Priscilla: la recensione del film di Sofia Coppola – Venezia 80

Sofia Coppola porta al Lido il racconto della storia d'amore e del matrimonio tra Priscilla ed Elvis Presley. Concorso

Al Lido è arrivato il giorno di Priscilla (qui il trailer), film con cui Sofia Coppola torna in Concorso alla Mostra del Cinema dopo la vittoria del Leone d’Oro con Somewhere nel 2010, quando la giuria era presieduta da Quentin Tarantino. Coppola torna al Lido per raccontare la storia d’amore, travolgente e tormentata, tra Elvis e Priscilla, adattando il memoir Elvis and Me firmato dalla stessa Presley con Sandra Harmon. Un’autobiografia che spazia dall’incontro tra i due a Wiesbaden, in Germania, dove lui era stato chiamato per il servizio militare, agli anni trascorsi a Graceland. Quando Priscillia Beaulieu ed Elvis Presley si conoscono lei ha solo 14 anni e lui è già una stella affermata del rock’n’roll, di dieci anni più grande. Quello che segue è un racconto che è la cronaca di un amore passionale e problematico, narrato dal punto di vista di Priscilla, che seguiamo in una sorta di “coming of age” da ragazzina innamorata a donna animata dal desiderio di liberarsi da quella che è diventata a tutti gli effetti una prigione, nemmeno troppo dorata. Coppola affida il ruolo di Priscilla a Cailee Spaeny (Omicidio a Easttown) e quello di Elvis a Jacob Elordi (Euphoria).

Indice:

La trama

Quando l’adolescente Priscilla Beaulieu incontra a una festa Elvis Presley, l’uomo, che è già una superstar del rock’n’roll, nel privato le si rivela come qualcuno di completamente diverso: un amore travolgente, un alleato nella solitudine e un amico vulnerabile. Attraverso gli occhi di Priscilla, Sofia Coppola ci racconta il lato nascosto di un grande mito americano, nel lungo corteggiamento e nel matrimonio turbolento con Elvis. Una storia iniziata in una base dell’esercito tedesco e proseguita nella sua tenuta da sogno a Graceland. Una storia fatta di amore, sogni e fama.

priscilla recensione

The Apartment, American Zoetrope, Standalone Pictures

Il racconto di un amore tossico in un film in cui il lato tecnico sopperisce alle mancanze narrative – Priscilla, la recensione

Dopo Elvis di Baz Luhrman e il suo tripudio di sollecitazioni sensoriali, è interessante assumere il punto di vista di Priscilla nel film di Sofia Coppola, dai toni decisamente più sobri. Coppola conferma di essere una regista che sa raccontare le figure femminili con uno stile inconfondibile, che parla per immagini in maniera unica. Colpisce come una semplice inquadratura, minuziosamente efficace nella sua composizione, sia in grado di comunicare lo stato d’animo e il sentire di un personaggio. Dettagli, addirittura semplici oggetti, che parlano per Priscilla e che ci fanno vedere coi suoi occhi, percepire col suo cuore.

Ed è proprio l’estrema cura di ogni singola componente visiva, armonizzata in grande equilibrio grazie a un ottimo lavoro sul versante fotografia, scenografia e costumi, a venire in soccorso ad un film che non sempre riesce a penetrare sotto la superficie, ad andare a fondo della complessità dei personaggi. Il ritratto di Elvis è crudo e brutale, non c’è timore nel mostrare i lati oscuri del Re del rock, che emerge come un uomo e un compagno manipolatore e prevaricante. Un uomo che vive nel (e del) suo stesso mito, sacrificando Priscilla al ruolo di colei che deve tener acceso il focolare domestico e nulla più. L’amore tenero e fatto di condivisione dei primi tempi in Germania lascia spazio a un rapporto sbilanciato: lui è il centro del mondo, lei una sua appendice. E se il racconto di un amore tossico, avvelenato dalle nevrosi e dagli scatti d’ira di Elvis, effettivamente emerge, non si scava quasi mai nelle ragioni psicologiche di tali comportamenti, con un conseguente affievolimento della partecipazione emotiva.

La riflessione di  Sofia Coppola su Priscilla Presley, e in generale sul femminile, non riesce ad essere rilevante fino in fondo

Il lavoro di Sofia Coppola sui suoi attori protagonisti è invece piuttosto notevole, esaltato da un’ottima attenzione dell’inserimento dei corpi degli interpreti nello spazio. Cailee Spaney e il suo fisico minuto sono costantemente sovrastati tanto dalla corporatura massiccia di Jacob Elordi quanto dal forte contrasto con gli ampi spazi delle lussuose stanze di Graceland. Scelte che acuiscono e caricano d’impatto la percezione della Priscilla bambina, disorientata e spaesata in un ambiente che non le appartiene e popolato da persone che spesso e volentieri la respingono, facendole capire che quello non è il suo posto (emblematica, in questo senso, la figura di Vernon, il padre di Elvis).

Purtroppo il problema principale risiede nel trattamento riservato alla protagonista, di cui non emerge l’evoluzione. Un problema che, per estensione, si allarga su una riflessione sul femminile in generale. Priscilla è sempre raccontata in relazione ad Elvis, mai come figura autonoma. Una criticità che emerge con lampante chiarezza soprattutto in un finale affrettato nei tempi e approssimativo in quello che avrebbe dovuto essere il culmine di un percorso di affrancamento e affermazione.

priscilla recensione

The Apartment, American Zoetrope, Standalone Pictures

 

 

Priscilla

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Il lavoro di Sofia Coppola sugli attori protagonisti e tutto il comparto tecnico tra fotografia, costumi e scenografie
  • Il racconto per immagini, con inquadrature in grado di comunicare efficacemente lo stato d'animo dei personaggi

Lati negativi

  • Il film di Sofia Coppola pecca per un approfondimento psicologico non sempre all'altezza
  • Il finale è troppo frettoloso

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