Stanley Kubrick: il cinema di un genio visionario

Breve analisi di alcuni degli aspetti fondamentali del cinema di Stanley Kubrick

Non staremo di certo qui a raccontarci per l’ennesima volta che Stanley Kubrick è stato un vero innovatore e genio visionario del cinema. Basta guardare i suoi film capolavoro per capire di cosa stiamo parlando. Che sia horror, thriller o  drammatico il cinema di Kubrick è sempre stato un passo avanti rispetto ai tempi. Una cura maniacale per i dettagli, per le riprese, per la composizione e le luci di scena. È sicuramente riduttivo ed ingiusto pensare Kubrick come un semplice regista. Le sue doti innate ed acquisite di fotografo di strada hanno profondamente ed irrimediabilmente influenzato la fotografia dei suoi film.

In questo articolo noi di Filmpost abbiamo deciso di analizzare solo alcuni dei tratti che hanno caratterizzato il suo modo di fare cinema senza aver ovviamente la pretesa di analizzare la sua  figura in toto. Sarebbe infatti pretenzioso e tecnicamente problematico discutere nello specifico di ogni film e di ogni qualità di un regista così geniale ed unico. Abbiamo tracciato alcuni punti per tentare di descrivere la figura artistica di Stanley Kubrick.

Prima di addentrarci nell’essenza di questo articolo, dove passeremo in rassegna anche alcuni celebri frame estratti dalle varie pellicole del maestro, vorremo farvi fare solo un piccolo passo indietro…(ndr… tranquilli nessuna galassia lontana lontana…)

Stanley Kubrick: gli anni come fotoreporter di strada

Non tutti sanno che prima di fare cinema, Stanley Kubrick fosse un “semplice” fotografo di strada. La sua formazione inizia proprio nelle strade di New York dove con la sua macchina fotografica cattura momenti di autentica vita quotidiana. A soli diciassette anni Kubrick iniziò a lavorare per Look, noto magazine dell’epoca. Lo sguardo del nostro giovane fotoreporter si posava prevalentemente sulle persone incontrate per strada; senza alcuna distinzione di genere o razza Kubrick cercava di documentare l’umanità in tutta la sua bellezza e complessità.

Non vi sorprenderà sapere che il “buon” Stanley se la cavava eccellentemente anche come fotografo di strada. Tra i suoi numerosi scatti ce ne sono diversi che non hanno nulla da invidiare a quelli dei fotografi Magnum, nota agenzia leader della fotografia di strada e del fotoreportage (due nomi a caso? Henri-Cartier Bresson e Robert Capa). Se oggi Kubrick non è ricordato come fotografo è solamente perché la sua eccellente carriera da regista ha del tutto oscurato la figura del giovane fotoreporter in formazione.

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Visto che a noi di Filmpost piace rendere i giusti riconoscimenti a chi se li merita abbiamo deciso di riportare di seguito alcuni scatti che Kubrick fece da giovane, prima ancora di prendere in mano una cinepresa. Oltre che per farvi assaporare delle foto veramente emozionanti ed uniche, la visione dei seguenti scatti serve a farci capire quanta genialità fosse già presente in Stanley Kubrick all’età di (udite udite) soli diciassette anni.

In questo primo scatto troviamo le radici di uno di quegli elementi che, maturando in seguito, caratterizzerà il cinema di Kubrick. Osserviamo una donna di spalle, inseguita dall’obiettivo del fotografo, posizionata al centro di un frame quadrato, proprio dove si vanno ad intersecare le diagonali della foto. Notiamo come le linee di fuga convergono sulla figura principale, dando profondità, prospettiva e dinamismo alla scena.

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Stesso concetto compositivo applicato anche in questo secondo scatto.

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Un selfie artistico con un gioco di riflessi e tre teste su tre livelli differenti di profondità con tanto di effetto quinta sulla destra.

