Master: recensione del film horror disponibile su Amazon Prime Video

Sulla scia di Scappa - Get Out, ecco un nuovo horror che denuncia il razzismo sistemico americano

Nel 2017 il comico Jordan Peele ha esordito alla regia con un film che ha rivoluzionato la recente cinematografia americana: Scappa – Get Out. Questo intrecciando con genialità il genere horror alla satira sociale e al discorso di denuncia ha creato una sferzante e originale critica al razzismo americano, specialmente quello perpetrato dai cosiddetti moderni liberali americani. Da quel momento, si è tentato di replicare questo esperimento o di approfondirlo da nuovi punti di vista. L’ultimo film che si pone sulla scia del cinema di Peele è Master, di cui vi proponiamo la recensione. Approdata su Amazon Prime Video e presentata precedentemente al Sundance Festival, la pellicola diretta da Mariama Dillo è un horror di stampo psicologico, il cui cuore è rappresentato da un discorso sociale attualissimo. A interessare la regista è in particolare l’atteggiamento dei bianchi liberali nell’ambiente universitario, in cui un annunciato multiculturalismo si rivela solamente pura falsità.

Master (rintracciabile su Prime anche come La specialista) si concentra su due insegnanti e una studentessa di una prestigiosa università del New England, l’Ancaster College. Gail Bishop (Regina Hall) è stata da poco nominata direttrice di una delle case del campus; all’apparenza un grande passo verso l’integrazione, essendo Gail la prima donna nera a ricoprire quel ruolo. Jasmine Moore (Zoe Renee), invece, è una delle poche matricole nere, cui è stata assegnata una stanza ritenuta maledetta, in cui si verificò un suicidio. Sull’evento aleggia la leggenda di Margaret Millett, donna accusata di stregoneria il cui fantasma sembra perseguitare giovani matricole. La permanenza nel campus incide negativamente su Jasmine, la quale inizia ad avere incubi e ricevere minacce; inoltre si ritrova a essere incompresa dalla docente Liv Beckman (Amber Gray), anche lei nera. In un clima sempre più soffocante, le tre donne comprenderanno la reale minaccia che pesa su quell’università.

Indice

Il razzismo come fantasma persecutorio – Master recensione

master recensione

Master. Animal Kingdom, Big Indie Pictures

Guardando a horror classici come Black Christmas, la regista sfrutta una delle tipiche ambientazioni dei film slasher per costruire un luogo filmico sempre più claustrofobico e soffocante. Le tre protagoniste portano il peso dell’atteggiamento dei bianchi, tolleranti e condiscendenti e mai veramente aperti e privi di pregiudizi. Questo atteggiamento è accostato a una minacciosa presenza sovrannaturale che aleggia nel campus: lo spirito di una strega che predilige perseguitare giovani matricole nere. La Diallo dunque, in modo originale e apprezzabile, rappresenta metaforicamente il pregiudizio e il razzismo come inquietante fantasma persecutorio. Questa interessante metafora non viene però sfruttata al meglio: infatti non viene sviluppata, poiché si preferisce puntare a un tono di denuncia più esplicito, affidato ad esempio alle riflessioni del personaggio di Gale. Un vero peccato perché in questo modo la componente sovrannaturale perde totalmente di significato.

A essere più efficace e percepibile è invece la sensazione di soffocamento che si fa sempre più stringente intorno alle tre protagoniste. Come già accennato, non è però la componente di genere a realizzare tutto ciò, ma l’atteggiamento dei bianchi che popolano l’Ancaster College. In questo luogo si parla di integrazione, inclusione, multiculturalismo ovvero elementi di vanto per l’università. Tutto questo però è solo una facciata, un perbenismo ipocrita e una fastidiosa condiscendenza in cui in realtà la discriminazione prolifera ancora di più. Pertanto la regista ritrae in modo efficace uno dei mali dell’America moderna: un politically correct che serve a far sentire meglio solo i bianchi e non è sinonimo di inclusione ma di tolleranza falsa e ipocrita. Il discorso della Diallo è quindi attualissimo e importante, purtroppo non riesce però ad unirsi correttamente con il genere horror che la regista vorrebbe sfruttare per rendere il tema ancora più d’impatto.

Un maldestro seguace di Jordan Peele – Master recensione

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Master. Animal Kingdom, Big Indie Pictures

Se Get Out era riuscito a trovare il perfetto connubio tra pellicola di genere e film di denuncia del razzismo americano, Master invece è solo un goffo tentativo di replicare l’esperimento di Peele. La regista infatti si concentra troppo sulla denuncia, quasi dimenticandosi di sviluppare il rapporto tra i personaggi ma soprattutto la componente horror, davvero relegata a pochissimo spazio. Il focus del film così interessante e attuale incontra uno sviluppo imperfetto e una mancata coesione con il lato horror. Perlopiù si resta nell’ambito di discorsi retorici e superficiali, di semplificazioni troppo marcate dei personaggi. Sviluppandosi in questo modo la pellicola, la componente orrorifica perde di significato e la metafora di cui si è parlato finisce per rimanere totalmente nell’ombra. Il non detto che rimane riguardo la storia di fantasmi svela infine solo una generale confusione e incompletezza nel trattare la materia horror.

In conclusione di questa recensione di Master, si può affermare che l’opera prima di Mariama Diallo non è totalmente sufficiente. Il film insiste su una verità purtroppo ancora molto attuale, ma rimane su territori semplicistici e retorici e non si lega in modo omogeneo alla componente orrorifica, ispirata ad atmosfere simili a quelle di Suspiria. In Master si percepisce sempre qualcosa che manca, come nel background dei personaggi e nelle relazioni che si instaurano fra di essi. Un personaggio importante come quello di Gail, ad esempio, è poco approfondito e diventa utile solo come rappresentazione di una condizione. Peccato perché la performance di Regina Hall, come quella di Zoe Renee, è davvero buona. Pertanto chi, attirato dalle atmosfere e dai temi in ballo, pensa di trovare una nuova opera in stile Get Out o Us, rimarrà deluso; Master, nonostante le lodevoli intenzioni, è solo un maldestro seguace di Jordan Peele.

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Master

Voto - 5.5

5.5

Voto

Lati positivi

  • Il film tratta un tema attuale molto importante
  • Il clima soffocante generato da falsi atteggiamenti di inclusione e integrazione è davvero ben rappresentato

Lati negativi

  • Si rimane su territori troppo semplicistici e retorici
  • La componente orrorifica, portatrice anche di un'interessante metafora, non si lega in modo omogeneo al focus del film e finisce per perdere di significato

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