Un altro giro: recensione del film vincitore dell’Oscar con Mads Mikkelsen

La recensione di "Un altro giro", film vincitore del premio Oscar come miglior straniero

Quello tra il regista Thomas Vinterberg e l’attore Mads Mikkelsen è un sodalizio che ha mostrato di funzionare bene anche in passato (Il sospetto, 2012). Per tale motivo siamo stati più che felici nello scoprire che Un altro giro, di cui vi proponiamo la recensione, avrebbe visto il ritorno dei due più una serie di altri attori feticcio del regista danese. Grazie a questa pellicola, dopo l’anno della Corea con Bong-Joon ho ed il suo clamoroso Parasitel’edizione 2021 degli Oscar ha portato la statuetta del miglior film straniero in Danimarca. Un altro giro è una storia drammatica su uno dei più grandi vizi e nemici dell’uomo, soprattutto nei paesi nordici: l’alcool.

Quattro insegnanti di liceo più o meno insoddisfatti della loro esistenza decidono di sperimentare un nuovo approccio alla quotidianità bevendo alcolici ogni giorno per aumentare l’autostima, essere più spigliati e creativi… In poche parole per avere più successo nella vita di tutti i giorni. Sebbene ci sia un iniziale beneficio la situazione, come ci si può aspettare, sfugge rapidamente di mano e le conseguenze non sono affatto piacevoli. Se siete curiosi di conoscere il nostro pensiero su Un altro giro di Thomas Vinterberg con Mads Mikkelsen non vi resta che proseguire con la nostra recensione.

Indice:

Trama

Quattro insegnanti delle superiori insoddisfatti della loro vita personale e lavorativa decidono di testare una teoria secondo cui il nostro corpo nasce con un deficit di 0,05% di tasso alcolemico. Dopo averne discusso una sera a cena i quattro amici Martin, Nikolaj, Anika e Tommy decidono di sperimentare questa tesi sulla loro pelle. Lo scopo è vivere in un costante stato di ubriachezza per essere più creativi ed intraprendenti, avere più successo al lavoro ed in generale nell’interazione con le altre persone. Si beve tutti i giorni, in modica quantità, alcool vietato la sera e nel weekend. Ispirati da personaggi storici noti per essere anche grandi bevitori, come Hemingway e Churchill, i quattro insegnanti iniziano ad avere i primi effetti benefici di questo stato di costante euforia alcolica.

Anziché combattere un problema diffuso tra i loro studenti i nostri protagonisti ci si gettano a capofitto. Stupefatti dai risultati positivi sia in ambito lavorativo che nella vita privata Martin, Nikolaj, Anika e Tommy decidono di proseguire con la loro sperimentazione. Facendolo aumentano il tasso alcolemico sempre di più. Ma oltre ad andare incontro ad una vera e propria dipendenza l’alcool mostra i primi effetti negativi, soprattutto al livello delle interazioni sociali. In un vortice apparentemente irreversibile i quattro amici mettono sempre più a rischio quello che hanno di più caro: la vita. Quale è il senso allora se il gioco non vale la candela?

Analisi del film – Un altro giro, la recensione

Un altro giro analizza da molto vicino un grave problema come l’abuso di alcool, soprattutto in un paese nordico come la Danimarca. La riflessione centrale di tutta la vicenda si basa in larga parte sulla teoria della fallibilità di Kierkegaard, citata proprio durante il film. L’uomo deve necessariamente avere la consapevolezza di non essere infallibile, deve altresì esporsi alla possibilità di fallire, accogliere il fallimento per amare la vita e le altre persone. In una società che ci spinge alla perfettibilità di qualsiasi aspetto ci riguardi, dal taglio di capelli al successo lavorativo, essere sé stessi, sbagliare, errare ed ammettere di non farcela non è da tutti. È questo se vogliamo il problema esistenziale che si pongono i nostri quattro protagonisti sulla soglia della mezza età.