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La subway di New York secondo Kubrick, un lavoro di futura inspirazione per tutta una generazione di fotografi. Uno stile molto diverso da quello del Kubrick regista, amante del grandangolo e di un’estesa profondità di campo.

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La poesia struggente….

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….che si trasformerà in omicidio

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In questa prima fase troviamo anche alcune foto costruite su linee convergenti in un punto di fuga. È una tecnica che poi verrà ripresa, modificata e perfezionata nella successiva fase cinematografica da Kubrick (come abbiamo descritto più avanti).

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Oltre alla bellezza dei contenuti delle scene ritratte è bene osservare la meticolosa cura e ricerca della composizione perfetta. In alcune foto troviamo già un senso di prospettiva e profondità della scena così come in altre un accenno a quella rigorosa composizione geometrica che caratterizzerà molte scene dei suoi film. Certamente un conto è fare il fotografo di strada dove bisogna catturare il reale che ci circonda e un conto è girare un film dove tutto diventa arbitrario. Eppure, come sappiamo, Kubrick fu immenso anche in questo…

La fotografia è talmente radicata in Kubrick che si ispirò anche a celebri scatti per alcuni dei suoi film. Un esempio che vale più di mille parole questa foto in bianco e nero di Diane Arbus.. Vi ricorda qualcuno per caso??

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Stanley Kubrick: questione di luce…..

Considerando la formazione come fotografo di strada Stanley Kubrick non fu affatto un semplice regista. Come tutti sappiamo il suo modo di fare cinema ha influenzato profondamente anche la scenografia e fotografia dei suoi film. Come tutti i fotografi (e registi) di rispetto Kubrick sapeva che la luce è un elemento fondamentale per rendere comunicativa e visivamente bella una qualsiasi scena. In tutti i suoi film c’è un attento e precisa gestione dell’illuminazione. Per evitare di disperderci eccessivamente in un argomento vasto e complesso porteremo a titolo esemplificativo solo alcuni esempi della particolare gestione delle luci di scene nei film di Stanley Kubrick.

In alcune scene di Shining, ad esempio, Kubrick dispone le sorgenti luminose in modo tale da illuminare dal basso verso l’alto il volto di Jack Nicholson. Questo stratagemma è particolarmente efficace nel marcare maggiormente le ombre (e quindi i contrasti) sul viso di Jack Torrence, dandogli un aspetto spaventoso e quasi demoniaco. Nell’ iconica scena del bar troviamo proprio questo tipo di illuminazione sui volti dei personaggi.

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Kubrick amava girare utilizzando il più possibile luci naturali sebbene non sempre fosse possibile. In Barry Lyndon questo sforzo si fa estremo. Non tutti sanno che in molte scene di questa pellicola è stata infatti utilizzata la sola luce proveniente dalle finestre. In alcuni notturni, Kubrick sfruttò la sola luce proveniente da delle semplici candele perché quella era l’illuminazione esistente nel periodo in cui si ambienta il film. Sicuramente un’impresa dal punto di vista tecnico considerando i problemi di esposizione legati alla scarsissima illuminazione della scena.

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Fu proprio in questa occasione che il maestro acquistò tre obiettivi rimasti inutilizzati dalla NASA; ottiche 50 mm Carl Zeiss fabbricate con il solo scopo di fotografare la parte della luna non illuminata dal sole. Per rendere possibile questo le lenti montavano un diaframma che consentiva un’apertura fino a f 0,7, un valore tutt’oggi proibitivo per praticamente quasi tutti gli obiettivi in commercio. Una maggiore apertura di diaframma consente di far arrivare più luce sulla pellicola, aumentandone l’esposizione e permettendo quindi di girare scene con scarsa illuminazione.

Allo stesso tempo però un’apertura di diaframma ampia come f 0,7 comporta una ridotta profondità di campo… ne consegue che molti oggetti o personaggi in scena potrebbero finire fuori fuoco, quindi con ridotta nitidezza. Come se non bastasse un 50 mm sul formato in cui girava Kubrick corrisponde quasi ad un medio-tele, un’ottica più da ritratto. Queste ulteriori limitazioni tecniche furono superate apportando ingegnose modifiche alle lenti della NASA. Kubrick (grazie all’insostituibile aiuto di Jhon Alcott) riuscì a girare le scene con gli attori che, data la ridotta profondità di campo, per non uscire dalla zona di messa a fuoco recitarono quasi immobili.

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La luce soffusa proveniente dalle finestre ammorbidisce notevolmente il contrasto dando un’estrema naturalezza alla scena. Alcuni frame estratti da Barry Lyndon sembrano quasi dei dipinti del 1700.

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Altri esempi dell’utilizzo delle luci di scena possono essere illuminazioni selettive sui volti in scene tendenzialmente buie.

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 …. e di colore

Come già ampiamente detto in un articolo dedicato, l’utilizzo del colore nel cinema è sicuramente un potente e fondamentale mezzo espressivo. Kubrick non fa eccezione ed utilizza in maniera molto efficace varie tonalità cromatiche per veicolare messaggi ed emozioni allo spettatore. Nella “sua tavolozza” attinge preferibilmente al bianco ed al rosso, che sono forse i due colori più rappresentativi del suo cinema.

C’è molto bianco in 2001, Odissea nello spazio soprattutto nella scena finale, come a voler rappresentare un limbo al di fuori della normale percezione spazio/temporale dove rimane sospesa la vita del protagonista.

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Anche in Arancia Meccanica c’è un grande utilizzo di questo colore; in questo caso il bianco, colore della purezza e della pace, contrasta con i dettagli in nero e stride fortemente con le immagini che ci vengono mostrate, dove abbonda violenza, sesso e volgarità di ogni genere.

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Forse il più rappresentativo del cinema di Kubrick è il rosso, un colore potente, in grado di attirare e mettere in guardia l’occhio dell’osservatore, aprendo le porte a tutta una serie di emozioni.

Il rosso può banalmente veicolare un messaggio di sangue e violenza…

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… o di pericolo imminente…

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… o di passione amorosa…

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Così come anche le tonalità fredde possono esprimere la lontananza e morte di un rapporto..

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..o l’ incombenza della morte..

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Il bianco ed il rosso nel cinema kubrickiano…

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C’è poi l’utilizzo simultaneo di cromie calde e fredde che vengono volutamente accostate per creare un piacevole contrasto visivo e tensione nella scena…

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Stanley Kubrick: l’utilizzo del grandangolo, la prospettiva ed il punto di fuga

Guardando una pellicola di Stanley Kubrick possiamo notare come molte scene siano state costruite su linee prospettiche convergenti in un punto di fuga, solitamente centrale: spesso il soggetto principale della scena viene collocato proprio qui! L’utilizzo di ottiche grandangolari consente per l’appunto un angolo di ripresa più ampio e permette di accentuare il senso di profondità della scena nonché la profondità di campo in modo tale da mantenere nitidi i vari elementi. Si tratta di scene generalmente costruite su solide geometrie, non necessariamente secondo la nota regola dei terzi. Le linee prospettiche (solitamente diagonali) “forzano” l’occhio dello spettatore a seguirle lungo il loro decorso fino ad arrivare al punto di fuga della scena. Questo “gioco di geometrie” aiuta l’osservatore a percepire la profondità e dinamicità di una scena nonché a concentrarsi su un soggetto principale, qualora sia presente.

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Kubrick cinema Kubrick cinema Kubrick cinema Kubrick cinemaÈ proprio grazie a queste inquadrature che oggi possiamo apprezzare quei movimenti di macchina che hanno tanto contraddistinto il cinema di Kubrick. Pensiamo alla steadycam in Shining che con una carrellata a seguire corre in maniera irregolare dietro il triciclo di Danny che si avventura per gli angusti e claustrofobici corridoi dell’Overlook Hotel…. La carrellata a precedere nella scena in cui il sergente Hartman con fare offensivo e minaccioso detta ordini alle sue reclute nella camerata… David Bowman in 2001, Odissea nello spazio che avanza lentamente nei tunnel della navicella spaziale. La fuga nel labirinto di Shining…

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La forza delle geometrie kubrickiane..

