Granchio Nero: recensione del thriller Netflix con Noomi Rapace

Su Netflix un convincente e cupo thriller post-apocalittico tra i ghiacci della Svezia

Dal 18 marzo su Netflix, Granchio Nero, di cui vi proponiamo la nostra recensione, è un riuscito thriller bellico svedese di ambientazione post-apocalittica per la regia di Adam Berg. Nei panni della protagonista vi è l’attrice svedese Noomi Rapace, che anche in questo caso offre una convincente interpretazione. Siamo dinanzi ad un film d’azione crudo, dalla forte componente drammatica. Siamo in Svezia, in una realtà immaginaria segnata da una guerra civile sanguinosa e violenta. Per le strade la gente muore di fame ed è pronta a tutto pur di sopravvivere, mentre due governi paramilitari brutali e spietati si scontrano utilizzando tutte le armi in loro possesso e reclutando i civili per combattere. Chi rifiuta è destinato a soccombere. La protagonista viene scelta insieme ad altre quattro persone per una missione impossibile.

Come un “granchio nero” che silenzioso procede nell’ombra, il corpo speciale deve attraversare per chilometri il mare ghiacciato sui pattini per portare delle misteriose capsule in un centro ricerca a sud. Il contenuto potrebbe segnare una svolta definitiva per la guerra in corso. Gli sconosciuti sono loro malgrado catapultati in questa folle missione: una gara di sopravvivenza che si presenterà da subito come un percorso irto di ostacoli. Pericoli derivanti dal ghiaccio, dai nemici che monitorano le zone con elicotteri, ma anche dall’interno, per i sospetti che aleggiano fin da subito tra i componenti del gruppo. Solo una grande determinazione può portare a raggiungere l’obiettivo e la meta finale. Ma qual è in fondo il vero obiettivo da raggiungere? Questa domanda è il vero motore della pellicola, un dilemma che affligge la protagonista: una donna che ha sofferto molto, che non ha nulla da perdere e a cui è stata data una speranza. La sua temerarietà è pari alla sua capacità distruttiva e autodistruttiva.

Granchio Nero recensione

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Noomi Rapace, un granchio nero e un serpente che si morde la coda – Granchio Nero recensione

Granchio Nero è un film che spicca per l’originalità della missione dei soldati e per la sua ambientazione. Il regista Berg ha il merito di presentare con linearità e in modo asciutto il percorso e la meta prefissata per il gruppo. La landa ghiacciata è a dir poco suggestiva ed è paradossale che proprio il ghiaccio ostile e mortifero possa essere una speranza di salvezza. Tutto sembra remare contro questa missione suicida, tutto tranne la protagonista che è disposta a trainare ad ogni costo tale spedizione, al punto da essere pericolosa per i suoi stessi compagni d’armi. “È lei la testa del serpente come dice uno dei suoi commilitoni, avvolta da una corazza di dolore e di rabbia, che la rendono impenetrabile, sfuggente e inarrestabile come un granchio nero. Sul piano della sceneggiatura il personaggio di Noomi Rapace è scritto con coerenza ed è di certo uno dei punti forti del film.

Non sono da meno i dialoghi con i compagni di ventura. Film stealth, su una missione in incognito tra le linee nemiche, Granchio Nero si fonda su una storia affatto banale. Dai toni crudi e disturbanti, è un racconto verosimile, come la realtà post-apocalittica descritta. I comprimari hanno tutti delle proprie motivazioni, delle sfumature che li contraddistinguono, ben evidenziate pur nel ritmo action del film. Si integrano con quelle indomite e radicali della protagonista. Promossi tutti gli attori, artefici di buone prove. Il più originale tra i personaggi è quello femminile, un granchio, ma anche un serpente dal dente avvelenato, per il dolore e le privazioni subite, che aspetta solo di colpire, ma che al contempo si morde inconsapevolmente la coda. Lo sfondo glaciale non è che una trasposizione esterna del gelo che alberga dentro i protagonisti, privati di qualsiasi speranza e a cui è stato dato dal comando militare uno scopo ambiguo.

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La guerra nella Svezia distopica e nella nostra attualità – Granchio Nero recensione

È incredibile come Granchio Nero descriva, estremizzandola, una realtà che molti di noi fino a poco tempo fa pensavano fosse improbabile e che oggi occupa quotidianamente i nostri telegiornali. Anche se ne è solo il contesto, il film ci mostra città distrutte, civili sfollati e in fuga e milizie dispotiche, violente che guerreggiano in Europa e che obbligano i civili ad imbracciare le armi. Nel film la Svezia e i suoi ghiacciai sono il quadro desolato di una guerra, che forse il regista ha immaginato in modo provocatorio in un Paese in cui storicamente non sono avvenuti molti conflitti. Con le ovvie differenze del caso, Granchio Nero, risulta metaforicamente potente, anche alla luce dei conflitti attuali in Ucraina, ipotizzando un conflitto nell’area territoriale europea, che oggi è a tutti gli effetti un teatro di scontri. L’accostamento tra un film post-apocalittico abbastanza verosimile e la realtà è sicuramente disturbante, ma può farci pensare alle possibili conseguenze estreme.

Il commando militare disposto a tutto pur di vincere rievoca immagini e discorsi che non sono lontani da noi, così come non lo sono affatto i drammi della separazione delle vittime dai loro cari. Granchio Nero evoca scenari e fantasmi che possono inquietarci. Anche per questo motivo la pellicola è degna di apprezzamento, perché suscita, sebbene in modo immaginifico, delle riflessioni sul presente. Buona la fotografia e anche il ritmo della narrazione veicolato da scenari glaciali e ruderi sulle isole, che sono quasi delle nuove trincee nella Svezia distopica immaginata dal regista. Tra i film che vengono in mente 1917 di Sam Mendes. Anche lì i soldati devono loro malgrado, obbligati dal comando, attraversare zone di confine da un punto A ad un punto B, attraverso trincee e scenari trasfigurati dalla Prima Guerra Mondiale. In Granchio Nero però il compito del plotone è ben più radicale, insensato e deprecabile e la disperazione della protagonista genera essa stessa un conflitto, oltre a quello già in essere.

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Granchio Nero

Voto - 7.5

7.5

Lati positivi

  • Noomi Rapace offre una memorabile interpretazione
  • Sceneggiatura convincente, buon ritmo
  • Ambientazione suggestiva e verosimile, scenografia d'impatto

Lati negativi

  • Sul finale le dinamiche potevano essere costruite meglio
  • Poteva essere reso in modo più velato il tema dell’inganno indotto dal regime totalitario

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