Rapiniamo il Duce, la recensione: il film di Renato De Maria con Matilda De Angelis e Pietro Castellitto

L'heist movie italiano che prova a ricordarci Tarantino: Rapiniamo il Duce è disponibile su Netflix dal 26 ottobre

Appena letto il titolo e visto la locandina ho subito pensato “ecco hanno fatto il Bastardi senza gloria italiano“. Sulla scia di lavori recenti, come Freaks Out di Gabriele Mainetti, il cinema italiano ci fa respirare una ventata hollywoodiana mettendo da parte il dramma e la commedia classica per dedicarsi a generi di maggior gusto internazionale. Ma andiamoci con la dovuta cautela e facciamo un passo per volta. Perché innanzitutto Rapiniamo il Duce seppur in una veste più pretenziosa, adotta molto i tempi e i ritmi della commedia. Il titolo riassume tutta l’ironia e lo spirito del film. Ci troviamo a Milano, sono gli anni finali della dittatura fascista, il Duce si prepara alla fuga. Un gruppo di reietti contrabbandieri viene a scoprire dell’esistenza di un vero e proprio tesoro in mano ai fascisti.

Da qui il diabolico piano per rapinare il Duce prima della sua fuga approfittando della crisi generale. E se sul piatto c’è anche l’amore per una donna, allora la posta in gioco diventa veramente alta. Il film è diretto da Renato De Maria (Lo spietato, 2019). Nel cast figurano tra i protagonisti Pietro Castellitto, Matilda De Angelis, Isabella Ferrari e Maccio Capatonda. Sostanzialmente un heist movie sulla falsa scia del mito tarantiniano a cui si ispira anche nello stile narrativo e nella ricerca dei ritmi. Lo abbiamo visto in anteprima alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma per voi. Se siete curiosi non vi resta che proseguire con la lettura della nostra recensione di Rapiniamo il Duce (qui il trailer).

Indice:

La trama – Rapiniamo il Duce recensione

Siamo a Milano nel fatidico aprile del 1945. Sono gli ultimi atti del secondo sanguinoso conflitto mondiale. In Italia resiste ancora la dittatura mussoliniana, ormai messa alle strette dalla Resistenza interna e dai bombardamenti degli alleati. Sullo sfondo di una città tumultuosa e distrutta dalla guerra, un gruppo di dissidenti trama un piano alle spalle del Duce. A capo di tutti c’è il trafficante di armi numero uno in città conosciuto, anche con il nome di Isola (Pietro Castellitto) dal momento che solitamente lavora da solo. O quasi. Dopo aver accidentalmente perso un grande scorta di armi Isola inizia a pensare in grande per assicurarsi un futuro roseo almeno dal punto di vista economico.

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Rapiniamo il Duce. Netflix, Bibi film

Architetta così un furto ai danni del Duce che sembra avere una scorta di oro e gioielli nascosti proprio a Milano, pronti per la fuga in Svizzera. Il tesoro si trova nella black zone e non sarà facile entrarci, almeno non senza l’aiuto di fidati alleati che Isola recluta per la città creando una vera e propria banda clandestina. Parallelamente a ciò prosegue la sua segreta storia amorosa con la bella Yvonne (Matilda De Angelis), amata di nascosto anche dal gerarca e carnefice fascista Borsalino che ha giurato di avere la testa di Isola se non lascerà la contesa per la fanciulla. La posta in gioco è alta tra ricchezze ed amore. Isola è disposto a giocarsi il tutto per tutto mettendo a rischio la sua vita e sa che non avrà altre grandi occasioni di avere definitivamente Yvonne ed il tesoro del Duce.

Analisi in breve – Rapiniamo il Duce recensione

Sono onesto, mi piace l’intraprendenza del cinema italiano nel creare opere più ambiziose e diverse dal solito anche se poi la commedia o il dramma classico riescono sempre meglio. L’aria hollywoodiana se respirata fa girare la testa ma potrebbe essere rischioso ispirarsi a modelli che non appartengono al nostro cinema. Mi sono seduto alla proiezione di questo film ripensando proprio a Freaks Out, film esteticamente godibile (tranne la confusionaria sparatoria finale) ma che non brilla più di tanto al livello di sceneggiato, pur avendo personaggi geniali e complessi. Rapiniamo il Duce ha avuto in effetti un impatto simile, almeno per il sottoscritto. Esteticamente valido con una ricostruzione storica abbastanza accurata eccetto qualche piccola sbavatura/licenza artistica come far cantare nel 1945 la cover italiana made by Caterina Caselli di Paint it black dei Rolling Stones. 

