Recensione Tower: uno straziante inno alla vita

Tower è un documentario animato diretto da Keith Maitland e basato su quello che nell’immaginario collettivo è poi diventato il primo di una lunga serie di massacri scolastici: quello avvenuto nell’Università del Texas, ad Austin. Ma Tower è anche una mastodontica e sublime prova di umanità, di cui tutti dovremmo essere testimoni.

In tempi non sospetti, parlando delle uscite Netflix di Aprile, vi avevamo consigliato la visione di un interessante documentario dal nome Tower. Ma altolà, non fatevi spaventare dal nome documentario. Per ritmo narrativo e costruzione dei personaggi Tower avrebbe potuto essere un thriller avvincente di alta scuola; grazie al suo potere empatico, condito da estranianti colpi di scena, Tower sembrerebbe quasi un dramma strappa-lacrime; nella sua messa in scena, Tower potrebbe ricordarci opere animate metafilosofiche alla The Tatami Galaxy; oppure ancora un cerimoniale storico dal taglio documentaristico. Ma, fortunatamente, Tower non è nulla di tutto questo. Perché Tower è un po’, di tutto questo. In un equilibrio spiazzante tra le parti,  Keith Maitland, il regista, ci fornisce una delle opere più umane mai realizzate sul tema dei massacri scolastici. Ma che cos’è Tower?

C’è stato un periodo, circa 50 anni fa, in cui una possibile tragedia in un college americano era inimmaginabile. Era più probabile pensare che si trattasse di un’invasione aliena o di essere stati colpiti da una pistola ad antimateria. Fino al torrido 1 Agosto 1966, quando uno studente d’ingegneria ex-Marine, Charles Whitman, salì la torretta universitaria. Dalla terrazza panoramica della stessa, fece fuoco ininterrottamente per quasi due ore di follia, causando la morte di 16 persone e ferendone altre 30. Premessa necessaria ma a conti fatti non essenziale. Perché Keith Maitland decide consapevolmente di non soffermarsi su Whitman, il cui nome non viene neanche citato. Decide invece di focalizzarsi sulle vittime, sui sopravvissuti, sul caos, sulla giustificata codardia o sugli slanci quantomai eroici di persone civili: in parole povere, sull’uomo e sull’umanità.

Tower vuol essere l’atto, e non l’attore; la regia, non il regista; i colpiti e non i colpevoli.


tower 2016Basandosi in parte su un mosaico di interviste realizzate da Pamela Colloff nel suo articolo 96 Minutes, Maitland ripercorre quei tragici attimi utilizzando sapientemente la forse bistrattata animazione software in rotoscoping alla Richard Linklater de      A Scanner Darkly o Waking Life, o nelle più recenti opere giapponesi come Aku No Hana o Kowabon (sebbene quest’ultime con risultati modestissimi e condizionati enormemente dal budget). Rotoscope utilizzato sia per filmati d’archivio che per riproduzioni di interviste del tempo, contestualizzate grazie all’utilizzo di giovani attori. Ma il potere dell’animazione conferisce anche una piena libertà creativa al regista, i cui voli pindarici simil-espressionistici stemperano i toni.
Tower è quindi un documentario ma non un documentario vero; un’opera animata ma non animata realmente; o è forse un’atipica prova autoriale fortemente ispirata? Ma chi se ne frega. Perché preoccuparsi delle etichette di fronte a un tale risultato?

Il tutto viene poi bilanciato da filmati e foto originali, dalle notizie radio del tempo, dalla durata non eccessiva (80 minuti) e dalla parte finale. Negli ultimi 20 minuti circa, infatti, Tower diventa un documentario tradizionale, con una tempistica che rasenta la perfezione. Abbiamo conosciuto i protagonisti della vicenda grazie alle loro animate rappresentazioni, per poi riscoprirli per come sono oggi; la tela scivola dandoci delle mazzate emotive non indifferenti. Tutt’al più se pensiamo che oggi, a distanza di 50 anni, i sopravvissuti portano ancora le ferite di quel terribile giorno: alcuni non hanno mai voluto parlare della vicenda, o lo stanno facendo solo adesso, con questo documentario. Ma nonostante tutto, sono riusciti ad andare avanti. Perché Tower vuol darci questo: l’insegnamento alla vita senza inutili moralismi o condanne di sorta, riuscendo laddove neanche opere ben più conosciute e blasonate, come l’Elephant di Gus Van Sant, erano riuscite.

Tower: pregi e difetti

Rating - 10

10

The Good

  • perfetto

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *