Cinema e dipendenze: 10 film sulle dipendenze da vedere

Abbiamo stillato una lista di 10 film che trattano il tema della dipendenza nelle sue molteplici forme

Quando pensiamo alla parola dipendenza, l’associazione di idee più immediata e spontanea è quella relativa all’abuso di sostanze stupefacenti. Il cinema, a partire dagli anni Settanta, ha sempre affrontato il tema della droga, sia essa estensione del narcotraffico o della tossicodipendenza. Talvolta si è affacciato a questo mondo con curiosità e ammirazione, altre volte invece l’ha condannato severamente. In particolare facciamo riferimento a titoli dal calibro di Easy Rider (1969), il road movie con Peter Fonda, Dennis Hopper e Jack Nicholson, il remake di Scarface (1893) diretto da Brian De Palma con Al Pacino e l’onirico Enter the Void (2009) di Gaspar Noé.

Tuttavia esistono ulteriori tipi di dipendenza oltre a quelle relative le droghe e ce ne sono davvero per tutti i gusti. Oltre all’alcolismo e all’ipersessualità, con l’avvento dei tempi moderni ne sono nate delle nuove. Esempi di queste new addictions possono essere la dipendenza da Internet, dai social networks, dallo shopping e perfino dai videogiochi. Di seguito noi di FilmPost abbiamo stillato una lista di lungometraggi che trattano, alcuni in maniera più seriosa, altri meno, il tema della dipendenza nelle sue molteplici forme. Buona lettura!

Film sulle dipendenze: La mia droga si chiama Julie (1969)

film sulle dipendenze

Iniziamo con un giallo diretto da Frainçois Truffaut che, all’epoca, non ebbe poi un grande successo. L’ispirazione di partenza derivò dalla lettura del romanzo La sirene du Mississipi, tradotto in Vertigine senza fine, dello scrittore Cornell Woolrich sotto lo pseudonimo di William Irish. In La mia droga si chiama Julie, Truffaut racconta l’inizio di una storia d’amore unilaterale e controversa nata sull’isola di Réunion da un equivoco. Gli interpreti protagonisti di questo giallo sono Jean-Paul Belmondo nei panni dell’innamoratissimo Louis e la regina del cinema Catherine Deneuve, che dà invece voce alla fredda e calcolatrice Julie.

Louis è completamente succube dell’amore che prova per Julie, non può vivere senza lei pur essendo cosciente dei suoi raggiri e della sua vera identità di manipolatrice. In questo lungometraggio Truffaut si affaccia alla difficile e meno nota realtà delle dipendenze affettive, meno quotate nel panorama cinematografico rispetto a quella della tossicodipendenza, che riprenderà in maniera più consapevole con il dramma Adele H.- Una storia d’amore (1975). Arricchito da atmosfere hitchcockiane, il giallo documenta un’acutizzazione del sentimento morboso e patologico che Louis prova per Julie, invece indifferente, che lo porterà perfino all’omicidio.

Film sulle dipendenze: Via da Las Vegas (1995)

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Leaving Las Vegas è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di John O’Brien ad opera del cineasta britannico Mike Figgis. Ben Sanderson, il protagonista di questo dramma, è interpretato da Nicholas Cage. Impossibilitato ad uscire dal vortice dell’alcolismo, Ben perde conseguentemente il lavoro e la famiglia. Parte così alla volta di Las Vegas in una missione suicida, ma una volta arrivato si innamora di Sara (Elizabeth Shue), una prostituta. Nonostante i suoi sentimenti vengano ricambiati neanche l’amore di Sara riesce ad allontanarlo dal pericoloso conforto dell’alcol.

