I migliori film italiani da vedere secondo FilmPost
Una selezione di 50 titoli italiani da scoprire, rivedere o recuperare
Spesso, come spettatori, abbiamo la tendenza a guardarci attorno prediligendo il panorama estero piuttosto che il cinema di casa nostra. Eppure, il cinema nostrano è una vera e propria fucina di titoli; in questa lista vi proponiamo quelli che secondo FilmPost sono alcuni tra i film italiani da vedere. Partiremo dal Neorealismo italiano, corrente cinematografica fondamentale nel secondo dopoguerra, per arrivare ai giorni nostri; da Roberto Rossellini, ai Fratelli D’Innocenzo, più di settant’anni di storia del cinema italiano suddivisa nei generi principali.
Se è vero che è un dato di fatto che in Italia alcuni generi sono più praticati di altri da sempre, altrettanto vero è che non manca la varietà. Film drammatici e commedie contraddistinguono il cinema italiano da sempre e la maggior parte dei titoli in questa lista rientrano proprio nel genere comico e drammatico. Generi, questi, all’interno dei quali si apprezzano diverse sfumature e contaminazioni; sono diversi infatti i film italiani che per toni, andamento e linee narrative toccano in qualche modo più di un genere di appartenenza. Vediamo allora nella nostra selezione quali sono i film italiani da vedere, rivedere e magari recuperare.
Indice:
Drammatico – Film italiani da vedere
Roma città aperta (1945)
Mentre gli Alleati avanzano verso Nord dopo l’armistizio, a Roma è già attiva la resistenza. Nella città occupata dai nazisti, Giorgio Manfredi, uno dei leader partigiani trova rifugio presso il tipografo antifascista Francesco. Questi sta per sposarsi e avere un bambino con Pina, una vedova di guerra con un figlio di dieci anni. Giorgio trova aiuto anche in Don Pietro, il parroco locale impegnato attivamente e con tutti i mezzi possibili a proteggere i partigiani. Grazie a Don Pietro, Giorgio riesce più volte a sfuggire ai controlli delle SS. Un giorno tutto cambia, quando Francesco viene arrestato, fatto salire su un camion e portato via sotto gli occhi di Pina e Don Pietro.
Film del 1945 per la regia di Roberto Rossellini, Roma città aperta è forse l’opera più rappresentativa del Neorealismo cinematografico italiano. Presentato in concorso al Festival di Cannes nel 1946, vince il premio come miglior film. Roma città aperta consacra Anna Magnani anche a livello internazionale, in quella che è una delle interpretazioni più celebri e significativa nella storia del cinema di casa nostra e non solo. Tra i film italiani da vedere, Roma città aperta occupa un posto di assoluto rilievo; un’opera fondamentale nella sua enorme portata storica e umana. Nel cast, insieme ad Anna Magnani, anche Aldo Fabrizi, Marcello Pagliero, Maria Michi e Francesco Grandjacquet.
Sciuscià (1946)
Con Sciuscià, film del 1946 per la regia di Vittorio De Sica, ci troviamo di fronte a un altro dei film italiani da vedere appartenente alla corrente del Neorealismo. Pasquale (Franco Interlenghi) e Giuseppe (Rinaldo Smordoni) sono due piccoli lustrascarpe che lavorano sui marciapiedi dell’elegante via Veneto a Roma. Ogni volta che riescono a permetterselo corrono a Villa Borghese per affittare e cavalcare un cavallo bianco, Bersagliere. Loro malgrado si ritrovano coinvolti in un furto e poco prima di essere portati in un carcere minorile coronano il sogno di poter comprare Bersagliere.
Tra i film italiani neorealisti, Sciuscià è il più noto e apprezzato all’estero. De Sica torna a parlare di infanzia tre anni dopo I bambini ci guardano. Il titolo deriva da “shoe-shine” e Vittorio De Sica analizza e ritrae la figura del lustrascarpe con occhio indagatore ma benevolo. Straordinari i piccoli interpreti diretti con mano sapiente ed esperta in un film che ha un grande valore di testimonianza.
