Shining: curiosità su Stanley Kubrick dentro e fuori dal set

Il rapporto con gli attori, la precisione sul set, il disaccordo con Stephen King

Quarant’anni fa usciva nelle sale cinematografiche Shining, vero e proprio classico dell’horror tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King del 1977. La straordinaria performance di Jack Nicholson, le atmosfere dell’Overlook Hotel e una storia carica di mistero, tensione e inquietudine lo rendono ancora oggi uno dei capisaldi del cinema dell’orrore. È nota a tutti l’estrema attenzione e la precisione maniacale che ha sempre contraddistinto il modus operandi di Stanley Kubrick. Vediamo allora insieme nel nostro articolo alcune curiosità e aneddoti su Stanley Kubrick dentro e fuori dal set di Shining.

Shelley Duvall e Danny Lloyd – Stanley Kubrick, curiosità dentro e fuori dal set di Shining

Il difficile rapporto con Shelley Duvall. Shelley Duvall ha senza dubbio fatto un lavoro eccellente interpretando il personaggio di Wendy Torrance. Una prova non facile per la Duvall, resa ancora più ostica dal rapporto non proprio idilliaco fra lei e Stanley Kubrick. Pare che Kubrick – che aveva un buon rapporto con Jack Nicholson sul set – fosse con Shelley Duvall molto severo. Il regista riprendeva spesso la Duvall al punto che l’attrice ne ha risentito a livello fisico e mentale. Il difficile rapporto con Kubrick e l’intensità richiesta dal suo personaggio l’hanno addirittura portata a manifestare segni di un esaurimento nervoso.

L’istinto di protezione verso Danny Lloyd. Al momento delle riprese di Shining, Danny Lloyd – il piccolo Danny Torrance nel film – aveva solo sei anni. Una delle preoccupazioni maggiori di Stanley Kubrick era quella di nascondere al giovanissimo attore gli aspetti più inquietanti e terrificanti del film. Lloyd non sapeva di far parte del cast di un film horror; vide per la prima volta Shining in una versione censurata pochi anni dopo e a 17 lo vide per intero. Per tutelare il piccolo protagonista, Kubrick arrivò addirittura a sostituirlo con un bambolotto a grandezza naturale. È il caso della scena in cui Wendy tiene in braccio Danny, subito dopo un duro scontro con Jack.

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Shining. Warner Bros. Pictures

La ricerca della perfezione e il rapporto con Stephen King

All work and no play… Proseguiamo il nostro articolo di curiosità su Shining con un aneddoto che riguarda la segretaria di Stanley Kubrick. Il regista commissionò alla sua segretaria Margaret Adams un compito decisamente lungo e impegnativo. Le chiese di scrivere sulle 500 pagine che compongono il manoscritto di Jack la celebre frase “All work and no play makes Jack a dull boy”. Il compito impegnò Margaret Adams per diversi mesi.

La scena dell’ascensore. Come abbiamo accennato in apertura del nostro articolo di curiosità su Shining, Stanley Kubrick ha sempre lavorato cercando la perfezione in ogni scena. La sua precisione quasi ossessiva portava spesso a dover ripetere svariate volte le varie scene. In questo senso – almeno in parte – fa eccezione la scena dell’ascensore con la sua celeberrima ondata di sangue. L’inquadratura venne girata in soli tre ciak, ma il processo di pianificazione e progetto richiese ben più tempo. Non solo, l’allestimento impiegò ben nove giorni di lavoro; Kubrick non era soddisfatto perché l’effetto del sangue gli sembrava troppo poco realistico.

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Shining. Warner Bros. Pictures

Le controversie con Stephen King. Stephen King non ha mai fatto mistero del suo scarso apprezzamento nei confronti della trasposizione che Stanley Kubrick aveva fatto del suo Shining. Lo scrittore ammise di essere rimasto positivamente impressionato dagli allestimenti e le scenografie, ma i complimenti finivano per lo più qui. Stephen King criticò aspramente diverse scelte di sceneggiatura, troppo libere e lontane dal suo romanzo. Ebbe inoltre da ridire sulla scelta – a suo dire completamente sbagliata – di Shelley Duvall e anche su Jack Nicholson. Non apprezzò il ritratto e lo sviluppo dei personaggi nel film e in linea generale bollò Shining come una pellicola di scarso spessore e interesse; arrivò infatti a definire l’opera di Kubrick come una bella macchina senza motore.

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