Per questo ruolo, nel 1996, Nicholas Cage vinse il Premio Oscar come miglior attore protagonista. Vista la  sua consueta recitazione accademica e considerati gli altri candidati appartenenti alla medesima categoria, tra i quali ricordiamo ad esempio Troisi e Sean Penn, la sua vittoria oggi fa ancora discutere. Comunque, Via da Las Vegas è un film d’impatto, drammatico, che ci fa percepire la stessa desolazione provata dal personaggio di Ben. Lo stesso ha ormai le sembianze di un fantoccio esanime che vaga senza meta, insensibile perfino alle carezze della sua bella Sara che nonostante tutto non rinuncia a volerlo salvare da se stesso.

Film sulle dipendenze: Trainspotting (1996)

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Il film sulla tossicodipendenza per eccellenza è certamente Trainspotting che è tratto dall’omonimo romanzo di Irvine Welsh e che oggi è considerato un vero e proprio cult movie. Presentato al 49° Festival di Cannes del 1996 il film rappresenta un duplice trampolino di lancio sia per il regista Danny Boyle che per l’attore scozzese Ewan McGregor.

Mark Renton (Ewan McGregor) e il suo gruppo di amici, precisamente Begbie, Spud, Sick Boy e Tommy, vivono ai margini della società scozzese e la loro priorità è una sola: farsi. Sembra che il mondo esterno non offra alternative migliori e che la droga conceda loro una sorta di oblio fittizio e momentaneo da ciò che la società si aspetta da loro. Trainspotting non indora la pillola ed alterna toni cinici e crudi ad altri invece più ironici e divertenti, mentre il pezzo forte del film è proprio l’analisi del profilo psicologico e caratteriale dei personaggi primari. Inoltre la scelta di ambientazioni squallide e trasandate e tutta una serie di comportamenti che potremmo definire al limite della decenza ci trasmettono una sensazione di malessere.

Osannato da un pubblico prettamente adolescente, Trainspotting di Danny Boyle condanna ferocemente i ruoli che la società odierna ci impone e punta il dito contro l’impossibilità di avere una vita che esca dagli schemi. La droga per Renton e la sua compagnia è l’unica via di fuga a questa forma di schiavitù moderna. È giusto, però, ribadire che il film non istiga all’uso di stupefacenti bensì critica quella frazione borghese ed elitaria che si mostra indifferente ai bisogni e alle sofferenze altrui. Proprio quella che, spesso, si dichiara estranea al mondo della droga, salvo poi farne uso nel privato.

Film sulle dipendenze: Requiem for a Dream (2000)

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Qualche anno dopo l’uscita di Trainspotting, Darren Aronofsky si lascia ispirare dal romanzo Requiem for a Dream dello scrittore Hubert Selby e ne realizza un lungometraggio omonimo. Il cast è composto principalmente da Jared Leto, Ellen Burstyn, il cui ruolo le valse una candidatura agli Oscar, Jennifer Connelly e Marlon Wayans. Il soggetto è, ancora una volta, la tossicodipendenza.

La narrazione si serve di una suddivisione in più capitoli (o stadi) tre, per l’esattezza. Questi sono l’Ascesa, il Declino e la Caduta che il regista fa corrispondere a tre stagioni: Estate, Autunno e Inverno. Seguiamo la storia di Harry (Jared Leto), Marion (Jennifer Connelly) e Tyrone (Marlon Wayans) alle prese con una dipendenza da eroina e della madre di Harry, Sara (Ellen Burstyn), che per circostanze inusuali è diventata dipendente dalle anfetamine. Il film è difficile da digerire, è incredibilmente crudo, a tratti grottesco. Per questo Arofonsky, con i suoi primi piani claustrofobici e le conturbanti sequenze narrative che accompagnano i protagonisti verso l’autodistruzione, risulta molto efficace nel dissuaderci dall’emularli.

Film sulle dipendenze: Tanguy (2001)

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Ognuno di noi arriva ad un certo punto della sua vita in cui sente il desiderio di lasciare il nido familiare. Ecco, questa non è la storia di Tanguy Guetz, un giovane di 28 anni che si ostina nonostante le esortazioni sempre più decise dei genitori a non andare a vivere da solo. Questa buffa commedia francese prende il nome del suo protagonista, Tanguy, ed è scritta e diretta dal regista Étienne Chatiliez.