Ladri di biciclette (1948)
Roma, secondo dopoguerra. Per poter lavorare e provvedere al sostentamento della sua famiglia, Antonio Ricci deve riscattare la sua bicicletta impegnata al monte di pietà. La moglie Maria decide così di dare in pegno le sue lenzuola per riaverla indietro. Al suo primo giorno di lavoro come attacchino comunale, Antonio subisce il furto della bicicletta da parte di un giovane cui dà la caccia inutilmente. Si rivolge invano alla polizia e si lancia alla ricerca della bicicletta rubata insieme ad alcuni amici ed al figlio Bruno. Una ricerca così frustrante e a tratti rischiosa da spingere Antonio a ricorrere a una soluzione estrema e incauta.
Vittorio De Sica dirige e firma insieme a Cesare Zavattini, autore del soggetto, la sceneggiatura di questo film considerato un caposaldo del Neorealismo italiano. De Sica sceglie di girare con attori quasi tutti non professionisti, partendo da uno spunto semplicissimo: il furto di una bicicletta. Mezzo di trasporto, questo, simbolico per l’epoca in cui si svolge la vicenda. Il risultato è un film dove gli attori si muovono in maniera impeccabile sotto la guida di una grande direzione. Roma, insieme ai suoi abitanti, ha una concretezza e un’umanità uniche; Ladri di biciclette è tra i film italiani più importanti, un vero e proprio pezzo di storia del cinema e un affresco intramontabile della società dell’epoca.
La ciociara (1960)
Roma, 1943. Cesira è una vedova che insieme alla figlia Rosetta decide di lasciare la città per cercare rifugio dai bombardamenti. Arriva così a San’Eufemia, suo paese di origine, fra mille difficoltà e lì conosce Michele, un intellettuale antifascista. I due si innamorano ma presto Michele viene catturato da alcuni soldati tedeschi per fare loro da guida nel territorio montano. Arrivano gli Alleati e Cesira decide di rientrare a Roma con la figlia; durante il viaggio subiscono un assalto e un’atroce aggressione da parte di un gruppo di soldati dell’esercito francese. I traumi subiti legano ancor di più madre e figlia, soprattutto quando apprendono della tragica sorte di Michele.
Vittorio De Sica dirige e adatta insieme a Cesare Zavattini il romanzo La ciociara di Alberto Moravia. Il film, così come il romanzo, racconta in maniera cruda e veritiera la piaga delle violenze perpetrate dalle truppe alleate sui civili. La ciociara è il film di Sophia Loren che per questo ruolo tragico e impegnativo riceve nel 1962 il premio Oscar come miglior attrice protagonista. Nel cast anche Jean-Paul Belmondo, Eleonora Brown, Carlo Ninchi e Andrea Cecchi.
La dolce vita (1960)
Roma, anni Sessanta. Marcello è un aspirante romanziere che lavora come giornalista e si occupa di servizi scandalistici. Ha una fidanzata, Emma, che quando scopre che Marcello l’ha tradita, tenta di togliersi la vita. Per allontanarsi da una vita sentimentale complicata, Marcello si dedica al lavoro accettando di seguire la bionda e bellissima star hollywoodiana Sylvia. Il giornalista perde la testa per la diva e deve presto fare i conti con il fidanzato di lei, sotto i flash indiscreti dei paparazzi. Marcello prosegue così con il suo lavoro calato nella mondanità romana che, però, sembra interessarlo sempre meno.
Con La dolce vita, Federico Fellini firma un film senza tempo pur essendo legato a doppio filo col suo di tempo. Al punto di diventare paradigmatico di quell’epoca, di Roma e del suo materiale umano e sociologico. Qui Roma è decadente, malinconica e mondana; Marcello, eterno insoddisfatto, segue il respiro della sua città, si lascia influenzare per poi distaccarsene. Fellini declina il femminile attraverso le figure di Sylvia (Anita Ekberg), Maddalena (Anouk Aimée) ed Emma (Yvonne Fourneaux); da sole e in relazione col vitellone riveduto e corretto di Marcello Mastroianni. La dolce vita ha segnato un’epoca e la storia del cinema in generale, influenzando registi come Woody Allen, David Lynch, Martin Scorsese. Vero e proprio spartiacque della filmografia felliniana, è tra i migliori film italiani da vedere di sempre.
