La belle époque: recensione del film con Daniel Auteuil e Guillaume Canet

Recensione della commedia presentata al Festival di Cannes

Dopo il successo di Un amore sopra le righe, Nicolas Bedos torna nelle sale cinematografiche con un’altra commedia di coppia. Infatti La belle époque, presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes e in Italia alla Festa del Cinema di Roma, riprende alcuni dei temi cari al regista francese come il trascorrere del tempo e l’usura delle relazioni. Il film, distribuito in Italia da I Wonder Pictures, omaggia anche il cinema francese e analizza le differenze tra realtà e finzione. Approfondiamo le tematiche di La belle époque nella nostra recensione.

Produzione tutta francese, la pellicola arriva solo in questi giorni nelle sale italiane. Essa vede un cast di tutto rispetto, con la presenza di attori importanti come Daniel Auteuil, Guillaume Canet e Fanny Ardant. Infine il film si prefigura come una commedia, ma non manca di cedere il passo a momenti melodrammatici e nostalgici, capaci di ricalcare a tratti le atmosfere dei lungometraggi di Woody Allen, ma allo stesso tempo di ritagliare uno spazio autonomo all’opera. In conclusione il film è ben più che godibile e ben fatto, però presenta comunque alcuni difetti che ne minano un giudizio positivissimo.

Indice

La trama: La belle époque recensione

Victor (Daniel Auteuil) è un fumettista di mezza età ed è attanagliato sia da una crisi coniugale che da una crisi lavorativa. Infatti dopo essere stato licenziato come vignettista dal suo migliore amico (Denis Podalydés), quest’ultimo ha anche intrapreso una relazione clandestina con sua moglie. Marianne (Fanny Ardant), donna nevrotica e mai appagata, non fa che scaricare i suoi problemi e le sue angosce – in particolare quella di invecchiare – sul marito; e nel flirt extraconiugale vede una scappatoia ai suoi tormenti di mezza età.

In seguito alla cacciata di casa della moglie, Victor incontrerà l’imprenditore Antoine (Guillaume Canet), che gli offrirà l’opportunità di trovare una soluzione alla sua infelicità. Infatti egli offre un servizio che consiste in una ricostruzione storica di una determinata epoca, come appunto fossimo in un film, e nella possibilità per ciascun cliente di rivivere la propria belle époque. Inizialmente reticente, soprattutto sulla capacità di rivivere il giorno in cui incontrò Marianne (16 maggio 1974), dopo aver incontrato Margot (Doria Tiller), ovvero l’attrice che impersona sua moglie, Victor riuscirà sempre di più a riprovare delle emozioni forti e a far venir meno la sua disillusione.

Contemporaneamente allo sviluppo di tale filone narrativo, la storia tratteggia su Margot una situazione amorosa difficile. Ciò si denota benissimo dal fatto che sia innamorata sicuramente dello scontroso Antoine, ma che allo stesso tempo non riesca a trovare con lui un equilibrio di coppia. Il problema principale è infatti la mania di controllo dell’uomo, la quale non solo la esaspera, ma non fa che generare continui litigi e incomprensioni tra i due. Pertanto le vere domande sono queste: riuscirà Victor a superare la sua crisi? Margot e Antoine risolveranno i loro problemi di coppia? Marianne riuscirà a ricominciare?

La belle époque recensione

L’omaggio al cinema e lo iato tra recitare e vivere

I temi più importanti che emergono dalla visione de La belle époque sono sicuramente quelli dell’omaggio al cinema e dell’analisi dello iato tra recitare e vivere. Il primo argomento si inserisce nel solco di una fervida volontà meta-cinematografica; la seconda tematica invece, pur progredendo autonomamente nella narrazione, si riconduce anch’essa a questo scopo.

In primo luogo l’omaggio al cinema e il meta-cinema sono esemplificati dalla figura di Antoine stesso, il quale anche emblematicamente paragona la sua figura di sceneggiatore a Dio. Fondamentalmente Bedos in questo caso vuole farci capire come il regista e lo sceneggiatore siano una sorta di demiurgo del materiale narrato. Inoltre l’omaggio meta-cinematografico non è fluido, ma sincopato; se infatti il set in cui Victor rivive gli anni 70 è prettamente cinematografico, il film alterna momenti attoriali narrativi a momenti attoriali di vita.

Si crea quindi una sorta di smascherazione pirandelliana tra il passare dalla persona al personaggio, dall’avere forma all’essere forma. Vi è poi da aggiungere come la tecnica e le tematiche del regista siano da inserire in una tradizione cinematografica francese che riprende sia Claude Sautet e la sua analisi della coppia borghese, ma che finisce col toccare anche il cinema di Claude Lelouch.

Infine la differenza tra recitare e vivere è quindi da riscontrare nella stessa meta-cinematografia, dove i personaggi sono scissi dai personaggi/persone del film e la recitazione può quindi solo riprodurre un’esperienza, ma non viverla. In questo caso infatti non è casuale che i personaggi più veri siano appunto quelli che più assomigliano ai quelli presentatici nella pellicola, come ad esempio il carattere di Pierre Arditi.