Come per La mia droga si chiama Julie di Truffaut, il film di Chatiliez esplora in maniera paradossale e giocosa il mondo della dipendenza affettiva. Tanguy si aggrappa alla realtà familiare che inizialmente lo coccola e lo vizia perché è segretamente terrorizzato dall’idea della libertà e del cambiamento. Una paura che tutti provano prima o poi ma che in Tanguy è così potente da paralizzarlo. A nulla servono gli espedienti della madre e del padre che, per qualche strano motivo, preferiscono evitare il dialogo diretto.

Film sulle dipendenze: I love shopping (2009)

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Il titolo in lingua originale del film è Confessions of a Shopaholic, mentre I love Shopping è il titolo del libro scritto da Sophie Kinsella da cui il regista australiano Paul John Hogan ha poi preso spunto. La commedia è davvero spassosa, avvalorata dalla comica performance di Isla Fisher che interpreta la stralunata Rebecca Bloomwood, una compratrice compulsiva.

Rebecca è una giornalista inglese che sogna da sempre di scrivere per una nota rivista di moda. E per un attimo sembra riuscirci, almeno finché non viene ostacolata dallo shopping compulsivo che mette a repentaglio anche i legami affettivi più stretti. Il suo, infatti, non è un mero desiderio di aggiungere qualche capo di abbigliamento nuovo di zecca al suo guardaroba, bensì una vera e propria dipendenza. Questa la porta ad acquistare qualsivoglia capo di vestiario (ma non solo) senza averne un’effettiva necessità, e alimenta un infinito susseguirsi di strisciate di carte di credito.

[…] perché quando compro il mondo diventa migliore, il mondo è migliore… e subito dopo non lo è più e io ho bisogno di rifarlo.

I love shopping è una commedia leggera e senza pretese che garantisce una sana e sincera risata grazie alle bizzarre avventure di Miss Bloomwood. Nel contempo affronta, seppur in maniera abbastanza superficiale, i disagi psicologici, relazionali e soprattutto economici di un compratore compulsivo.

Film sulle dipendenze: Shame (2011)

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Dopo Hunger il regista britannico Steve McQueen torna a dirigere il suo prediletto Michael Fassbender in Shame, presentato in occasione della 68° Mostra del Cinema di Venezia. McQueen, stesso regista del pluripremiato 12 anni schiavo, scrive la sceneggiatura a quattro mani con la drammaturga Abi Morgan e l’interpretazione di Fassbender gli vale la vincita della Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.

Il soggetto, stavolta, è l’ipersessualità che schiavizza l’impiegato Brandon (Michael Fassbender), costretto a ricorrere quotidianamente alla masturbazione e ad andare a prostitute. Una dipendenza che lo impossibilita ad avere relazioni durature con l’altro sesso, dalle quali comunque fugge perché incapace di provare qualsiasi sentimento. Meno che mai l’amore. Una freddezza che la sorella Sissy (Carey Muligan) cerca costantemente di scalfire alla disperata ricerca di un contatto umano. Shame è davvero molto efficace nel trasmettere allo spettatore la solitudine provata da Brandon che ormai si auto impone l’isolamento. Il personaggio di Fassbender tenta continuamente, ed in maniera ossessiva, di appagare la sua sete di sesso, invano.

Film sulle dipendenze: The Wolf of Wall Street (2013)

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È vero che la droga primaria del ricco imprenditore Jordan Belfort era il denaro, capace sia di elevarlo al di sopra degli altri che di aprirgli un numero infinito di porte. Eppure l’iniziale uso e il successivo abuso di un’enorme varietà di sostanze stupefacenti gli concessero, a suo parere, di sopravvivere al frenetico mondo di Wall Street. Leonardo DiCaprio interpreta Jordan Belfort nel biopic The Wolf of Wall Street diretto da Martin Scorsese. Rispetto alle pellicole precedenti sulla tossicodipendenza qui i cui toni si rilassano notevolmente. Jordan Belfort è uno sbruffone arricchitosi vendendo penny stock, che non disdegna alcun tipo di droga e che dedica la vita al soddisfare ogni suo capriccio. Prima o poi, però, la sua truffa verrà a galla e allora dovrà fare i conti con l’FBI.