Amarcord (1973)
Proseguiamo la nostra selezione di film italiani da vedere con un altro classico di Federico Fellini, Amarcord. In dialetto romagnolo “a m’arcord” significa mi ricordo ed è proprio a partire dai suoi stessi ricordi che il regista costruisce il film. Siamo negli anni Trenta a Rimini e le vicende narrate coprono l’arco temporale di un anno, da una primavera all’altra. Ci sono le parate fasciste, la Mille Miglia, le feste di paese, il passaggio atteso da tutti del transatlantico Rex. E ci sono soprattutto i personaggi che con questa quotidianità interagiscono; il giovane Titta, la sensuale Gradisca, la prorompente tabaccaia, lo zio matto e fannullone, l’emiro con le sue cento mogli.
Racconto fuori dal tempo e pure così ancorato a quegli anni, a quelle sensazioni ed esperienze così vive e fondamentali per Federico Fellini. Amarcord è un film carico di nostalgia e memoria, sensualità e divertimento, fantasia e tradizione. Fellini firma con Tonino Guerra la sceneggiatura del suo film più autobiografico e giustamente celebrato come uno dei migliori nel cinema italiano. Nel 1975 Amarcord vince il premio Oscar come miglior film straniero.
C’era una volta in America (1984)
Non può mancare nella nostra selezione di film italiani da vedere una delle pellicole più importanti di Sergio Leone, C’era una volta in America. La narrazione spazia dagli anni Venti agli anni Sessanta, a New York, con frequenti salti temporali e flashback. Cronologicamente sono tre i momenti in cui si articola il film. Dal 1922-1923 Noodles e i suoi amici crescono per strada tra furti e piccoli crimini, tra il 1932 e il 1933, cresciuti, sono diventati una banda di giovani gangster; nel 1968 Noodles torna a New York in cerca di quello che ormai è un tempo passato che non tornerà più.
Al suo ultimo film, Sergio Leone costruisce un’epopea labirintica, un film gangster e un viaggio nella memoria tratto dal romanzo The Hoods di Harry Grey. Nel cast Robert De Niro, James Woods, Elizabeth McGovern e Joe Pesci. Alla sua uscita non riscosse grande successo di pubblico e la distribuzione americana lo rimaneggiò pesantemente fino a “sistemare” l’ordine cronologico degli eventi. Il tempo, invece, qui è tutto legato alla dimensione del ricordo, che segue regole proprie. Oggi è considerato uno dei film italiani più importanti di sempre, con una colonna sonora, curata da Ennio Morricone, fra le più memorabili della storia del cinema.
Nuovo Cinema Paradiso (1988)
Da quando ha lasciato il suo paesino d’origine, Giancaldo, Salvatore – Totò – Di Vita non vi ha più fatto ritorno. Vive a Roma ed è una affermato regista quando apprende della morte di Alfredo, il proiezionista che gli ha trasmesso la passione e l’amore per il cinema. Torna dunque a Giancaldo dopo quarant’anni di assenza e i funerali di Alfredo diventano occasione per ripercorrere tutta la sua vita e fare i conti con le figure della sua infanzia e della sua adolescenza. L’amore per Elena, l’amicizia con Alfredo e al centro di tutto il Cinema Paradiso.
Nuovo Cinema Paradiso si aggiudica nel 1990 il premio Oscar come miglior film nella sua versione tagliata di 25 minuti dallo stesso Tornatore in accordo accordo col produttore Franco Cristaldi. Giuseppe Tornatore scrive e dirige un inno al cinema in sala, come luogo popolare di condivisione collettiva e di memoria. Perfetti Salvatore Cascio e Philippe Noiret nei ruoli di Totò bambino e di Alfredo.
Il postino (1994)
Il poeta cileno Pablo Neruda (Philippe Noiret) viene esiliato su un’isola del Sud Italia. L’uomo vi si rifugia con la giovane ed affezionata consorte Matilde (Anna Bonaiuto). Il disoccupato Mario (Massimo Troisi) accetta l’impiego di consegnare al poeta le molte lettere che gli saranno indirizzate. Giorno dopo giorno i due sviluppano un sincero legame di amicizia e Neruda aiuterà il postino a conquistare la bella Beatrice (Maria Grazia Cucinotta) di cui questi è perdutamente innamorato.
Tratto da Il postino di Neruda dello scrittore cileno Antonio Skarmeta, Il postino di Michael Redford è l’ultimo film cui Massimo Troisi ha preso parte ed è diventato il suo testamento cinematografico. Troisi riesce recitando per sottrazione e con magistrale semplicità a restituire tutte le emozioni e gli stati d’animo del suo personaggio. Prendendo in prestito un commento fatto da Philippe Noiret, qui Troisi ha come non mai “l’anima sul volto”. Candidato a sei premi Oscar (vince per la miglior colonna sonora), Il postino lancia la carriera di Maria Grazia Cucinotta.
