Shutter Island: recensione del film di Martin Scorsese

La recensione di Shutter Island, film del 2010 diretto da Martin Scorsese

Uscito nelle sale nel 2010, Shutter Island è il ventiduesimo film del regista pluripremiato Martin Scorsese. Alla quarta collaborazione (di fila) con Leonardo DiCaprio, trae spunto dal romanzo omonimo di Dennis Lehane, pubblicato sette anni prima. Il cast vede, tra gli altri, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams e Patricia Clarkson. In questo thriller, il regista statunitense si cimenta con diverse difficoltà. Prima di tutto l’ambientazione: l’intero film si svolge su un’isola, e prevede quindi poche location. In secondo luogo, il protagonista soffre di un grave disturbo della personalità, che tuttavia si scopre solo gradualmente. Infine il regista ha dovuto ricreare un ambiente particolare, pieno di tensioni emotive.

Shutter Isalnd, quindi, rappresenta una sfida per Martin Scorsese, ma anche per i protagonisti della pellicola, i quali sono stati degni del loro ruolo. In particolare spicca Leonardo DiCaprio, portatore sano di follia, che ha dovuto rappresentare sullo schermo un complicato climax di tensione. Ecco quindi Shutter Island, la recensione.

***Spoiler Alert: il presente articolo contiene spoiler***

Shutter Island: la trama

Il lungometraggio è ambientato negli anni Cinquanta, precisamente nel 1954. L’agente federale Edward ‘Teddy’ Daniels (Leonardo DiCaprio) e il suo collega Chuck Aule (Mark Ruffalo) sono mandati a Shutter Island, per indagare su un caso all’Ashecliff Hospital, un istituto per criminali pericolosi con problemi psichici. Nel corso del tempo, l’agente Daniels si rende conto che ci sia qualcosa sotto: non solo i pazienti, ma anche lo staff sembra nascondergli qualcosa. Teddy, però, ha anche un’altra missione da compiere, ossia quella di trovare l’assassino di sua moglie.

L’agente Daniels, nel corso delle sue ricerche, trova un bigliettino con scritto “La legge del quattro. Chi è il 67?”, uno dei pochi indizi a sua disposizione per risolvere il caso. Il maltempo e le insistenze del dottor Cawley (Ben Kingsley) ritardano il viaggio di ritorno dei due agenti, i quali avrebbero dovuto trovare una detenuta evasa, Rachel Solando (Emily Mortimer). La donna, dopo essere stata ritrovata vicino a un faro, sembra tuttavia illesa e fisicamente stabile, nonostante il maltempo incessante.

È solo dopo la metà del lungometraggio, tuttavia, che i misteri e i dubbi pian piano iniziano a sciogliersi. Lo spettatore, per buona parte della pellicola, ha lo stesso livello di conoscenza del protagonista. Con il procedere dei minuti, tuttavia, inizia a sospettare di aver individuato la vera natura dell’agente Daniels, la quale verrà mostrata solo alla fine. Il suo nome, infatti, non è Edward Daniels, ma un anagramma: Andrew Laeddis, il sessantasettesimo paziente del biglietto.

Shutter Isalnd: l’analisi

Shutter Island recensione

Come già detto, Scorsese ha dovuto cimentarsi con diverse difficoltà. Queste sono state tuttavia superate brillantemente, ottenendo come risultato un lavoro estremamente godibile dal punto di vista sia tecnico che emotivo. La scenografia di Dante Ferretti lascia infatti lo spettatore senza fiato, così come la fotografia di Robert Richardson. La regia, inoltre, è impreziosita da primi piani a effetto, contre plongée significativi e piani sequenza carichi di tensione.