The Wolf of Wall Street è un film divertente che mette in scena un carnevale goliardico che si articola in festini, prostitute, eccessi, esibizionismo e droghe. Queste, in particolare, sono una delle debolezze maggiori di Jordan. In una scena, mentre si trova su uno yacht che sta per affondare a causa del maltempo, DiCaprio aka Belfort recita:

Io non voglio morire sobrio!

Ancora una volta veniamo messi in guardia dall’abuso delle, oggi più che mai, invitanti sostanze stupefacenti. Scorsese lo fa proponendoci un anti-eroe che, dopo essere stato sedotto dal loro fascino e da quello del denaro, perde coscienza di sé e diventa un ebete.

Film sulle dipendenze: La ragazza del treno (2016)

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Emily Blunt è l’annebbiata e confusa Rachel Watson nel thriller La ragazza del Treno. La donna è ancora scossa dal divorzio dall’ex marito Tom, che nel frattempo ha avuto una figlia da un’altra donna. Rachel è incapace di accettare la realtà delle cose e trascorre le sue giornate in treno guardando fuori dal finestrino con lo sguardo vuoto. Inoltre si fa consolare dal fittizio potere curativo dell’alcol.

La Rachel interpretata dall’inglese Emily Blunt (Il diavolo veste Prada, Il ritorno di Mary Poppins) è estremamente vulnerabile e quindi facilmente vittima di soprusi. La sua depressione sfocia in una grave forma di alcolismo che le impedisce di reagire a ogni tipologia di violenza. Si fa quindi sopraffare dal comportamento iroso e violento dell’ex marito. Tom sfrutta la sua confusione e la porta perfino a credere di aver fatto qualcosa di davvero terribile. La mano dietro la cinepresa è quella di Tate Taylor (The Help) che si ispira al romanzo The Girl on the Train della scrittrice Paula Hawkins. Il lungometraggio La ragazza del Treno palesa le spiacevoli conseguenze dell’essere un’alcolista. Taylor infatti dipinge una Rachel inebetita ed inespressiva che dimena a fatica in questo giallo/thriller alla ricerca della verità sul suo conto.

Film sulle dipendenze: A Star is born (2018)

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A Star is Born è il dramma diretto da Bradley Cooper in cui lui stesso recita al fianco di una irriconoscibile Lady Gaga. La pellicola è il quarto remake di È nata una stella!, l’originale di William Wellman (1937), poi reinterpretato in chiave musical anche da Barbra Streisand. Il fulcro del film è il personaggio di Ally, una cantante in erba interpretata dall’attrice esordiente Lady Gaga, mentre Bradley Cooper è la star del rock Jackson Maine.

La loro è una storia d’amore profondamente passionale e sincera segnata, però, dai problemi di alcolismo di Jackson. Inizialmente la compagnia di Ally sembra ovviare al suo spasmodico bisogno di bere. Eppure, dopo un primo miglioramento Jackson ritorna alle vecchie abitudini, ridicolizzandosi pubblicamente e rischiando anche di compromettere la carriera di Ally. Involontariamente la limita e le impedisce di decollare.

Così Bradley Cooper, che ha rivelato di avere avuto un passato di alcolismo, gioca sulla relazione stereotipata che esiste tra le rock star e il vizio del bere. E nonostante il personaggio di Ally sovrasti di gran lunga quello di Jackson la sua dipendenza dall’alcol rimane uno dei temi chiave della pellicola.

 

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