The Undoing: recensione della miniserie con Hugh Grant e Nicole Kidman

Su Sky la serie mistery crime diretta da Susanne Bier

L’offerta seriale di Sky ha sempre un occhio di riguardo per le produzioni di valore. The Undoing, miniserie HBO diretta da Susanne Bier di cui vi proponiamo la recensione, non fa eccezione. Hugh Grant e Nicole Kidman sono i protagonisti di un thriller in sei episodi che porta la firma di David E. Kelley, creatore della serie di successo Big Little Lies. Anche qui abbiamo facoltosi esponenti dell’alta società, una scuola che forma futuri giovani di successo, famiglie apparentemente perfette e un groviglio sempre più torbido di bugie. The Undoing condivide con Big Little Lies anche Nicole Kidman, ancora una volta impegnata nel ruolo di una madre alle prese con gli sconvolgimenti di una vita familiare perfetta solo in apparenza. The Undoing è tratta dal romanzo di Jean Hanff Korelitz You Should Have Known, edito in Italia nel 2016 col titolo Una famiglia felice.

Nell’Upper East Side di New York, Grace Fraser vive la vita che ha sempre desiderato. È una terapista di successo ed è sposata con Jonathan, un rinomato oncologo pediatrico, marito e padre modello di Henry, il loro figlio dodicenne. Le certezze di Grace crollano in una notte, dopo la morte violenta di Elena, una giovane madre il cui figlio frequenta la stessa scuola di Henry. L’omicidio di Elena porta a galla una rete fittissima di segreti e bugie che coinvolgono Jonathan in prima persona e, inevitabilmente, la vita pubblica e privata della stessa Grace. Nel cast, accanto a Nicole Kidman e Hugh Grant, anche Donald Sutherland, Noah Jupe, Matilda De Angelis, Edgar Ramirez, Lily Rabe e Ismael Cruz Cordova. La miniserie diretta dal premio Oscar Susanne Bier è disponibile integralmente su Sky e Now Tv, sia nella versione originale sottotitolata che doppiata in italiano.

Indice:

You shoud have known – The Undoing, la recensione

Il romanzo da cui The Undoing trae ispirazione ha un titolo piuttosto evocativo e che, preso in considerazione a miniserie terminata, finisce per suggerire una chiave di lettura piuttosto forte. You Should Have Known, avresti dovuto saperlo. Soprattutto se accostato al titolo stesso dell’adattamento ad opera di David E. Kelley che, tradotto letteralmente, significa disfacimento, annullamento. Il disfacimento di una famiglia le cui fondamenta si sgretolano sotto i nostri occhi, l’annullamento di ogni certezza di Grace. Di Grace, di Henry, dello stesso Jonathan in qualche modo; di un modello di società che ha fatto della ricerca della perfezione, dei privilegi e delle possibilità illimitate un vero e proprio baluardo. E che quando si ritrova a dover fare i conti con i propri fallimenti privati soccombe sotto i colpi di un’esposizione pubblica che non può evitare.

Quello you should have known, invece, è tanto uno strumento interpretativo chiave per lo spettatore quanto una sorta di ammonimento al personaggio di Grace. Più volte nel corso della serie ci viene ripetuto che la caratteristica principale di Grace è la capacità di saper leggere le persone, di comprenderle fin nel profondo e, come terapista, di guidarle nel loro percorso. Da un lato si intuisce come Grace sia una professionista capace e preparata; dall’altro, nell’ambito privato, quelle stesse doti che la rendono una psicologa clinica esperta sembrano farle difetto. O quantomeno, sembra che Grace non sappia avvalersi di quegli strumenti quando si tratta di leggere e comprendere le persone che le stanno accanto. Una mancanza con cui dovrà fare i conti per tutta la serie e che si rivelerà, per lei stessa, molto pericolosa.

