Maid: recensione della miniserie Netflix con Margaret Qualley

Netflix torna a far parlar di sé con Maid, una serie appassionante e piena d'umanità

Maid, miniserie Netflix di cui vi proponiamo la nostra recensione è tratta dal memoire di Stephanie Land, diventato un caso editoriale che ha messo in luce le condizioni di povertà e sfruttamento delle lavoratrici americane. Land è scappata da una relazione abusiva quando sua figlia aveva appena nove mesi. Con soli 200 dollari in tasca, qualche buono spesa e senza nessuno che l’aiutasse. È così che ha trovato riparo in un rifugio per senzatetto e che ha iniziato a fare la maid.
La miniserie uscita lo scorso venerdì 1 ottobre riprende le tematiche care all’autrice. Le difficoltà che deve affrontare una ragazza madre alle prese con un lavoro sottopagato, ma necessario. Le guerre combattute in tribunale per l’affidamento e il dover dimostrare di essere una vittima. Anche se non ci sono denunce o reperti medici ad attestarlo.

Le dieci puntate ripercorrono la storia di Alex, dal momento della fuga alla strada che la porta alla di ricerca di se stessa. Dietro alla creazione della miniserie c’è il nome di Molly Smith Metzler, conosciuta nel mondo seriale grazie a Shameless e Orange Is The New Black, e di John Wells che ne è produttore assieme alla Warner. Con un cast di tutto rispetto tra cui spiccano i nomi di Margaret Qualley, Nick Robinson e Andie MacDowell. A pochi giorni dall’uscita Maid sta diventando una serie di punta del catalogo della piattaforma statunitense grazie al suo stile realistico e assente da qualsiasi retorica nel parlare di violenza domestica e della povertà che attanaglia molte persone emarginate dalla società.

Indice

Trama – Maid, la recensione

La decisione di Alex di scappare di casa con sua figlia dal compagno violento è solo l’inizio per lei, pronta a far di tutto per garantire una vita sicura e felice a Maddy.
La possessività di Sean e i suoi scatti d’ira non l’hanno mai fatta sentire al sicuro. Ma la goccia che fa traboccare il vaso avviene quella sera stessa, quando Sean le lancia vicino al viso un piatto di vetro. Né lei né Maddy sono ferite, ma l’assistente sociale la indirizza in un centro antiviolenza abitato e gestito da survivor, donne sopravvissute a episodi di violenza. Alex per prima non crede di essere una di loro, anche se indifesa e spaventata dall’atteggiamento di Sean e dalla sua furia quando è ubriaco.

La ragazza non considera violenza quella di cui è vittima finché non si ritrova ad ascoltare le testimonianze delle altre. Anche se questo vuol dire affrontare il giudizio dei suoi amici e familiari. Scontrarsi con una madre bipolare che sta con un uomo che la truffa facendole credere di amarla. Riavere nella propria vita un padre, ex uomo manesco, che si presenta come un fervente religioso pronto ad aiutarla anche se lei non lo vuole accanto. A questo si vanno a sommare le udienze, le richieste di sussidi inadeguati e insufficienti che non le garantiscono la minima stabilità economica. Ed un lavoro come donna delle pulizie che la porta a visitare le case e le vite degli altri e che sarà, assieme a Maddy, il suo unico appiglio.

La salvezza passa attraverso la solidarietà femminile

La storia di Alex e Maddy mette in luce una situazione allarmante che viene spesso sottovalutata. Anche se rappresenta la quotidianità per molte donne. La showrunner Molly Smith Metzler cerca di sradicare il preconcetto secondo cui gli abusi psicologici di cui Alex è vittima non siano considerati alla stregua della violenza fisica. Lo fa portando sul piccolo schermo una storia che mostra le dinamiche di controllo e di abuso emotivo

I rifugi antiviolenza, la folle burocrazia statunitense che crea più confusione che aiuti concreti, la difficoltà nel dimostrare di essere vittime quando non si hanno evidenti segni sul corpo e il non essere creduta nemmeno da amici e familiari. Uno sviluppo crudele che vede l’alcolizzato Sean come la brava persona che ci sta provando ad essere migliore, ma che dipinge Alex come esagerata e poco paziente, una compagna che non è d’aiuto come le brave fidanzate dovrebbero essere.

