Vice: L’uomo nell’ombra: recensione del biopic con Christian Bale
Adam McKay firma un biopic fuori dagli schemi sul vicepresidente americano Dick Cheney: ecco la recensione di Vice - L'uomo nell'ombra
Dick Cheney è una delle figure più influenti ed enigmatiche della storia americana recente. Rimanendo nell’ombra come vicepresidente, Cheney ha avuto un enorme controllo sulla politica interna ed estera statunitense, svolgendo de facto il ruolo di co-presidente durante i due mandati di George W. Bush. Cheney è stato uno dei protagonisti del post 11 settembre, stabilendo il legame tra l’Iraq e i terroristi di al-Qa’ida decisivo per l’entrata in guerra contro gli iracheni. Una tale figura politica non poteva non essere esplorata nel cinema. Adam McKay, regista e sceneggiatore de La grande scommessa, con Vice – L’uomo nell’ombra, film di cui vi presentiamo la recensione, accetta la sfida di dipingere il ritratto di uno degli uomini più riservati della politica americana.
Quello che realizza non è però un semplice biopic ma un’irriverente analisi della brama di potere. Geniali trovate registiche, humor graffiante e grandi interpretazioni da parte di Christian Bale, Amy Adams, Sam Rockwell e Steve Carell rendono il tutto un prodotto di alta qualità.
Indice
- Trama
- Il biopic che non ti aspetti
- La genialità di Adam McKay
- Un quartetto strepitoso
- Un film pieno di pregi (e qualche difetto)
Vice – L’uomo nell’ombra recensione
Il film di McKay racconta l’inarrestabile ascesa di Dick Cheney (un irriconoscibile Christian Bale) nei palazzi del potere americani. Da giovane Cheney perde l’occasione di laurearsi in una prestigiosa università e finisce a lavorare come operaio elettrico nel Wyoming. Dopo l’arresto per guida in stato di ebbrezza, sua moglie Lynne (Amy Adams) gli pone un ultimatum: o si impegna ad acquisire un importante ruolo di potere oppure lei lo lascerà.
Guidato dall’ambizione della moglie, Cheney inizia a lavorare per Donald Rumsfeld (Steve Carell), da cui imparerà che la politica non è fatta più di ideologia ma solo di potere. Questi insegnamenti saranno appresi molto presto e porteranno Cheney a diventare Capo dello Staff della Casa Bianca e anche Segretario della Difesa. La strada per la presidenza tuttavia non gli viene aperta, facendolo ripiegare sul suo ruolo di CEO alla Hulliburton, grande azienda petrolifera ed edilizia. Tutto cambia con la telefonata di George W. Bush (Sam Rockwell), che lo vuole come suo vicepresidente. Sarà l’occasione per Cheney di riuscire a ottenere un controllo quasi totale sulla politica americana.
Il biopic che non ti aspetti – Vice, la recensione
La moda dei biopic ha ormai contagiato da tempo la cinematografia americana, con schemi di base spesso ricorrenti. Adam McKay non è però uno sceneggiatore e regista qualsiasi. Vincitore di un Oscar per la Miglior Sceneggiatura non originale de La grande Scommessa, McKay sa parlare dell’America in modo irriverente, divertente ma facendo riflettere. Il modo in cui tratta la biografia di Cheney è geniale: mix di toni comici, drammatici e quasi epici; spietata analisi della brama di potere; uso di elementi narrativi non convenzionali. Vice è un biopic? Sì, ma è soprattutto uno studio sul desiderio del potere. È una commedia? Non del tutto, perché McKay inserisce momenti drammatici, incentrati soprattutto sugli affetti familiari.
L’attenzione sulla brama di potere parte sin dal titolo: “Vice” è un chiaro richiamo al vizio, quello del potere. Un elemento che induce McKay a fare geniali collegamenti col Macbeth shakespeariano. Dick e Lynne sono infatti dei moderni Macbeth e Lady Macbeth: la donna, comprendendo che per lei le porte del potere sono chiuse, diventa abile stratega e consigliera per suo marito. Questo ritratto della sete di potere è una perfetta rappresentazione della politica odierna: non esiste praticamente più alcuna ideologia, si crede solo al tornaconto personale. Esemplare in questo è la scena in cui un giovane Cheney chiede a Rumsfeld “in cosa crediamo?”. La risposta è una lunga e sguaiata risata.
