Devilman Crybaby: l’umanità senza più umanità – La recensione

Prima di addentrarci in quella che sarà la recensione di Devilman Crybaby, è opportuno porsi qualche domanda. Cos’è Devilman Crybaby? Cosa rappresenta per l’industria dell’animazione odierna? E per Netflix? Devilman crybaby, prima di tutto, è Devilman: il leggendario fumetto in 5 volumi pubblicato nel biennio 72-73 da sua maestà Go Nagai. Solo secondariamente Devilman crybaby è la trasposizione animata diretta da Masaaki Yuasa, rilasciata a livello mondiale il 5 gennaio sulla piattaforma di streaming Netflix.


Sorgono spontanee, dunque, alcune considerazioni: innanzitutto, e il che suonerà altamente retorico, è da apprezzare l’estremo coraggio dei produttori (Aniplex in prima linea, poi Netflix) e del regista Masaaki Yuasa. Dopo l’imbarazzante serie animata dalla Toei Animation degli anni 70 (che sfruttava l’incipit per sviluppare tutt’altro) e la serie OAV dei più recenti 90 (interrotta sul più bello), nessuno aveva più osato mettere le mani sull’ormai creatura mitologica Devilman. Troppo alto il rischio di fallimento. Da un lato un sempre più nutrito gruppo di “haters a prescindere” pronti a cavalcare l’onda al grido de “è meglio il manga”; dall’altro una trasposizione in scala 1:1, al giorno d’oggi, sarebbe risultata anacronistica, assolutamente fuori tempo massimo. È pur sempre un fumetto di quasi 50 anni fa!

devilman

Nessuno, dicevamo. Almeno fino a qualche mese fa, quando si riunirono Masaaki Yuasa e i vertici della Aniplex (dopo l’ottimo Ping Pong The Animation). Parlando di  una possibile nuova produzione, qualcuno tirò fuori il nome di Devilman. Ci piace immaginare che la riunione si concluse con delle fragorose risate, a mo di tarallucci&vino. Ma qualcosa era cambiato: un demone si impossessò del corpo di Masaaki Yuasa. “Non ne sarai mai capace” – gli sussurrava – “sei nel pieno della tua maturità artistica, e non puoi permetterti un fallimento del genere”. Ma coi cuori puri, come Devilman ci insegna, non è tutto così facile. Anche stavolta il nostro vinse, piegando il demone alla sua volontà; avrebbe sfruttato la sua forza per realizzare una trasposizione degna di questo nome. Devilman. Per dimostrare al mondo che era in grado di farcela. Per rivendicare il nome del maestro Go Nagai.

In tutto ciò, sullo sfondo, Netflix. Sedutasi al tavolo dei grandi, con assoluto interesse. Perché entrare nel mondo dell’animazione giapponese con un pezzo da 90 come Devilman, per giunta a firma Yuasa, era un’occasione troppo ghiotta. “Fate quel cavolo che vi pare”– tuonò Netflix – “vi pago i diritti per un’esclusiva distribuzione mondiale, senza censure”. Lo possiamo affermare nella maniera più categorica: al contrario di quanto avvenuto con altre produzioni (non ultimo Black Mirror, accusato di involuzione tendente al soft dopo il passaggio in casa Netflix) l’azienda californiana non sembra essere minimamente intervenuta sulla stesura del progetto. Il regista, Masaaki Yuasa, e lo sceneggiatore, Ichiro Okouchi (Code Geass), hanno goduto di piena libertà creativa. Da cosa nasce cosa: l’identità narrativa, e ancor prima concettuale, è rimasta fedelissima a quanto designato da Go Nagai nel 1972.

Devilman Crybaby: la recensione!

Per chi non ne avesse mai sentito parlare, Devilman è la storia di Akira Fudo, il classico adolescente timido e impacciato. Almeno fin quando Ryo Asuka, l’amico di sempre, non lo metterà di fronte alla cruda verità: l’esistenza dei demoni e il loro piano di conquista della Terra. Riluttante, Akira verrà costretto dall’amico a partecipare ad un “sabba”, un festino lussurioso tra corpi nudi, droghe e luci psichedeliche; è qui che i demoni prendono forma, impossessandosi dei corpi dei partecipanti. Come prevedibile qualcosa non va; Amon, il demone più potente, si impossesserà del corpo di Akira. O quantomeno, ci proverà: il “cuore puro” di Akira ribalterà la situazione, sfruttando i poteri dei demoni a proprio vantaggio, ma riuscendo a mantenere la propria umanità. Non un demone, non un umano: la nascita di Devilman, appunto. Altolà: non è la classica storia di matrice super-eroistica.

devilman crybaby recensione

Devilman crybaby poggia le sue fondamenta su una storia narrata ormai 50 anni fa, ma oggi ancora attuale; su un ritratto nichilistico ma specchio della nostra società. Devilman parla dell’essere umano, ma anche dell’essere demone. In un contesto dove non c’è il buono e il cattivo, il vinto o il vincitore, il bianco o il nero. Devilman è un’opera grigia. Ma di un grigiore cupissimo. Una spirale di violenza e paura trascinerà le sorti dei protagonisti sempre più in basso; fino a farci chiedere se valga davvero la pena combattere il nemico. Perché il nemico non esiste. Perché il nemico potremmo essere noi stessi. La trasposizione, come già precedentemente accennato, risulta fortunatamente molto fedele sul piano concettuale. E il messaggio, già allora come adesso, arriva forte e chiaro sconvolgendo l’attonito spettatore.

