L’importanza di chiamarsi Deadpool

Analisi del successo dell'iconico personaggio di Deadpool, tra postmodernismo ed esistenzialismo

Deadpool 2 è finalmente arrivato nei cinema per la gioia di tutti i fan del “Rosso”. Per questo motivo, vogliamo proporre un’analisi dettagliata del personaggio Deadpool, cercando di capire le ragioni dietro all’enorme successo di questo super-antieroe.

Quando Deadpool è arrivato al cinema per la prima volta nel 2016, come film solista, c’era una serie di scommesse da vincere. Con il Mercenario Chiacchierone (Merc with a Mouth) si cercava infatti di portare al centro un personaggio che non godeva della fama degli X-Men o degli altri personaggi Marvel. Eppure, il personaggio di Deadpool è diventato in brevissimo tempo iconico, segnando una grande novità nel mondo dei cinecomic. Ma per quali ragioni è importante chiamarsi Deadpool?

Indice

La novità del super-antieroe 

deadpool personaggio

Nato dalla penna di Rob Liefield negli anni Novanta, Deadpool è diventato da subito un personaggio amatissimo. Outsider per eccellenza, il suo arco narrativo passa da una fase di teenager disadattato all’altra di mercenario senza causa. Il personaggio di Deadpool è qualcosa di diverso da ogni altro supereroe visto prima, perché egli rappresenta il ribaltamento della classica nozione di eroe.

Nella storia della letteratura e del teatro è sempre stata la figura dell’eroe a costituire l’ideale da seguire, ma nel tempo si è affermata lentamente anche quella dell’antieroe. Dall’Amleto di Shakespeare al Don Chisciotte di Miguel de Cervantes, la poetica dell’antieroe ha dimostrato come l’eroe classico fosse obsoleto e inadeguato con l’avanzare del tempo.

Ma Deadpool rappresenta una novità anche nell’essere un super-antieroe, elevandosi sopra a qualsiasi dicotomia tra bene e male e rigettando la narrazione di spessore, che ricerca una razionalità onnipervasiva. Disinteressato, folle, caotico, cinefilo, è come se vivesse in un altro mondo. Dal momento che indossa la sua maschera, la sua identità reale muore totalmente, quasi cancellando per sempre l’esistenza di Wade. Si può dire dunque che l’alter ego del personaggio di Deadpool è Deadpool stesso.

Tra eroe, villain e antieroe

Bisogna considerare dunque Deadpool un villain per la mancanza di uno scopo positivo da perseguire? Non proprio, ed è qui che entra in gioco la nozione di antieroe.

Il villain per definizione persegue uno scopo non etico, attraverso le proprie regole e i propri ideali, molto spesso opposti a quelli dell’eroe. L’antieroe, invece, è l’esatto opposto di entrambi. Egli non possiede virtù e senso del dovere, tipici dell’eroe, ma nemmeno gli ideali negativi o distruttivi dei villain. Deadpool, dunque, è un personaggio calato in un contesto eroico ma osservato in un’ottica realista, privo di qualsiasi aspettativa e tremendamente cinico.

Inoltre, il Mercenario dà anche uno schiaffo morale a molti personaggi non solo dei cinecomic, ma anche del cinema d’azione in generale. Non ha paura di mostrare emozioni e una personalità irriverente, distaccandosi completamente dallo stereotipo badass del cinema americano. Il personaggio Deadpool va contro ogni cliché. Nonostante la sua invulnerabilità, esprime emozioni, si diverte e fa divertire, rappresentando una sorta di ribellione ad una società che fa del conformismo la matrice per essere accettati socialmente.

La quarta parete e l’autoreferenzialità

deadpool personaggio

Ma il personaggio di Deadpool non è solo innovativo per quanto riguarda la sua personalità e caratterizzazione. Deadpool è anche il primo supereroe a rompere la quarta parete, parlando direttamente con il lettore o lo spettatore, rendendolo attivo e felice nell’essere incluso. Quello che viene giustificato con un disturbo schizofrenico, invece è un espediente intelligente, utile per poter scherzare su tutto – anche su sé stessi – facendo ridere consapevolmente.

Può essere considerato il successore spirituale del Don Chisciotte, capolavoro del 1600 di Miguel de Cervantes. Il protagonista Alonso Quijano infatti riscosse successo proprio per la sua capacità di farsi beffe degli eroi della letteratura di quell’epoca, diventando un lavoro proto-postmoderno. Inoltre, la consapevolezza di essere dentro un lavoro letterario e di interagire con il lettore, rompendo la cosiddetta quarta parete, ci ricorda qualcosa, vero? Non è un caso che Deadpool uccida proprio il suo predecessore in Deadpool: Killustrated, volume dove il nostro personaggio cerca di liberarsi dal giogo della finzione, uccidendo molte figure iconiche della letteratura.

