. Mettendo in gioco cuore e rigore formale, è riuscita a descrivere senza eccedere eccessivamente in facili moralismi una storia di rivalsa e dolore di un giovane uomo che è lo specchio di un’intera cultura, oramai incapace di vivere l’impossibile “sogno americano” che un tempo era sinonimo di realizzazione personale. Oggi, invece, di prevaricazione. Seguiremo con piacere l’evoluzione artistica di Chloé Zhao, chiedendoci però se sia stata una buona scelta, visto il suo lo stile realistico e poetico, accettare come terzo lavoro di dirigere il futuro cinecomic Marvel Gli Eterni. Ai posteri l’ardua sentenza.

The Rider

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Dramma ben sospeso fra finzione e realtà
  • Poetico, placido, umano
  • Un passo avanti per Chloé Zhao

Lati negativi

  • A tratti lento e prolisso
  • Alcuni elementi non sono ben approfonditi

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