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Il punto di ripresa 

Nel cinema (e nella fotografia) l’utilizzo di un punto di vista insolito può essere estremamente efficace nel rendere visivamente forte una determinata scena. Parliamo quindi di inquadrature differenti che non siamo abituati a vedere in un film (ma neanche nella realtà). Questo tipo di immagine funziona particolarmente bene sia nella fotografia che nel cinema perché un punto di vista non convenzionale ci risulta come una novità, come un qualcosa di strano che dobbiamo decifrare.. il nostro occhio si incuriosisce, cerca punti di riferimento per capire l’ordine, le proporzioni e la prospettiva.

Pensiamo ad esempio al volto di una persona ripreso normalmente ad altezza dei nostri occhi… Nulla di insolito, una visione a cui siamo quotidianamente abituati nella realtà e nei film. Ma se lo stesso volto viene osservato da molto vicino e dal basso verso l’alto? Magari anche con l’utilizzo di luci particolari? Sicuramente la nostra esperienza visiva cambierebbe radicalmente. Espressione e volto assumono particolare interesse grazie ad un’inquadratura insolita. Ma come al solito vediamo un qualcosa di pratico per comprendere meglio quello di cui parliamo.

Attingendo ai film di Stanley Kubrick gli esempi sono molteplici.

Può trattarsi di una veduta dal basso verso l’alto…

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…oppure di un punto di vista quasi radente al suolo…

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Le immagini funzionano dannatamente bene. Sono strane, forti, dinamiche.. Si fanno ben guardare.. E questo Kubrick lo sapeva bene!

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Il primo piano nel cinema di Stanley Kubrick

Tra le altre caratteristiche salienti del cinema di Kubrick c’è anche il primo piano, ovvero ritratti più o meno ravvicinati dei vari personaggi dei suoi film. Anche in questo caso parliamo di alcune scene iconiche, che hanno segnato la storia del cinema. Di seguito abbiamo deciso di riportarvi una rapida carrellata dei più suggestivi (tralasciando purtroppo per motivi di spazio e tempo molti validi esempi).

Come si può vedere dai frames sotto riportati questi ritratti sono particolarmente efficaci complici anche le espressioni degli attori estremamente comunicative. L’illuminazione selettiva del volto e/o l’utilizzo di sfondi scuri isolano particolarmente bene il volto del soggetto ripreso, togliendo elementi di distrazione e facendoci concentrare sull’espressione facciale del personaggio. Dalla scarsa distorsione si intuisce che Kubrick abbia probabilmente utilizzato delle focali medio-tele.

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Il controllo totale della scena e la cura maniacale per i dettagli

Occorrerebbe un articolo per ogni film per descrivere quanto sia stata ricercata e maniacale la cura per i singoli dettagli sia che si trattasse di luce, composizione, oggetti, trucco, ambientazione, modellini, recitazione. Kubrick ricercava sempre la perfezione in tutto arrivando a ripetere una stessa scena fino alla nausea della troupe. Dalle varie interviste ad attori e tecnici vari emerge a volte la “frustrazione” e difficoltà (ma anche la fortuna) di lavorare con un regista così esigente e perfezionista.

Pensiamo alle luci naturali di Barry Lyndon, ai modellini in scala o al rotore gigante di 2001, Odissea nello Spazio.. Al rapporto particolare che fece instaurare sul set tra Tom Cruise e Nicole Kidman ai fini della recitazione. La selezione del cast, la scelta delle ambientazioni, le colonne sonore, i colori, la composizione di scena… Ma se non ci fosse stata tutta questa cura maniacale per i dettagli non staremo qui a parlare di Stanley Kubrick e degli immensi capolavori che ci ha regalato.

2001 A Space Odyssey 2 Copia

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