La genialità di Adam McKay – Vice – L’uomo nell’ombra, la recensione
In questo film McKay fa un abile e geniale lavoro di sceneggiatura e regia. Lo script infatti crea collegamenti con dinamiche shakespeariane, affronta questioni più universali, inserisce un narratore non convenzionale e elabora situazioni surreali esilaranti. Troviamo dialoghi in pentametri giambici fra Dick e Lynne, un approfondimento degli affetti familiari così lontani dalla sete di potere, uno spietato affresco della recente politica americana e un uomo comune che racconta la biografia di Cheney. Un americano qualunque in cui il pubblico può identificarsi e che avrà un inaspettato legame con il protagonista.
A livello di regia c’è uno stile molto libero, che gioca con montaggi alternati basati sulla passione per la pesca di Cheney: molti dialoghi e trattazioni dell’uomo si alternano a scene di pesca che simboleggiano l’abboccare all’amo di tutte le “vittime” dello spietato vicepresidente. La trovata registica più interessante e spiazzante è però la finta fine con i finti titoli di coda. Quando la strada di Cheney per la presidenza risulta impossibile, iniziano ad apparire esagerate didascalie sulla tranquilla e bucolica vita che l’uomo inizia a condurre da quel momento. Cominciano a scorrere addirittura dei titoli di coda fino a quando la telefonata di George W. Bush cambia tutto. Una nuova parte della storia ha inizio.
Un quartetto strepitoso
Il cast è uno dei punti forti di Vice, a partire dal protagonista Christian Bale. L’attore qui dà nuovamente prova del suo essere camaleontico, della sua capacità di interpretare ruoli diversissimi e assumerne l’aspetto fisico senza problemi. Bale è in grado di mutare abilmente da padre amorevole e comprensivo a politico spietato e impassibile. Infine il lavoro di trucco svolto su di lui è incredibile, merito del make-up artist Greg Cannom, tre volte premio Oscar.
Bravissima Amy Adams, che interpreta una moderna Lady Macbeth sensazionale. Notevole anche Steve Carell, il cui Donald Rumsfeld si muove fra comicità e momenti drammatici, zone che Carell sa esplorare perfettamente. Sam Rockwell completa questo quartetto: il suo George W. Bush è un ottimo mix di realtà e caricatura.
Un film pieno di pregi (e qualche difetto) – Vice, la recensione
Vice – L’uomo nell’ombra è un ottimo film che osserva perfettamente l’attuale situazione politica, la sete di potere di chi governa e l’ignoranza dell’uomo comune contemporaneo. Adam McKay sa avvicinare il pubblico a questi temi grazie a umorismo e geniali inserti surreali: si ride ma si pensa anche. Il risultato è un biopic originale, ben scritto e recitato, che diverte con genialità ma fa acquisire consapevolezza sui nuovi abitanti dei palazzi di potere. Uomini che bramano il potere e non hanno più alcuna ideologia. Dick Cheney è uno dei rappresentanti maggiori di questa categoria.
Nell’esplorare le due facce di Cheney, il film spesso si trova a manovrare toni di generi diversi e in alcuni casi ciò non funziona. I toni a volte drammatici che si inseriscono nella trama, relativi all’ambito familiare, risultano un po’ distanti dal resto. In più con una durata di 132 minuti il film non scorre bene in tutte le sue parti. Vice – L’uomo nell’ombra è comunque uno dei possibili vincitori della prossima stagione dei premi. Le sei candidature ottenute ai prossimi Golden Globe sono un preciso segnale.
Vice - L'uomo nell'ombra
Voto - 7.5
7.5
Lati positivi
- Regia e sceneggiatura
- Il cast
- Ottimo studio sulla brama di potere
Lati negativi
- Piccoli difetti di durata e in alcuni momenti il mix di generi non riesce al meglio