Love – Stagione 2: amarsi al giorno d’oggi

Love: la serie che ci spiega quanto sia difficile amare.

Ho amato la prima stagione di Love. L’ho vista e rivista, cercando di capire perché l’avessi amata così tanto. E, poi, l’ho capito.

È un mix perfetto che parte dalla penna e dalla mente di un genio della commedia come Judd Apatow, creatore di commedie geniali che sono entrate nell’immaginario collettivo, e che hanno creato degli standard per un certo tipo di comicità made in U.S.A.

La comicità di Judd nella prima stagione veniva espressa in maniera brillante, spesso referenziale, autoreferenziale e citazionistica, ma mai fastidiosa, risultando invece intelligente e mai stupida.

Quello che rende Love diverso da altri prodotti simili è sicuramente l’originalità con cui viene trattato il tema dei temi: l’amore. L’amore ai giorni nostri, più precisamente.

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E com’è l’amore, al giorno d’oggi? Semplice: a portata di smartphone. L’amore in Love va di pari passo con il degrado relazionale in cui viviamo oggi, fra Sms, Whatsapp, Tinder e compagnia bella. Strumenti che, apparentemente, crediamo che abbiano il potere di incrementare e potenziare il nostro appeal sociale e relazionale, ma che, in realtà, risultano degli strumenti che ci allontanano dal vero contatto umano.

Quante volte ci è capitato di litigare con un partner per un messaggio non corrisposto immediatamente? Quante volte ci siamo fatti delle paturnie mentali giganti perché “visualizza ma non risponde”?

A questo “realismo”, ben calibrato da situazioni al limite del surreale, si aggiungono due protagonisti che rappresentano due rette parallele: non si incontreranno mai. Fisicamente si. A livello emotivo anche. Ma, come spesso succede, c’è quel qualcosa di trascendentale che, per qualche motivo, rende due persone due poli dello stesso segno.

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Gus, tipico nerd, bruttino, con poche certezze e tanti sogni. Insegnante sul set di una scadente serie televisiva con protagoniste delle streghe, Gus coltiva il sogno di diventare un grande sceneggiatore.

Mickey, invece, è la tipica ragazza freak, tanto bella quanto complicata: dipendente da alcool, sesso e droga, Mickey rappresenta quanto di più lontano da Gus.

Un incontro fortuito e scocca la scintilla . Ma il fuoco che viene acceso si scontra spesso con un vento contrario che lo fa spegnere continuamente.

Tutto questo nella prima stagione, il cui finale ci ha fatto presagire un futuro positivo per i due.

La seconda stagione è stata rilasciata, come da copione per Netflix, in maniera integrale, per un totale di 12 stagioni.

Si riprende da dove era finita la prima stagione: Mickey è attratta da Gus, ma in cuor suo sa che lei non è emotivamente e fisicamente pronta per una relazione. Tantomeno con un bravo ragazzo come Gus. Ma Gus non demorde.

I primi 7-8 episodi della seconda stagione, parere personale, li ho apprezzati più della prima stagione, con ritmi davvero alti, caratterizzati da un’ottima presenza di elementi puramente comici ed altri più riflessivi. Questi, in particolare, sono riferibili al personaggio di Mickey, che in queste puntate è caratterizzata in maniera perfetta, fra certezze e dubbi sulla relazione con Gus, oltre che sul proprio Io personale. Dubbi dovuti alle sue dipendenze, questa volta esternate e confessate a Gus, che è, si, consapevole della situazione della sua partner, ma durante la stagione lo vedremo assumere un atteggiamento teso più a cambiare Mickey a sua immagine piuttosto che a godere dei suoi pregi, oltre che dei suoi difetti. La puntata numero 4, “Funghi”, a mio modesto parere è una delle più esilaranti in una serie comedy.

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Il mio apprezzamento per la seconda stagione è andato scemando negli ultimi tre – quattro episodi della stessa. Perché?

Il personaggio di Mickey subisce un’evoluzione che, seppur prevedibile viste le premesse, non avviene nei tempi giusti e nelle modalità corrette, risultando affrettata e lasciandoci molto perplessi, oltre che delusi. Delusi non da ciò che fa, ma dalle tempistiche con cui il tutto avviene.

La serie nel complesso resta, comunque, di ottimo livello. Vi affezionerete presto (se non lo avevate già fatto) ai protagonisti, ma anche ai comprimari, Bertie su tutti. In questa stagione, infatti, l’amore “colpirà” anche la bizzarra coinquilina australiana di Mickey, con risultati molto discutibili.

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Love. Amore. Sentimento? Stato d’animo? Nel caso di questa serie l’eterno sentimento viene trattato alla stregua di una malattia che infetta l’anima. Chi può negare che, in buona parte delle situazioni, non sia così?

Ci ritroveremo spessissimo a empatizzare con i protagonisti, soprattutto nei loro gesti quotidiani, a volte banali, che sovente sfociano in gelosie ingiustificate o, al contrario, in euforie improvvise provocate da un 🙂 mandato dalla partner dopo 24 ore di silenzio stampa. E quindi ci ritroveremo ad auto analizzarci sullo stato di avanzamento (o di regressione) delle nostre relazioni. O nella totale mancanza di queste.

Ed è così che parteciperemo emotivamente alle sedute di Mickey presso gli Alcolisti Anonimi , che sono, in realtà, dei tentativi per comprendere come funziona il nostro io quando “infettato” da questo virus a cui nessuno può sfuggire.

Un virus chiamato Amore.

 

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