Recensione di Maid

Maid. Warner Bros. Television

Il lato oscuro del sogno americano – Maid, la recensione


Presi Maddy, i pochi dollari che aveva e la macchina, Alex accetta il primo lavoro che le capita sotto mano e diventa una colf. Le abitazioni di cui si occupa sono più o meno confortevoli, alcune con dettagli inquietanti e altre lussuose con la camera per i bambini allestita che sembra pronta per finire nel catalogo di un negozio d’arredamento. E mentre pulisce le case degli altri, Alex arranca per mettere qualche soldo da parte.

Maid mette in luce il lato più oscuro dell’America contemporanea. Un Paese che si descrive come il regno delle opportunità che ha fatto del tanto agognato sogno americano il suo motto. Ma la realtà di cui Metzler parla è molto diversa. Se non si nasce in una famiglia benestante, è molto difficile riuscire a costruire la propria strada o, in certe occasioni, avere un tetto sopra la testa. La burocrazia sembra essere pensata appositamente per amplificare il disagio di chi si ritrova in difficoltà, a causa di moduli e richieste per liste d’attesa lunghissime. Affittando le poche abitazioni disponibili anche se fatiscenti e piene di muffa. Aumentando così il numero di persone che non possono permettersi altro se non la propria macchina o un camper nel quale dormire.

La protagonista di cui c’era bisogno – Maid, la recensione


Fra un turno e l’altro, tra una litigata con la madre bipolare e delle speranze che svaniscono in fretta, Alex non smette mai di prendersi cura di sua figlia. Il rapporto tra lei e Maddy è solido e pieno d’amore, ma la protagonista interpretata da una brava ed espressiva Margaret Qualley non cade nel cliché della mamma supereoina, o della madre che si annulla per la propria figlia. Non è solo il pensiero di poter garantire solidità e una vita agiata a Maddy che la fa andare avanti. A farle stringere i denti sono anche le sua ambizioni personali e professionali. Alex è una stacanovista che sogna di andare al college, di avere una bella casa e di essere una scrittrice di successo. Ma non è solo questo. Alex è terribilmente umana. Sbaglia, cade in vecchi e nuovi errori, ma non c’è nessuna condanna per quello che prova.

Alex riesce ad essere una giovane donna con tutti i problemi legati a quell’età. Una mamma single e una figlia premurosa, ma senza cadere in stereotipi e in nessuna retorica.
Maid è una storia ben raccontata che chiede allo spettatore di abbandonare i propri pregiudizi prima di imbarcarsi nella visione. La fuga di Alex porta a galla un passato di violenze nascoste dietro la facciata di una classica famiglia, divisa per cause diverse dagli abusi quotidiani. Paula (interpretata da Andie MacDowell) non riesce ad ammettere di essere stata vittima anche lei di una relazione tossica. Si nasconde dietro atteggiamenti eccentrici e la verve d’artista, un bipolarismo non diagnosticato e dei traumi continui che finge di non vedere. Una storia che si ripete per Alex che riesce a trovare il coraggio per voltare pagina.

Considerazioni finali – Maid, la recensione


Maid è una storia intensa di crescita e di tenacia i cui punti forti risiedono in una narrazione lineare, ma non banale. Menzione d’onore per l’ottimo cast che riesce a reggere il peso del mettere in scena personaggi così complessi. Margaret Qualley e Nick Robinson convincono con le loro interpretazioni di una coppia al limite del baratro. Con una Alex che sgrana gli occhi quando ha paura, ma non si arrende. E uno Sean che passa dal sembrare il bravo ragazzo che si impegna per essere un buon padre e un compagno migliore, all’uomo con il viso distorto dalla rabbia. Un universo fatto di case, tante vite diverse e storie che si intrecciano fanno di Maid una serie da recuperare.


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Maid

Voto - 8.5

8.5

Lati positivi

  • Tematiche affrontate con sensibilità e senza retorica
  • Personaggi sfaccettati e interpretati da attori all'altezza della storia narrata

Lati negativi

  • Alcune piccole incoerenze che possono essere comunque perdonate per esigenze di sceneggiatura

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