Questa caratteristica porta l’autoreferenzialità ad un livello superiore, facendo divertire il pubblico nel cogliere le miriadi di inside joke presenti nel film. Deadpool, essendo consapevole della sua natura fittizia, sa di appartenere a un ampio immaginario collettivo, evocato per deridere i suoi compagni supereroi. Egli si aggira in un mondo di cui conosce ogni regola, sottolineandone i cliché con commenti metatestuali, prendendo molto spesso elementi dalla tanto amata cultura pop. Il tutto accompagnato da incredibile ironia e cinismo.

Ironia, cinismo e parodia

Deadpool non prende nulla seriamente e lo si può capire anche dalle campagne pubblicitarie che spesso hanno accompagnato i film del Rosso. In tipico stile postmoderno, come fa notare David Edelstein, critico cinematografico:

È una parodia dei film Marvel ma in nessun modo una loro stroncatura. Non è sovversivo, vuole rendere più elastico e potente il genere dei supereroi, lusingare il pubblico facendolo sentire fico per aver capito tutti quegli inside jokes.

Il protagonista scherza su sé stesso, sugli attori e sugli altri lungometraggi targati Marvel. Il continuo far battute, gli vale il nomignolo di “Merc with a mouth”, ovvero Mercenario Chiacchierone. Ma lo stesso nome “Deadpool” deriva dall’ironia e dalla capacità di prendersi in giro che rendono unico il personaggio. Nei fumetti infatti si apprende che il nome deriva dai tempi in cui Deadpool era rinchiuso nell’Ospizio, stabilimento che compie esperimenti non autorizzati sui pazienti passati dal progetto Arma X. La “dead pool” era propriamente la scommessa fatta tra i pazienti su chi sarebbe stato il prossimo a morire in sala operatoria.

Inoltre, il personaggio di Deadpool nasce proprio come parodia del personaggio DC Deathstroke, alias Slade Wilson. Riconoscete una certa somiglianza con il nome Wade Wilson? I due hanno un simile nome, sono entrambi mercenari, hanno un costume simile e sono esperti nell’uso di armi da fuoco e spade. La differenza è che Deadpool sente continuamente voci nella sua testa che consigliano e commentano ciò che fa. E sono quelle voci che lo rendono in grado di superare quel confine immaginario che divide lo spettatore dal personaggio.

Deadpool e l’esistenzialismo

deadpool personaggio

Cosa c’entra l’esistenzialismo con Deadpool? Filosoficamente parlando, Deadpool è un esistenzialista più di quel che si pensi. L’esistenzialismo, spesso associato a pensatori del calibro di Kierkegaard, Nietzsche e Camus, è un ramo della Metafisica, conosciuto come Ontologia, che riguarda la natura del nostro essere.

Al centro del pensiero esistenzialista c’è l’idea che noi, come esseri umani, viviamo in un universo indifferente alla nostra esistenza, ovvero che il mondo non abbia significato oltre a quello conferitogli da noi stessi. Le nostre vite sono fondamentalmente senza significato e ciò può sembrare molto deprimente, ma bisogna andare a fondo per capirne il messaggio.

La proposizione centrale infatti è che siamo stati creati senza essenzal’esistenza precede l’essenza- e ciò che siamo veramente è determinato da come viviamo le nostre vite. Per questo l’esistenzialismo sostiene l’importanza di vivere autenticamente come suggeritoci dai nostri veri sé, sottraendoci così all’imposizione della società. Proprio perché senza significato, abbiamo la libertà di crearci da soli un senso alle nostre vite.

Ciò che rende Deadpool diverso dagli altri supereroi è il fatto che sfidi ogni preconcetto esistente sui supereroi. Creatosi l’identità Deadpool, è in grado di rivestire il vero sé stesso ed è unico nel rompere la già menzionata quarta parete. Questo implica che sia conscio di essere all’interno di un film o di un fumetto.

Questa consapevolezza può essere paragonata alla consapevolezza esistenzialista dell’insignificanza dell’essere. Deadpool sa di essere un’invenzione dell’immaginazione dello scrittore e un mezzo per l’intrattenimento del pubblico. Sa che la sua vita è essenzialmente senza significato e acquisisce questa informazione attivamente, sottomettendosi agli esperimenti del progetto Arma X, che stabiliranno la sua essenza. Il personaggio Deadpool ci insegna una grande lezione: vivi la tua vita al massimo, crea la te stesso e ricorda che non ci sono restrizioni su cosa puoi essere.

Conclusioni postmoderne

Per le ragioni prese in considerazioni, possiamo affermare che Deadpool sia un personaggio tipicamente postmoderno. Abbiamo visto come personifichi il concetto di meta-narrazione e autoreferenzialità, come sovverta cliché e dicotomie e come distrugga più volte la quarta parete. Il tutto accompagnato da un intento parodico e citazionista, elementi tipici della narrazione postmoderna.

Oscar Wilde nel 1895 sosteneva l’importanza di chiamarsi Ernesto, attaccando con stile le convenzioni del tempo e la stupidità delle etichette sociali, il tutto in un tono elegante e comico. Nell’epoca postmoderna, possiamo sostenere a maggior ragione l’importanza di chiamarsi Deadpool. Perché Deadpool è il personaggio che tutti vorremmo essere. Ryan Reynolds compreso.

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