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Rapiniamo il Duce. Netflix, Bibi film

Pur narrando una storia, Rapiniamo il Duce descrive bene gli ambienti e le atmosfere di quel periodo, i movimenti della Resistenza, i messaggi cifrati, le paure, i desideri, gli amori clandestini. Partecipa alla resa di questa cornice del periodo una buona ricostruzione scenografica sia negli interni che negli esterni grazie anche ai costumi, agli oggetti e luci di scena. Ovviamente le vedute aeree su Milano sono ricostruite con una CG tutto sommato neanche troppo invasiva. Il versante tecnico dunque funziona, è convincente e ci ha fatto ambientare alle atmosfere del periodo consentendoci di godere meglio della storia. Decisamente buono anche il comparto musicale e sonoro.

Cosa non ci convince

Diverso il discorso invece per quanto riguarda il versante contenutistico. Al livello di trama è la solita storia su due binari. Un piano da architettare con il reclutamento di vari professionisti esperti in settori differenti. C’è quello che sa maneggiare gli esplosivi e il pilota provetto di auto. E tutta la storia è la preparazione del piano fino al fatidico colpo con i classici e dovuti incidenti di percorso. Forse serviva variare qualcosa per evitare di adottare sempre la stessa formula vista e rivista in ogni film in cui una banda progetta un piano (la saga di Ocean’s ha fatto la storia in tal senso).

Ma ancora più perplessi ci ha lasciato la qualità recitativa e la caratterizzazione troppo sbilanciata di alcuni personaggi. Si va da quello eccessivamente stereotipato (ovviamente interpretato da Maccio) a quello più piatto ed anonimo. Nella sostanza per i 98 minuti di girato il film scorre relativamente bene ma veramente non ci è sembrato di vedere nulla di nuovo senza considerare svariate cadute di stile facilmente evitabili. Rapiniamo il Duce ha sicuramente un buon ritmo, complice anche la narrativa ispirata (probabilmente) dallo stile tarantiniano (gli spezzoni a fumetti ci hanno ricordato Kill Bill). Difficile definirlo un film divertente ed emozionante.

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Rapiniamo il Duce. Netflix, Bibi film

Le nostre conclusioni

In definitiva Rapiniamo il Duce è una pellicola godibile che va bene più per provare a farsi qualche risata che per pensare di vedersi qualcosa che poi rimanga veramente dentro. La storia decisamente poco innovativa per come è stata strutturata non regala grosse emozioni e colpi di scena. Tutto rientra bene o male nelle aspettative iniziali. Una maggior qualità recitativa di parte del cast avrebbe risollevato non poco la situazione, specie in quelle scene dove il dialogo tra personaggi diventa fondamentale per conquistarsi il pubblico (Tarantino qua è maestro inimitabile). Un heist movie dal sapore action con i toni tipici della commedia, a volte fin troppo dissacranti (alcune battute di Maccio erano evitabili).

Ci sono anche amore e romanticismo ed una vena di dramma relegata soprattutto alle figure femminili (la più intrigante è quella interpretata da Isabella Ferrari) che non guasta mai. Una storia che vi terrà compagnia per poco più di un’ora e mezza, adatta se avete voglia di vedervi qualcosa di leggero senza troppo impegno e soprattutto pretese. Il film, presentato il 15 ottobre in anteprima alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma, è stato prodotto da Netflix. Disponibile in streaming su piattaforma (evitando anche ansie da botteghino) a partire dal 26 ottobre 2022.

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Rapiniamo il Duce

Voto - 6

6

Lati positivi

  • Ricostruzione scenografica, costumi
  • Sonoro

Lati negativi

  • Soliti schemi
  • Recitazione di alcuni discutibile

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