The Lost Daughter: recensione del film di Maggie Gyllenhaal – Venezia 78

The Lost Daughter, con Olivia Colman e Dakota Johnson, segna l'esordio dietro la macchina da presa di Maggie Gyllenhaal

Al suo esordio come regista, Maggie Gyllenhaal sbarca al Lido con The Lost Daughter, film di cui vi proponiamo la nostra recensione e in corsa per il Leone d’Oro. Olivia Colman è protagonista nei panni di Leda, in una pellicola che è adattamento per il grande schermo del romanzo di Elena Ferrante La figlia oscura. Accanto alla Colman, nel cast, ci sono anche Dakota Johnson, Jessie Buckley, Ed Harris, Peter Sarsgaard, Paul Mescal, Dagmara Dominczyk e Alba Rohrwacher. Gyllenhaal, che firma anche la sceneggiatura dell’adattamento ha parlato de La figlia oscura come dell’opera che le ha permesso di dar voce a una parte del suo essere donna e madre che prima non era riuscita a esprimere. Prima di passare alla recensione di The Lost Daughter, in concorso a Venezia 78, vediamo di seguito la sinossi ufficiale.

Sola in una località di mare, Leda osserva ossessivamente una giovane madre e la figlia in spiaggia. Turbata dalla complicità del loro rapporto (e dalla loro famiglia, chiassosa e sinistra), Leda è sopraffatta dai ricordi legati allo sgomento, allo smarrimento e all’intensità della propria maternità. Un gesto impulsivo catapulta Leda nello strano e minaccioso universo della sua stessa mente; è costretta così a fare i conti con le scelte anticonformiste fatte quando era una giovane madre e con le loro conseguenze.

Indice:

Riflessioni di una madre “snaturata” – The Lost Daughter, la recensione

La protagonista di The Lost Daughter, la professoressa di letteratura comparata Leda Caruso, è – per sua stessa ammissione – una madre snaturata. Una madre egoista che ha abbandonato marito e figlie piccole per inseguire una carriera accademica promettente e stimolante e una vita senza vincoli. Proprio come il romanzo da cui è tratto, The Lost Daughter è una riflessione sulla figura della donna e della madre. Quello che va in scena è un concetto di maternità ben diverso da quello rassicurante e tradizionale. Come nel romanzo, le madri sono due: Leda e Nina. Leda è una donna costretta a fare i conti con l’abbandono delle figlie e con l’assenza quasi totale del benché minimo istinto materno. La figura di Nina fa riemergere in lei i traumi passati e la costringe ad affrontare con la piena maturità le conseguenze delle sue azioni passate.

Nina, invece, vive letteralmente per sua figlia Elena, anche se sono evidenti in lei segni di insoddisfazione, frustrazione e stanchezza. Vedere Nina interagire affettuosamente con Elena risveglia in Leda sensi di colpa mai sopiti; il fatto che la giovane madre abbia attorno a sé una famiglia numerosa e chiassosa, poi, non fa che ingigantire le ansie e i rimorsi. La professoressa è insieme attratta e spaventata da questa famiglia che non potrebbe essere più lontana da lei per forma e sostanza. E così Leda precipita in un’oscurità sempre più fitta, in cui i ricordi e le riflessioni sulle scelte compiute pesano come macigni. Sola e mai veramente in pace, compie un gesto infantile e apparentemente innocuo; un gesto che in realtà finisce per minare ancor più sia il suo equilibrio sia quello, già piuttosto precario, di Nina.

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The Lost Daughter. Endeavor Content, Samuel Marshall Films, Pie Films, Maggie Gyllenhaal

Analisi

Maggie Gyllenhaal si prende alcune libertà rispetto al romanzo di cui The Lost Daughter è adattamento. Il personaggio di Leda Caruso diventa inglese e le vicende non si svolgono al Sud Italia bensì sulle coste della Grecia. L’italiano – con le frequenti citazioni letterarie – diventa lingua colta di cui fare sfoggio mentre il ritratto della Grecia e della sua popolazione è fiaccata da stanchi stereotipi. Olivia Colman è una conferma e rende al meglio i tormenti, la solitudine e l’angoscia della sua Leda; Jessie Buckley (Sto pensando di finirla qui), che interpreta il corrispettivo giovane della protagonista, è altrettanto brava e in parte. Anche Dakota Johnson, pur con minor spazio sulla scena, centra in pieno il suo personaggio, con una perenne malinconia e una “rabbia” latente che sa restituire efficacemente sullo schermo.

La Gyllenhaal esordisce dietro la macchina da presa con un film che ha più di qualche difetto in fase di scrittura e di ritmo. A tratti la storia sembra girare a vuoto e i problemi maggiori emergono nel ritratto della chiassosa e volgare famiglia di Nina. Ci viene fatto intendere che i parenti della giovane madre, marito e cognato in primis, rappresentano in qualche modo un pericolo per Leda; non è tuttavia dato sapere perché siano una minaccia o nemmeno perché abbiano tratti così loschi e sfuggenti. Come accennato poco sopra nella nostra recensione di The Lost Daughter, non mancano stereotipi e semplificazioni, che intaccano il racconto. Bella invece la colonna sonora, i cui brani sono sempre utilizzati con criterio, a scandire l’andamento narrativo e gli stati d’animo della protagonista.

Conclusioni – The Lost Daughter, la recensione

The Lost Daughter affronta un tema, quello della maternità vissuta come un peso, “innaturale”, per certi versi ancora considerato tabù. Soprattutto in Italia dove la retorica legata alla figura materna è ancora preponderante. Maggie Gyllenhaal, con la trasposizione de La figlia oscura, percorre una via impervia e suscita riflessioni interessanti e profonde. La regista ha dichiarato di essere rimasta fortemente colpita dal romanzo della Ferrante, pervasa da “una sensazione tanto strana e dolorosa quanto innegabilmente vera”. Con questo film, Gyllenhaal ha voluto in qualche modo dare voce a chi prova le stesse sensazioni che prova Leda; offrire una storia con cui qualunque donna che viva i tormenti della protagonista possa confrontarsi. E magari trovare conforto nel vedere certe tematiche affrontate senza giudizio o vergogna.

Arrivati alla conclusione della nostra recensione di The Lost Daughter ci sentiamo di promuovere l’esordio di Maggie Gyllenhaal dietro la macchina da presa, pur con qualche riserva. Un esordio che vede la luce direttamente in una delle kermesse cinematografiche più importanti a livello internazionale. Qualche incongruenza, alcuni difetti di scrittura e troppi fastidiosi stereotipi indeboliscono un film comunque interessante e che merita di essere visto. Sicuramente da premiare lo sguardo sincero e il trasporto con cui la regista ha portato sullo schermo una tematica scottante e delicata. Dopo la presentazione a Venezia, The Lost Daughter approderà su Netflix nel corso del mese di dicembre 2021.

 

 

The Lost Daughter

Voto - 6.5

6.5

Lati positivi

  • L'esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal affronta un tema complesso e scomodo col giusto tatto, trasporto e sincerità
  • Olivia Colman, Jessie Buckley e Dakota Johnson sono interpreti impeccabili dei relativi personaggi

Lati negativi

  • Qualche passaggio poco chiaro, semplificazioni e difetti di scrittura inficiano la completa riuscita del film

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