Schindler’s List: recensione del film di Steven Spielberg

In occasione del 25esimo anniversario, torna nei cinema il capolavoro di Spielberg

Schindler’s List  al cinema. No, non siamo tornati indietro nel tempo, nel 1993, quando il genio di Steven Spielberg decise di realizzare un film di fortissimo impatto. Film con il quale avrebbe lasciato ai posteri un esempio di immensa bravura artistica nel narrare e dirigere un tema molto caldo e delicato: la Shoah. In occasione del 25esimo anniversario torna nelle sale cinematografiche, precisamente dal 24 al 27 gennaio, il film che permise a Spielberg di raggiungere la consacrazione tra i migliori registi di sempre.

La pellicola vanta un cast pazzesco. Ci limitiamo a nominare Liam Neeson, nei panni del protagonista, Ben Kingsley e Ralph Fiennes. Il capolavoro di Spielberg è considerato uno dei migliori film nella storia del cinema. Ha ricevuto ben 12 nomination agli Oscar, vincendo 7 statuette tra cui quelle per miglior film e miglior regia.  Schindler’s List è passato alla storia per una peculiarità: essere girato totalmente in bianco e nero, fatta eccezione per alcune scene, tra cui una rimasta negli annali: la famosa inquadratura della bambina con addosso il cappottino rosso.

Schindler’s List recensione: trama

Schindler's List: recensione

Cracovia, 1939. L’imprenditore tedesco Oskar Schindler, all’indomani dell’invasione polacca da parte dei nazisti, decide di aprire un’azienda al fine di produrre pentolame e tegame da fornire all’esercito tedesco. Ne approfitta, soprattutto, all’indomani del divieto imposto agli ebrei di avere attività commerciali. Abile nelle pubbliche relazioni, in breve tempo Oskar comincerà, in primis, a stringere rapporti con i vertici più alti delle SS, tramite champagne, festini e beni di lusso. In secondo luogo, aiutato dal contabile ebreo Itzhak Stern, in passato già amministratore della fabbrica, inizierà la sua scalata nel mondo degli affari. Sostenuto, tra l’altro, da alcuni investitori ebrei, i quali forniranno il denaro utile in cambio di merce.

Ben presto le sorti dell’azienda saranno diverse. Infatti, a seguito delle prime deportazioni e uccisioni di massa, Schindler temerà per i suoi affari non potendo più usufruire della manodopera concessa fin a quel momento. Tuttavia quel pensiero, apparentemente egoistico, lo porterà a convertire l’azienda da civile a militare e a produrre così armamenti. Ma, rimasto impotente dinanzi alla crudeltà nazista, deciderà di assumere i vari ebrei con l’intento velato di salvarli. Aiutato da Itzthak, inizierà a stilare quella che passerà alla storia come la Lista di Schindler. Essa diventerà un vero e proprio barlume di speranza vitale per molti. Verranno scritti, infatti, tutti i nomi di uomini, donne, bambini e anziani destinati ad essere massacrati nei campi di concentramento.

Schindler, però, all’epoca dei fatti era iscritto al Partito Nazista. Ciò lo porterà a preparare la fuga con l’imminente arrivo dei sovietici. Al momento del commiato, gli operai che aveva deciso di salvare gli consegnarono una lettera, sui cui era testimoniato che egli non era un criminale nazista. Inoltre gli donarono un anello in oro su cui era inciso una frase tratta dal Talmud:

chi salva una vita, salva un mondo intero.

Un mondo in bianco e nero

Shoah

Come accennato all’inizio, Schindler’s List  è interamente girato in bianco e nero. Elemento molto originale, considerato a primo impatto ‘insolito’, soprattutto per chi si appresta a vederlo per la prima volta. Ma fortemente simbolico. Quel bianco e nero, infatti, è voluto dallo stesso regista, dal momento che testimonia l’idea che non vi è possibilità di confusione e ambiguità. E così neppure la Storia, quella con la S maiuscola, la quale è reversibile e tanto meno dimenticabile. Eppure, nonostante i vari negazionisti provino a cancellare le tracce, a sostenere teorie troppo grossolane per una Verità, quella con la V maiuscola, a rimescolare quelle luci e quelle ombre, Spielberg non ha bisogno di giudicare, di dimostrare, di condannare (ancora).

