Non essere cattivo: recensione del film di Claudio Caligari
Ultimo film diretto dal mai abbastanza compianto Claudio Caligari
Ultimo film della trilogia che ha caratterizzato il suo lavoro, Non essere cattivo consacra definitivamente il cinema d’autore di Claudio Caligari e noi ve ne presentiamo la recensione. Un regista intellettuale, uno degli ultimi verrebbe da dire, che in Italia ha lavorato per contribuire a un cinema di spessore; un cinema che oggi si sta, finalmente, cercando di recuperare (e ce lo testimoniano le ultime produzioni portate avanti in questi anni da registi e produttori impegnati).
Con una candidatura agli Oscar sfiorata, Non essere cattivo si presenta in ogni caso come la degna conclusione della trilogia dell’underground iniziata da Caligari nell’83. Noi di Film Post vi proponiamo la recensione dell’ultimo lavoro del regista, distribuito nelle sale dopo la morte dello stesso Caligari. Un film che ha consacrato nel cinema italiano il lavoro di due attori che al tempo erano praticamente emergenti: Luca Marinelli e Alessandro Borghi, che per questo film ottenne diversi riconoscimenti da parte della critica.
Indice
- Il lavoro di Claudio Caligari
- Un racconto di parte
- La sconfitta degli ultimi
- Il testamento artistico di Caligari
Non essere cattivo recensione
Claudio Caligari non ha avuto molte occasioni per mostrare il proprio estro artistico al pubblico. Scegliendo – volente o nolente – la strada del cinema indipendente, il regista ha avuto modo di lavorare a soli tre lungometraggi durante la sua carriera. Amore tossico, L’odore della notte e Non essere Cattivo formano difatti quella perfetta trilogia che rappresenta l’umanità “quando finisce il mondo pasoliniano”. Perché alla fine è questo che ci viene presentato nei lungometraggi di Caligari, e in particolare che emerge nel suo ultimo film, Non essere cattivo, la cui produzione è stata possibile grazie all’intervento dell’amico e collega del regista, l’attore romano Valerio Mastandrea.
Così, quella stessa umanità bistrattata, periferica e abbrutita presentata per la prima volta in Amore tossico riprende vita in Non essere cattivo; tra le tante citazioni, diegetiche ed extra-diegetiche, il film ci riporta a metà degli anni ’90, nelle borgate romane tanto care al regista Claudio Caligari.
Non essere cattivo recensione: un racconto di parte
Vittorio e Cesare, amici d’infanzia, fratelli di vita, si impongono come i protagonisti assoluti di Non essere cattivo. Interpretati rispettivamente da Alessandro Borghi (Premio NuovoImaie Talent Award – Miglior attore italiano esordiente ) e Luca Marinelli (che per il film otterrà il Premio Pasinetti alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia del 2015), entrambi elogiati da pubblico e critica per la magistrale interpretazione, i due protagonisti ci accolgono nel loro mondo fatto di stenti e speranze disilluse; un mondo in cui la droga, la dipendenza sembrano essere la migliore soluzione per non pensare alla stasi a cui si è costretti. Senza un vero intento moralistico, così lontano dalla cifra stilistica del regista, seguiamo i percorsi singoli di Vittorio e Cesare; percorsi che per un modo o per l’altro finiscono sempre per correre paralleli.
Entrambi traditi dalla vita, che li ha voluti inserire in un contesto governato dalla vuotezza, cercano di sottrarsi da questa situazione così annichilente sfruttando ogni occasione per sballarsi; vivere la vita così come viene, senza pensare al domani, con l’unico scopo di sbarcare il lunario. Si tratta di una costruzione ad hoc di quella che era la vita di borgata; di quella vita tanto post-pasoliniana ma tanto realistica alla quale Caligari stesso ha preso parte, muovendosi tra sottotrame e storie minori; in quello che per tanti è stato definito come l’underground. Perché quello che Caligari ci presenta in Non essere cattivo è solo una porzione del mondo; sicuramente lontano dall’identità borghese che ancora imperversa al tempo, ma altrettanto vera e sicuramente più dura.
Non essere cattivo: la sconfitta degli ultimi
Tra un mondo disadattato e crudele, Caligari riesce a dipingere una realtà cruda e realistica, rappresentando in maniera magistrale un mondo totalmente allo sbando. Con una sceneggiatura curata al dettaglio (realizzata dallo stesso Caligari, con l’aiuto di Francesca Serafini e Giordano Meacci), la storia di Non essere cattivo prosegue canalizzando la sua potenza emotiva verso lo spettatore. I silenzi, studiati nel minimo particolare, accompagnati alle lunghe inquadrature del litorale di Ostia ci restituiscono un quadro quasi poetico; allo stesso tempo i dialoghi tra i personaggi sono intrisi di un realismo sconcertante. Lontano da ogni artificio, ciò che Non essere cattivo restituisce è un senso generale di sconfitta. Vittorio, presa consapevolezza della sua esistenza allo sbando, cerca di tirarsene fuori; ma allo stesso tempo resta ancorato al passato.
A un passato condiviso con l’amico di una vita, quel Cesare che invece non riesce a distaccarsi dalla vita che tanto lo ha segnato, che lo ha privato di una sorella e che continua a mettere il coltello nella piaga ad ogni occasione. Cosa ci restituisce Caligari? Un senso di sconfitta; il crollo di ogni ideologia, compresa quella del lavoro, sulla quale il film sembrava costruirsi. Lascia aperto uno spiraglio però. Perché dove uno ha fallito, l’altro è riuscito ad emergere. Cesare e Vittorio hanno avuto vite parallele, che pur incrociandosi e proseguendo sulla stessa strada si sono alla fine diramate. Una verso la realizzazione di sé, verso un futuro magari non appagante ma che forse poteva essere l’unica via d’uscita. L’altra verso la distruzione, l’annichilimento e la mancata forza di rimettersi in piedi.
Il testamento artistico di Caligari – Non essere cattivo recensione
Dopo Amore tossico e L’odore della notte, Caligari conclude così la sua carriera con Non essere cattivo. Il film, quasi un lascito, un testamento del regista, trionfa a Venezia. Qui, presentato fuori concorso, riesce ad ottenere alcuni dei maggiori riconoscimenti da parte della giuria. Allo stesso tempo, ai David di Donatello ottiene ben sedici candidature, ottenendo il premio per il Miglior Sonoro. Infine – oltre altri riconoscimenti – viene consacrato con il Nastro d’argento per il Miglior Film, per poi essere escluso dalla short list degli Oscar.
Tanti i riconoscimenti, e tanti i giudizi che si sono susseguiti sull’opera del regista, che ha regalato al cinema italiano uno dei rari prodotti di alta qualità degli ultimi anni. Con una regia essenziale, che ha saputo coniugare perfettamente il clima post-pasoliniano con uno stile concreto, fatto di sofferenza, sacrifici e rari cambi di rotta. E ciò ha dato modo ai due interpreti principali, i già citati Alessandro Borghi e Luca Marinelli di dar vita a due personaggi talmente reali da lasciare un segno. Una interpretazione, quella di entrambi i giovani attori, assolutamente rimarchevole; decisamente in linea con tutto il film.
Non essere cattivo
Voto - 8.5
8.5
Lati positivi
- Ottima sceneggiatura e ottima regia
- Interpretazione di Borghi e Marinelli degna di nota
- Mondo di borgata rappresentato alla perfezione