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The Undoing. Blossom Films, David E. Kelley Productions, HBO Original Programming, Made Up Stories

Whodunit

Un whodunit è un giallo dalla struttura classica, spesso con una trama piuttosto complessa, con un enigma da risolvere e un colpevole da identificare. Lo spettatore si ritrova con una serie di indizi e suggerimenti che spesso lo portano a risolvere il caso prima del climax finale e della rivelazione. Come accennato all’inizio della nostra recensione, The Undoing è un thriller con i tratti tipici del whodunit; la storia poi, di per sé, non è particolarmente originale. C’è un delitto da risolvere e un sospettato numero uno su cui la polizia concentra le attenzioni. Le vicende si svolgono in modo che ciascun personaggio sulla scena, agli occhi di chi guarda, sia un possibile responsabile, un assassino sanguinario e brutale. Per i primi tre episodi questo meccanismo funziona molto bene; lo storytelling è solido così come la scrittura dei vari personaggi, dai principali a quelli secondari.

Ci si diverte a cogliere indizi e suggestioni e la regia indagatrice di Susanne Bier (primi piani, inquadrature di quinta, dettagli) accompagna in un lavoro certosino di analisi. Dal quarto episodio in poi la tensione crescente lascia spazio a tempi esageratamente dilatati, troppi flashback pretestuosi e plot twist introdotti male e lasciati cadere nel vuoto. Fino ad arrivare all’episodio finale, dove il personaggio di Jonathan è protagonista di uno sviluppo fulmineo e approssimativo e il climax nasce e muore in dieci minuti. Inspiegabilmente pochi, a fronte di un minutaggio corposo a disposizione per gestire al meglio tutti gli sviluppi. The Undoing corre sul finale, chiudendo frettolosamente; non è la rivelazione a lasciare insoddisfatti, piuttosto è la maniera in cui viene gestita a deludere. E nemmeno l’ottima prova del cast riesce a sopperire alle mancanze di una sceneggiatura che zoppica proprio quando dovrebbe raggiungere il suo massimo.

Considerazioni tecniche – The Undoing, la recensione

Dal punto di vista tecnico il pregio maggiore di The Undoing è la qualità a tutto tondo della produzione; dalle scelte registiche alla fotografia, dalla colonna sonora alle interpretazioni degli attori. Susanne Bier privilegia tutte quelle soluzioni volte ad esaltare l’analisi dei personaggi e lo svelamento delle loro ambiguità, dei loro chiaroscuri. Valore aggiunto è anche una fotografia coerentemente realistica, senza simbologie legate ai colori e con uno studio attento delle fonti di illuminazione. Ma il vero punto di forza di The Undoing sono gli attori; ed è grazie a loro che si riesce a passar sopra i sopracitati difetti di sceneggiatura. Non c’è una sola scelta di casting sbagliata; ciascuno degli interpreti è giusto per il personaggio, di cui riesce ad esaltare i tratti anche con poco spazio sullo schermo.

È questo il caso di Matilda De Angelis nei panni di Elena e di Donald Sutherland, magnifico nel ruolo di Franklin, il padre di Grace. Nicole Kidman valorizza con mestiere quello che in assoluto è il personaggio con l’arco narrativo più completo e “rotondo” ma è Hugh Grant la vera perla di The Undoing. Grant porta a casa alla grande il risultato col personaggio più sfaccettato, complesso e ambiguo della sua carriera; solido e subdolo, affettuoso e maniacalmente narciso, professionista senza macchia e uomo dalla dubbia moralità. Siamo lontani anni luce dal solito Hugh Grant, ma avremmo voglia di vederlo da ora in poi solo alle prese con ruoli di questo genere. Magari non in una seconda stagione di The Undoing – la serie è autoconclusiva – e magari, la prossima volta, sul grande schermo.

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The Undoing. Blossom Films, David E. Kelley Productions, HBO Original Programming, Made Up Stories

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The Undoing

Voto - 7

7

Lati positivi

  • Produzione di valore
  • La prova del cast, Hugh Grant su tutti

Lati negativi

  • Seconda parte zoppicante, finale frettoloso

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