Il bianco e il nero è, per lui, sotto gli occhi di sempre. È nei fatti. È scritto dall’assurdità di un male implacabile, incancellabile, e nella resistenza di coloro che lottarono per la vita, preferendola alla morte. Schindler sembra essere l’unico a muoversi in quel mondo in bianco e nero, forse perché avverte di farne parte. Sente di esserne partecipe, anche in modo del tutto indiretto. Per questo possiamo considerarlo come il vero e unico protagonista del film, che si trasforma nel tempo.

Qui sta la grandezza del film. Spielberg ricostruisce la vicenda poco conosciuta di questo imprenditore che, come molti di quel periodo, era votato alla causa nazista, desideroso di essere partecipe nella costruzione di un impero tanto declamato. Ma lo sguardo che recepiamo è quello di un uomo che deve regolare il suo debito con la Storia e Spielberg cerca di renderne omaggio alla gente. Alla sua gente. Emerge un chiaro intento da parte dello stesso regista. L’olocausto, le deportazioni, il rastrellamento, Auschwitz. E ancora: i forni crematori, i cadaveri ammassati, i corpi deformati, quella bambina dal cappotto colorato. Tutto fa da testimone silenzioso e penetrante. Ma, soprattutto, sono i principali punti su cui si realizza quel cambiamento dello stesso Schindler, quel passaggio dall’ombra alla luce e la relativa presa di coscienza e trasformazione interiore.

Una vera e propria crisi, esplosa in quel pianto finale. È un momento di forte riflessione: un uomo che prende coscienza di quello che è stato e di quello che ha fatto. Pentito, ma in fondo responsabile di aver abbracciato una ideologia sbagliata. Con quel rimorso che l’attanaglia come se fosse una pinza, racchiuso nella frase che a fatica pronuncia tra singhiozzi e in ginocchio:

Avrei potuto avere una persona in più… e non l’ho fatto…

Già, avrei potuto.

Schindler’s List recensione: Spielberg e l’uomo

giorno della memoria

Per Spielberg, prima ancora che la storia, la gente, la guerra, l’oggetto di reale interesse è l’individuo. L’Uomo come fine, appunto. Al regista ciò che importa è capire il come e il perché di un passaggio di campo, di una scelta morale, di un dubbio doloroso, di uno slancio del cuore. Del resto siamo abituati a vedere come il regista sia capace di offrire e dare una visione umana all’inumano. Basti pensare a Lo squalo, a E.T., al cavallo in War Horse.

Ma questa volta è diverso. L’inumano è nell’uomo. E per lui non deve essere stato difficile capire quanto di inumano vi sia nell’umano. Proprio questa percezione dell’abominio ad aver reso più straordinario un personaggio come Schindler, capace di riscoprire le ragione di un’umanità residua. Ciò che rende Schindler’s List un pugno nello stomaco è proprio nel discorso sulla morale del punto di vista. Oltre alle scene canoniche, i momenti eccezionali sono forse altri. Consistono in quei campi lunghi, in quello sguardo soggettivo e oggettivo, che modifica il senso della percezione.

Da un lato Amon Goeth, il gerarca, che dal suo balcone guarda gli ebrei cadere come se fossero birilli, mere sagome di un poligono. Dall’altro lato lo stesso Schindler che guarda da una collina il rastrellamento del ghetto, mentre in sottofondo si odono gli spari, l’abbaiare dei cani, le urla dei soldati, il rumore degli stivali, i piani dei civili. Il tutto accompagnato dalla bellissima e tristissima canzone yiddish. La storia si fa cinema e modifica il senso della percezione. Ed è su questo punto di osservazione, questa differenza focale a distinguere chi è uomo e chi non lo è.

Schindler’s List recensione: conclusione

Schindler's List: recesione

Schindler’s List  è il film della consacrazione di Spielberg, accolto nella storia del cinema per la serietà dell’argomento e la lucidità della ricostruzione. Ma ciò non vale per cancellare il passato, a distruggere un prima e un dopo, da uno Spielberg lucido e ammiccante, ad uno impegnato e severo. Schindler, in fondo, è un uomo che apre gli occhi, sgranandoli sulla nostra terra. È un uomo da salvare ancor priva che salvatore. Il testimone, la vittima, l’eroe.

Schindler's List

Voto - 9.5

9.5

Lati positivi

  • Trama
  • Regia
  • Sceneggiatura
  • Fotografia
  • Recitazione
  • Musiche
  • Sonoro

Lati negativi

  • Finale che tende a trascinarsi

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