L’insoddisfazione personale, l’usura del rapporto e l’arte del compromesso

La belle époque di Bedos evidenzia anche tre argomenti molto importanti nel contesto di una coppia borghese come l’insoddisfazione personale, l’usura del rapporto e il compromesso. I temi sono tutti collegati in quanto derivano da una matrice comune e all’interno della storia hanno uno sviluppo armonioso.

Il motore della narrazione è appunto un’insoddisfazione personale dei due coniugi: un’insoddisfazione che non si limita al contesto coniugale, ma tocca personalmente l’io di ciascuno dei due. Victor è non solo deluso dal suo matrimonio, ma in primis è frustrato e avvilito per l’assenza di un lavoro e di creatività. Lo stesso vale appunto per Marianne, la quale, nonostante nasconda la sua infelicità a differenza di Victor, cerca di sfogare le proprie frustrazioni in altre cose come la tecnologia o il piacere sessuale.

Ora da un’insoddisfazione personale di ciascuno dei protagonisti deriva anche un’insoddisfazione di coppia. Essa pian piano conduce fisiologicamente ad un’usura del rapporto e in tal modo si genera anche un allontanamento delle parti. Queste non solo non vivranno più sotto lo stesso tetto, ma smetteranno anche di cercarsi e parlarsi, sperando di risollevare la propria vita in occupazioni di puro piacere passeggero.

L’unico rimedio a questo distacco amoroso è appunto un compromesso tra le parti, ovvero riconoscere a se stessi e al partner le proprie debolezze. Solo così si può vivere in armonia, riuscendo ad accettare i pregi e i difetti altrui e dimenticandosi di giudicare. Viene quindi introdotta l’arte del compromesso come unica soluzione alla crisi, la quale sostanzialmente fiorisce per una mancanza di empatia. Il regista ribadisce qui l’importanza di un sentimento di solidarietà amorosa, che è ancora più forte di una solidarietà generale, e che nel lungo periodo è sicuramente più efficace del desiderio o del piacere sessuale.

La belle époque recensione

Il lato tecnico – La belle époque recensione

Procediamo nella recensione di La belle époque approfondendo il lato tecnico dell’opera. Tecnicamente la pellicola è ben interpretata, con uno straordinario Daniel Auteuil e una positivissima Fanny Ardant che sembra tornata ai fasti dei film con Truffaut. Colpisce anche la prestazione di Doria Tiller, mentre il più sottotono di tutto il cast risulta essere un Guillaume Canet scialbo e abbastanza piatto.

La regia è buona, nonostante ci sia un divario enorme tra la prima parte del film e la seconda. Infatti nel corso del primo tempo dell’opera ci troviamo davanti ad una regia e ad un montaggio troppo dinamico e frenetico. In tale contesto le inquadrature sono moltissime e le scene vengono spezzettate con una velocità che ricorda il cinema di Resnais. Tuttavia Bedos cambia improvvisamente registro nella seconda parte e dimostra una maggior consapevolezza del mezzo cinematografico. Infatti si vedono molti più piani sequenza, inquadrature ardite e movimenti di macchina armoniosi, capaci di migliorare esponenzialmente la fluidità della narrazione.

La scenografia è curatissima, ma colpisce ancor di più la fotografia. Qui infatti il film dà esempio di perizia tecnica, riuscendo a giostrare benissimo l’utilizzo della luce e delle patine visive a seconda dei momenti narrati. La colonna sonora è apprezzabile e si distingue a tratti  per la scelta di alcuni pezzi particolari, ma ben selezionati. La sceneggiatura invece è a tratti zoppicante, capace saltuariamente di commettere degli errori banali e contemporaneamente di non chiudere il cerchio di certi caratteri. Ciò porta quindi ad un’introduzione un po’ caotica di alcune dinamiche e in tal senso inficia anche le prestazioni attoriali.

La belle époque recensione

Considerazioni finali: La belle époque recensione

Bisogna sottolineare come l’opera si dimostri di buon livello, cioè come una produzione consapevole e ben studiata. Essa infatti con i tratti della commedia e in maniera leggera riesce ad affrontare alcune tematiche importanti ed è anche capace di riflettere su delle particolari situazioni di vita. Inoltre è innegabile la natura originale del film nella messa in scena, soprattutto per quanto riguarda una sorta di rielaborazione cinematografica dello spazio artistico. Allo stesso tempo la pellicola è mirabile anche per l’equilibrio con cui riesce ad inserire gli stilemi del melodramma.

Concludendo la nostra recensione di La belle époque possiamo dire che sostanzialmente il prodotto cinematografico è molto buono e per tale motivo si comprende anche il plauso della critica. Tuttavia la pellicola non è priva di difetti e le maggiori sbavature sono da ricercarsi nel citazionismo della prima parte del film e in una sceneggiatura buona, ma non ottima. Pertanto il film merita certamente una buona valutazione, ma non riesce a raggiungere l’eccellenza per alcune pecche che potevano essere evitate.

La belle époque

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • Interpretazioni convincenti
  • Buon approfondimento delle tematiche
  • Fotografia e scenografia eccellenti

Lati negativi

  • Sceneggiatura zoppicante
  • Montaggio troppo frenetico nell'incipit

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