Solo Dio perdona – Recensione del film di Nicolas Winding Refn

Analizziamo in questa recensione "Solo Dio perdona", del regista danese Nicolas Winding Refn, con protagonista Ryan Gosling!

Negli anni abbiamo imparato a conoscere il regista danese Nicolas Winding Refn. Il suo approdo nel cinema americano è stato folgorante ma ha sempre preferito restare aggrappato alle piccole produzioni, controcorrente. Contro, soprattutto, lo star system hollywoodiano e i suoi meccanismi. Solo Dio perdona, infatti, testimonia quanto Refn sia trovi bene con certe dinamiche legate alle produzioni low-cost.

Il film, del 2013, nasce nella mente del regista molti anni prima, in un momento di crisi e rabbia che vediamo sfogata in questo prodotto. Il tasso di tensione è elevatissimo. Di difficile comprensione, Solo Dio perdona ha diviso critica e pubblico fin dalla prima proiezione, quando venne fischiato a Cannes nel 2013. Noi proviamo a parlarvene analizzandolo in questo articolo, anche se con Refn non si è mai troppo certi di guardare le cose dal lato giusto, sempre che ce ne sia uno.

Solo Dio perdona – Recensione del film di Nicolas Winding Refn

Chi di spada ferisce, di spada perisce

Bangkok, Thailandia. La città orientale fa da sfondo alla storia di Julian (Ryan Gosling) e di suoi fratello Billy. I due gestiscono un club di boxe thailandese (muay thai), usato però come copertura per lo spaccio di droga. I problemi arrivano quando Billy, fratello maggiore, violenta e poi uccide e una prostituta minorenne: catturato da un poliziotto in pensione, Chang, Billy sarà messo davanti al padre della vittima che avrà così la possibilità di vendicarsi, uccidendolo. Chang però punisce anche il padre, per aver fatto prostituire la figlia, tagliandogli un braccio con la sua katana.

Quando Julian saprà la causa della morte di suo fratello, non attuerà la sua vendetta nei confronti del padre della prostituta. Però a Bangkok arriva Chrystal, la madre di Julian e Billy, pronta a vendicare la morte del primogenito. Non ha considerato però, le armi di cui dispone Chang, l’ex poliziotto che non sarà facile mettere al tappeto. Si innescherà così un meccanismo crudo e violento che vedrà coinvolti inevitabilmente tutti, protagonisti o spettatori.

Solo Dio perdona - recensione


Dio perdona, io no

Ancora Ryan Gosling. Ancora poche parole. Quando nel 2013 uscì Solo Dio perdona, tutti si aspettavano una sorta di continuazione sulla scia di “Drive“. Per questo ne restarono delusi. Se lì il protagonista usava la violenza, qui è proprio il film ad essere basato su essa. Le immagini, le azioni e la storia stessa è intrisa di temi derivati dai crudi e violenti del cinema di serie B. Il gioco ruota attorno ai rumori di spade, katane, spari e sguardi immobili, le parole sono poche e lasciano spazio alla colonna sonora che ben si adatta con il clima orientale che si respira. Consideriamo anche i titoli di testa e possiamo già farci dalle prime sequenza un’idea di cosa vedremo. Ed è proprio particolare come Refn decida cosa è importante, una base di partenza (la storia diciamo poliziesca, i B movie) e la prediliga, sovrapponendola ad ogni cosa.

Crea prima un’atmosfera, poi una storia. Visto così Solo Dio perdona assume un altro aspetto. Il regista danese elimina ogni cosa che sia superflua, ogni parola che potrebbe essere raccontata dalle immagini, ogni emozione sentimentale, ogni azione “normale”. Restiamo noi, a guardare delle bellissime fotografie dei personaggi, in un’atmosfera surreale e onirica. E quando la scena si blocca tramite il fermo immagine, allora assistiamo alla nuda e cruda violenza: esplicita, quasi fine a se stessa ma ottima sostituta alle parole. Viene colto il lato più bello di quella ferocia, ma soprattutto le motivazioni: ogni personaggio, dentro di se, a delle motivazioni per colpire. Comprensibili o no, a volte enfatizzate, ma ognuno le ha. E proprio qui Refn si supera, andando un po’ oltre gli stessi concetti espressi in “Valhalla Rising” del 2009.

Solo Dio perdona - recensione


Vendetta e punizione sotto il neon

Questi i temi cardine di “Solo Dio perdona“. Vendetta personale, per ristabilire qualcosa che ci tormenta, che ci ha ferito e provare a sentirsi meglio. Punizione quando da ristabilire c’è qualcosa di più grande del tormento soggettivo, ma un valore generale e una legge da rispettare. Tutto questo è gestito da una regia e un montaggio che accentuano l’aria metafisica e di metacinema che Nicolas Winding Refn sviluppa. Il lavoro, magari è poco apprezzato dal punto di vista narrativo. Non ci sputa addosso una storia decisa, subito delineata per poi cedere a manierismi. Egli struttura prima un discorso visivo, emotivo e d’impatto con lo spettatore; successivamente e a piccole dosi durante il film, ci lancia piccoli pezzi di storia, quasi a non volercela fare assaggiare al cento percento.

Non si può non citare quella fotografia che prima dei temi ci immerge nell’atmosfera pregna di tensione. Viene ricostruito un piccolo teatro in cui ogni luce (evidente la volontà di esplicitare l’artificialità del neon) e ogni azione delineano i personaggi, ne risaltano alcuni aspetti e ne contestano altri. Fotografia che crea bivalenze, dualismi ma anche, e forse soprattutto, ambiguità. Che genera colori capaci di creare una forte componente espressionista ma anche surreale e artificiale.

Il percorso di Refn è anche un percorso che porta Ryan Gosling a non essere più il “carnefice” di “Drive“: quel ruolo adesso è dello spietato Chang, che fa giustizia colpendo le mani, simbolo delle azioni del peccato (che visivamente avranno un grande peso). Il personaggio di Julian, in “Solo Dio perdona” è più un pellegrino nel cammino verso la redenzione, non parla e quando lo fa è sempre fiacco. Se valutata nel contesto di un prodotto così, è una splendida prova attoriale incentrata sugli sguardi, sulle sensazioni e sui movimenti.

Solo Dio perdona - recensione


Refn cinefilo e cultore

Solo Dio perdona non è un prodotto per tutti. Non ci si può aspettare di trovare una spiegazione o di cogliere tutto. Sarà amato da chi predilige l’aria rarefatta e mistica che si cela dietro alle immagini potenti, nonché visivamente espressioniste. Nicolas Winding Refn fa un lavoro che lo porta a mescolare varie influenze e generi, sia a livello di contenuto che sul piano stilistico. Un film quasi allucinogeno, denso e con una grande carica visiva e psicologica. Perché la violenza parte dai corpi, passa per le immagini, colpisce gli occhi e si immerge nelle nostre menti, colpendoci nel profondo.

Solo Dio perdona - recensione

Solo Dio perdona

Voto - 8.5

8.5

Lati positivi

  • La regia di Refn: il regista danese è dinamico e dosa con attenzione ogni elemento
  • Una fotografia da manuale: luci e colori gestiti magistralmente ed essenziali per creare questo tipo di atmosfera

Lati negativi

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