La colonna sonora, curata dal chitarrista Robbie Robertson, vede brani classici di grandi compositori, come György Ligeti, Giacinto Scelsi e Krzysztof Penderecki. Questa accompagna le scene con una certa enfasi; la musica, spesso, aiuta il protagonista a collegare le sinapsi e ricordare frammenti di realtà, realizzati attraverso dei flashback. Scorsese, inoltre, non rinuncia alle autocitazioni: all’inizio del film, DiCaprio guarda dritto davanti ad uno specchio, parlando a se stesso, esattamente come fa Robert De Niro in Taxi Driver.

Per tutto il film realtà e finzione si amalgamano, lasciando l’ex agente Daniels e lo spettatore in uno stato di confusione totale. Come un bravo narratore, però, Scorsese fornisce al pubblico dei pezzi di un puzzle, il quale porterà alla luce la verità. Queste tessere sono rappresentate non solo dai flashback del protagonista, ma anche dai suoi sogni. È proprio nei momenti onirici, infatti, che compare Dolores Chanal (Michelle Williams), sua moglie. E lei continua a dirgli che deve lasciarla andare, per potersi liberare delle voci dentro la sua testa.

Shutter Island: la recensione

Sono proprio queste voci che offrono allo spettatore frammenti di verità altrimenti irreperibili. Queste, rappresentate da personaggi in carne ed ossa, compaiono solo quando Daniels/Laeddis dorme o è da solo. Nel corso della pellicola, infatti, l’uomo non viene mai lasciato solo. Le voci gli dicono che non lascerà mai l’isola, e che il suo destino è segnato. Convinto di essere ancora un agente in servizio, Laeddis non dà loro ascolto, per concentrarsi sulla sua vera missione. Egli vuole infatti tornare in patria e denunciare le barbarie commesse sui loro pazienti dal dottor Cawley e dal suo collega Jeremiah Naehring (Max von Sydow), i quali, in casi di violenza irrecuperabile, praticano una lobotomia frontale.

Diverse storie si collegano quindi nel film. Principalmente quella di Andrew Laeddis, un ex agente federale che ha ucciso sua moglie, anche lei affetta da problemi mentali, la quale ha, in un momento di follia estrema, ucciso i loro tre figli. Si intreccia a questa la storia di Rachel Solando, quella vera, una ex dottoressa dell’istituto, cacciata e condannata dai suoi colleghi dopo il rifiuto di praticare la lobotomia sui pazienti. Vengono poi citati, con maestria, anche i campi di concentramento e i lager nazisti, per aggiungere orrore all’atmosfera già cupa. L’alcol diventa poi un elemento di collegamento tra le diverse storie, così come l’alcolismo che accomuna le professioni del poliziotto e del medico. Un altro elemento ricorrente è poi quello del fuoco: Daniels è convinto che ad aver ucciso sua moglie sia stato un piromane, e i fiammiferi sono presenti in numerose scene.

Shutter Island: conclusioni

Shutter Island recensione

Dopo due ore di misteri, tensione e atmosfere scure, ecco arrivare la consapevolezza. Edward Daniels diventa Andrew Laeddis. In un momento di lucidità confessa di essere l’uomo che, tornato da una missione particolarmente complicata, trova i suoi figli annegati nel lago. Ammette di aver ucciso sua moglie e di essere ossessionato dal senso di colpa. Edward Daniels diventa quindi una protezione, una proiezione della sua mente che lo allontana dalla realtà, da ciò che ha compiuto. Il giorno dopo, però, la consapevolezza svanisce e l’agente Daniels torna più forte di prima.

Shutter Island, in conclusione, è un punto fermo della cinematografia contemporanea. La totale esclusione dagli Academy Awards e dai più prestigiosi premi internazionali lascia ancora oggi perplessi i cinefili di tutto il mondo. Non è sicuramente il miglior film di Martin Scorsese, ma certamente rimane un lavoro di tutto rispetto, sia dal punto di vista tecnico che emotivo.

Shutter Island

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • Regia e interpretazione molto buone
  • Scenografia e fotografia ottime

Lati negativi

  • Finale leggermente compilativo

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