Insoddisfatti della loro vita relazionale e lavorativa ed, in generale, del loro modo di stare al mondo, decidono, con la scusa di eseguire un esperimento scientifico, di migliorare le loro performance ricorrendo all’alcool. Sale il tasso alcolemico e scendono le maschere; Martin diventa un professore spigliato ed arguto, riconquista l’interesse e l’ammirazione della sua classe. Ma soprattutto riscopre la relazione amorosa con sua moglie, finita da tempo in crisi. Se inizialmente vediamo effettivamente gli aspetti positivi di questa ebrezza continua la seconda metà del film, come c’è da aspettarsi, ci smentisce. Ma Un altro giro è meno scontato di quello che sembra; niente è bianco o nero, le situazioni e e le decisioni prese dai protagonisti sono tutte apertamente opinabili e discutibili.

Le possibili chiavi interpretative – Un altro giro, la recensione

L’alcool è un nemico per l’uomo ma può avere anche dei benefici se assunto in modica quantità? È possibile evitare il rischio di cadere in una vera e propria dipendenza riuscendo controllarsi? Tante domande, nessuna risposta precisa, tranne quelle che si trova a dare lo spettatore assistendo alla vicenda raccontata in 118 minuti di girato. Siamo quello che realmente pensiamo di essere o usciamo allo scoperto solo quando beviamo un po’? Può l’alcool effettivamente renderci più creativi e migliorare il nostro approccio alla vita quotidiana? Mentre Trainspotting di Danny Boyle cassava categoricamente l’eroina come una sostanza nociva il film di Thomas Vinterberg si muove attraverso diverse sfumature di grigio. Il compito di trovare le risposte è lasciato allo spettatore e al suo buon senso.

Il film arriva quasi a provocarci ed a farci pensare se effettivamente la nostra vita possa migliorare mantenendo un tasso alcolemico al di sopra dello zero. Troviamo soluzione a tutte i nostri dubbi proprio ritornando al principio di fallibilità enunciato da Kierkegaard. Siamo esseri fallibili, ci muoviamo in un mondo dove ci sono infinite scelte e modi di agire e la possibilità di poter sbagliare ci rende angosciosi ma allo stesso tempo rappresenta ciò che ci rende vivi e ci permette di apprezzare meglio il mondo. Il film, che inizialmente sembra essere unicamente un processo all’abuso alcolico, si rivela essere piuttosto una grande riflessione esistenziale, che prescinde anche dall’alcool in quanto tale. Il vero problema siamo noi, il nostro modo di volerci perfetti e infallibili, il nostro non accettarsi per quello che siamo. E l’alcool non può di certo rappresentare un’efficace via di fuga.

Un altro giro recensione

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Considerazioni finali – Un altro giro, la recensione

Non possiamo che essere entusiasti dell’ultima opera di Thomas Vinterberg con uno splendente Mads Mikkelsen come non lo si vedeva dai tempi de Il Sospetto. I numerosi premi ricevuti, oltre all’ambito Oscar, sono la riprova dello straordinario lavoro che è stato svolto. Guidato anche dalla scomparsa della figlia, avvenuta pochi giorni dopo l’inizio delle riprese, il regista danese ci regala una pellicola che ci fa capire quanto sia importante la nostra vita nonostante tutti i problemi e quanto sia facile perdere tutto in poco tempo. Pur avendo toni e contenuti drammatici l’intreccio scorre piacevolmente anche grazie alla leggerezza con cui è stato girato gran parte del film. Una storia mai banale che provoca costantemente il pubblico, divertendolo ed affascinandolo allo stesso tempo.

E proprio sulla filosofia di fondo di Un altro giro che ci è venuto spontaneo fare un paragone diretto con quella che sorregge invece American Beauty di Sam Mendes, film incentrato sulla bellezza della vita in quanto tale e sulla semplicità delle piccole cose. La ricerca della perfezione e del successo non è la chiave di nulla, solo un’illusione che domina tiranna la mente dell’uomo, disposto a compromettere anche la propria salute pur di avere successo. Un altro giro affronta non solo le problematiche dell’alcool ma, più in generale, la percezione che gli individui hanno di loro stessi e la loro intolleranza per gli insuccessi personali. Vinterberg ci fornisce una fotografia dai colori volutamente sbiaditi che raffigura la vita di quattro persone in cerca del loro posto nel mondo e nelle vite degli altri.

Un altro giro

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • La sceneggiatura
  • L'interpretazione di Mikkelsen

Lati negativi

  • I toni in alcuni frangenti risultano meno drammatici di quanto ci si potrebbe aspettare e questo spezza un po' la "tensione"

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