Devilman Crybaby: la trasposizione animata di Masaaki Yuasa e Ichiro Okouchi

Dal punto di vista narrativo, invece, la trasposizione si prende ben più di qualche libertà. I rivoltosi teppisti cedono il passo a dei moderni rapper di strada (hanno collaborato artisti della scena hip-hop giapponese come Ken the 390 e Hannya); la comunicazione è gestita dagli odierni social media, e dai suoi influencer; la sessualità, solo accennata nel cartaceo, prende il sopravvento; i demoni rispondono agli istinti più primordiali: nutrirsi e riprodursi. L’obiettivo è, chiaramente, la contestualizzazione della vicenda; ed il risultato è sicuramente lodevole. Non ultime, ex novo, il ruolo della ginnastica e dell’agonismo sportivo (echi da Ping Pong The Animation), con l’introduzione di nuovi personaggi (come Miko), interessanti ma invero scarsamente approfonditi (parziale scusante, soltanto 10 episodi).

recensione di devilman crybaby

Ovviamente questo processo di traslazione temporale si ripercuote anche sui personaggi, specie sul protagonista Akira Fudo e l’amata Miki Makimura. Il primo soffriva di un’evoluzione più netta nei tempi, che questa versione animata annulla totalmente; Akira, pur diventando Devilman, mantiene la propria umanità, la propria verve empatica, la capacità di piangere come un bambino. D’altronde il titolo stesso aveva già messo le mani avanti: Devilman “crybaby. La caratterizzazione di Miki, estremamente macchiettistica e passiva nella versione cartacea, è l’ennesima scommessa vinta; forza, risolutezza, nobiltà d’animo, un’aura pressoché sacra. Parlando di sacralità, risalta un certo simbolismo cattolico già messo in luce nel manga; si è già detto di demoni tentatori e lussuriosi, ma anche del sesso visto come peccato carnale; non è impensabile, poi, accostare la figura di Miki alla Vergine Maria, o quella di Akira a Gesù… E ci fermiamo qui per non incappare in qualche spoiler.

Devilman Crybaby: l’analisi tecnica

La sceneggiatura del discutibile Ichiro Okouchi è tutto sommato apprezzabile, fatta eccezione per qualche linea di dialogo e qualche sconfortante, ma assai rara, variante trash. Il ritmo complessivo non è dei più memorabili, gravitando come una montagna russa tra momenti morti e accelerazioni improvvise. Croce e delizia, la sceneggiatura non guida particolarmente lo spettatore verso le mete prestabilite; se da un lato si può apprezzare tale scelta poiché non scolastica, dall’altro finisce per provocare straniamento, specie in alcuni passaggi narrativi non eccezionali. Venendo al lato grafico, l’animazione è stata curata dal neo-nato studio Science SARU del già citato regista Masaaki Yuasa e della fidata collaboratrice Eunyoung Choi. E il risultato è sotto gli occhi di tutti.

masaaki yuasa

Ci troviamo di fronte, quindi, al classico stile di marca Yuasa; il character design è minimalista quanto basta, moderno e ragguardevole dal punto di vista delle scelte cromatiche. Ciononostante l’estro di Yuasa risulta più limitato, quantomeno rispetto alle esplosioni di colori dei precedenti lavori; su tutti Kick-Heart, Mind Game ma anche The Tatami Galaxy. Con pieno rispetto verso l’opera originale, il regista non osa poi così tanto, pur degnandoci di deformazioni grottesche e allucinogene sequenze psichedeliche da vera gioia per gli occhi. Le animazioni sono complessivamente molto buone; sebbene la fluidità tanto ricercata, chiaramente, dia il meglio di sé nelle sequenze più action, finendo per zoppicare in quelle più statiche. Qualche gioco di regia in più avrebbe potuto giovare, tappezzando qua e là. Ultima ma non ultima, l’eccellente colonna sonora, che ci guiderà agilmente dalla furia veemente ai momenti più toccanti; e che rispecchia una primitiva globalizzazione del prodotto. Il che non è un difetto: Devilman Crybaby è un’opera rivolta al mondo, nella sua totalità.

Recensione di Devilman Crybaby – conclusioni

In sostanza, tornando alle domande iniziali, Devilman Crybaby è un prodotto pienamente riuscito. A scapito di qualche incertezza tecnica, e nonostante si potesse osare anche di più. Ci dimostra che nulla è intoccabile: con la giusta creatività e le giuste idee, anche il materiale più sacro può vedere nuova luce. E non ci riferiamo mica a come è stata accolta la notizia di una nuova serie tv per Il signore degli anelli. Tornando a Devilman Crybaby, rappresenta anche un nuovo modo di intendere le serie tv animate. Interi episodi sono stati affidati a singoli key-animator (il 4 a cura di Tomohisa Shimoyama, il 9 di Takashi Kojima); con tempi meno stringati, e magari un appoggio più sostanzioso in termini economici da parte di Netflix, nuovi tentativi di questo tipo potrebbero dare risultati anche più strabilianti. Insomma, vincono tutti. Tranne lo spettatore: ammaliato, tradito, infine distrutto psicologicamente.

 

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Devilman Crybaby: Pregi & Difetti

Rating - 9

9

The Good

  • fedeltà concettuale
  • trasposizione più moderna e globale
  • contesto arricchito e variegato
  • i personaggi principali, pur coi loro cambiamenti
  • il character design
  • le animazioni
  • la colonna sonora
  • il doppiaggio

The Bad

  • qualche incertezza nella sceneggiatura
  • qualche incertezza nelle animazioni
  • regia a volte statica

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