Pearl: recensione del nuovo horror di Ti West – Venezia 79

In questo prequel di X: A Sexy Horror Story viene esplorato il passato di Pearl, la tenera vecchina che adora squartare la gente

Dopo l’inaspettato successo di X: A Sexy Horror Story, a neanche un anno di distanza arriva il prequel completamente incentrato sul personaggio interpretato da Mia Goth. Pearl, di cui vi proponiamo la recensione, è stato presentato fuori concorso alla 79 mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed è la storia dell’anziana che terrorizzava la troupe intenta a girare un porno nel film precedente e che, nonostante i chili di trucco la rendessero irriconoscibile, era interpretata dalla stessa protagonista. Tutto è nato da un esercizio di sceneggiatura di Mia Goth, che nello scrivere per diletto il background del suo villan, ha dato vita ad una storia così consistente da portare il regista a girare un altro film.

Pearl, prodotto sempre da A24, è stato realizzato contemporaneamente ad X durante la pandemia e seppure i due progetti appaiono molto differenti, è un approfondimento più che valido di quanto già mostrato. Tante tematiche già ravvisate nella pellicola precedente vengono qui approfondite e sviscerate in ogni loro aspetto, concentrandosi più sul background psicologico dei personaggi che sul discorso metanarrativo relativo al cinema ed il genere horror. 

pearl recensione

Pearl, A24

Indice

Trama: una ragazza ingenua e pericolosa – Pearl recensione

Pearl è una giovane ragazza con il sogno di diventare una stella del cinema. Sin da quando è bambina ha vissuto nella fattoria di famiglia assieme ai genitori, immersa tra la natura e gli animali. Nonostante il tempo passi e la ragazza cresca, i suoi sogni d’infanzia restano gli stessi e si scontrano costantemente con l’astio della madre, insofferente dinanzi all’atteggiamento speranzoso della figlia. Da tempo, inoltre, il padre è caduto vittima dell’influenza spagnola, lasciando madre e figlia sole a prendersi cura della casa e di lui, ormai bloccato su una sedia a rotelle. Pearl è anche sposata con Howard, partito al fronte per combattere la prima guerra mondiale che sembra stia volgendo al termine.

Nonostante le continue lettere che i due si scambiano, la ragazza soffre l’assenza del suo amato e i film che proiettano di tanto in tanto al cinematografo sono il suo unico rifugio da una vita che non sente sua. Quando un gruppo della chiesa organizza una gara per trovare una nuova ballerina da aggiungere al gruppo, Pearl non può farsi sfuggire la sua occasione. Disposta a tutto pur di raggiungere i suoi obiettivi, dovrà vedersela con l’opposizione della madre che non ha la minima intenzione di scendere a compromessi.

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Pearl, A24

Il sanguinolento mago di Oz – Pearl recensione

Se X prendeva ispirazione a piene mani dal cinema slasher e di Tobe Hooper, l’immaginario di Pearl fa un salto indietro nel tempo mirando ai melodrammi di Douglas Sirk ed al cinema in Technicolor. La fotografia accentua al massimo i colori, dai costumi alle scenografie, creando un’atmosfera irrealistica e cartoonesca, le transizioni a iris e la recitazione caricata di Mia Goth sono un chiaro omaggio al cinema degli anni 50′ che definisce l’immaginario dell’intero film. Se il citazionismo di X era però giustificato dal suo ragionare sul genere ed il medium, Pearl punta alla confezione, ad un’estetica che si collega a doppio filo all’ambientazione ma non è sostenuta da nient’altro. Non è un limite ciò per il film, che così come il precedente nella prima ora prepara il terreno per quanto verrà dopo e che sostituirà l’idillio con un bagno di sangue.

Pearl è infatti la classica ragazza ingenua (e tutt’altro che innocente), che discute con la sua mucca Charlie e si bea tra la natura e gli animali, nascondendo un lato oscuro pronto a scoppiare in una furia omicida. Non è una sorpresa per lo spettatore che conosce già il futuro della protagonista e ciò nonostante la costruzione del personaggio non è assolutamente scontata. La ragazza è incapace di accettare il fallimento ed una vita diversa da quella che aveva immaginato, disposta a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Il legame con Maxine (protagonista di X) è quindi reso ancora più evidente e le analogie tra i due personaggi, entrambi provenienti da un nucleo familiare limitante e conservatore, rendono il prequel un approfondimento per nulla superfluo viste le premesse da cui parte.

Nosense o assenza di raziocinio – Pearl recensione

La componente metanarrativa è ancora presente, ma decisamente più sottile e meno giustificata. Il tutto si ambienta infatti durante un’epidemia di spagnola, i personaggi indossano le mascherine persino al cinema e si isolano per paura di contrarre il “germe” ripetendo più e più volte il fastidio causato dall’influenza. I continui riferimenti al virus appaiono però ridondanti e superflui, privi di una reale utilità. Decisamente più interessante è il tono, costantemente in bilico tra ironia ed inquietudine, anche grazie alla performance spettacolare di Mia Goth, motore dell’intero film. La pazzia è un arma a doppio taglio e può scatenare tanto una risata quanto spaventare per la totale assenza di raziocinio. Il tutto rimanda quindi alla soggettività del pubblico che potrebbe tanto straniarsi dinanzi alla follia delirante di Pearl, quanto ridere delle sue stranezze.

La regia di Ti West quindi continua a sorprendere confezionando un film decisamente più digeribile rispetto al precedente, ma che forse ha meno da dire. Probabilmente Pearl incontrerà più facilmente il favore del pubblico grazie ad un estetica più affascinante ed una maggiore attenzione alla costruzione e l’approfondimento dei personaggi a discapito della componente metacinematografica che ci aveva fatto tanto apprezzare X. Sorge naturale chiedersi quale sarebbe l’idea per il soltanto accennato terzo capitolo, che a questo punto, se mai uscirà, accoglieremo a braccia aperte.

pearl recensione

Pearl, A24

Pearl

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • La performance straordinaria di Mia Goth
  • Costantemente in bilico tra comicità e inquietudine

Lati negativi

  • I riferimenti metanarrativi non sono giustificati

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