La vita è bella (1997)
Durante la dittatura fascista, Guido Orefice, giovane ebreo trasferitosi nella campagna toscana, conosce una maestra elementare, Dora, e con lei costruisce una famiglia. L’aggravarsi delle Leggi Razziali e i rastrellamenti portano l’uomo ad essere deportato in campo di concentramento con il figlioletto Giosuè. Per proteggere il piccolo dagli orrori dello sterminio, Guido costruisce eroicamente un elaborato mondo di vertiginose fantasie. Questa la sinossi ufficiale de La vita è bella, film del 1997 scritto e diretto da Roberto Benigni che occupa un posto speciale nell’elenco dei film italiani da vedere. Con protagonisti lo stesso Benigni, Nicoletta Braschi e Giorgio Cantarini, La vita è bella attraversa i generi fra dramma, commedia sentimentale e film di guerra.
A fronte di sette candidature agli Oscar, si aggiudica tre statuette: miglior film straniero, miglior attore protagonista e miglior colonna sonora a Nicola Piovani. Con La vita è bella, Roberto Benigni gioca con la Storia in maniera leggera e a tratti buffa, ma senza mai abbandonare una certa gravitas e serietà di fondo nelle dinamiche di sviluppo. Certamente il film più rischioso e difficile di Roberto Benigni, La vita è bella è stato negli anni oggetto di critiche anche autorevoli. Come quelle rivolte da Mario Monicelli che lo definì “una mascalzonata”; o da Liliana Segre che sottolineò come il film banalizzasse l’Olocausto “in nome di una bella finzione”.
Non ti muovere (2004)
Angela, la figlia quindicenne di Timoteo arriva nell’ospedale dove il padre lavora in condizioni disperate a seguito di un incidente in motorino. Mentre operano la figlia, Timoteo scorge da una finestra la figura di una donna seduta sotto la pioggia. In lei riconosce Italia, la donna con cui quindici anni prima ha avuto una relazione appassionata e tormentata. Timoteo ripercorre così i ricordi della sua storia: l’amore per Italia, il matrimonio con Elsa, la nascita di Angela ora in pericolo di vita. Mentre Angela lotta tra la vita e la morte, Timoteo ripensa alle sue scelte, alle sue debolezze e ai suoi rimpianti.
Sergio Castellitto dirige e scrive la sceneggiatura adattando insieme a Margaret Mazzantini il romanzo omonimo da lei stessa scritto. Interpreta il ruolo del protagonista accanto a Claudia Gerini (Elsa) e a Penélope Cruz nella parte di Italia. L’attrice spagnola recita in italiano dando vita a una prova elogiata in maniera unanime; sono proprio la sua carica espressiva e la capacità di restituire ogni tratto del suo personaggio la forza del film. Opera matura e profonda, Non ti muovere è il racconto di un amore carnale e doloroso, di una vita familiare apparentemente perfetta e di un uomo alle prese con le sue responsabilità.
Romanzo criminale (2005)
La storia della Banda della Magliana e del suo dominio incontrastato a Roma, sullo sfondo degli anni Ottanta in Italia tra stragi, mafia, tangenti, strategia del terrore e comunismo. Venticinque anni trascorsi tra loschi affari, commercio di droga e violenza; con il commissario Scialoja ad indagare sulle tracce degli spietati criminali con l’intento di fermarli. Questa la sinossi di Romanzo criminale, film del 2005 diretto da Michele Placido e tratto dall’omonimo romanzo del 2002 di Giancarlo De Cataldo. Le vicende si ispirano alle azioni della banda criminale considerata la più potente che abbia mai operato a Roma.
Romanzo criminale, pur non essendo sempre storicamente accurato e fedele (le libertà prese non sono poche), è un’epopea gangster forte nella regia e ancor più nelle interpretazioni degli attori. Pierfrancesco Favino spicca su tutti ma da Kim Rossi Stuart a Stefano Accorsi passando per Claudio Santamaria, tutti gli interpreti regalano ottime prove. Un ritmo incalzante, una struttura in atti coerente e coesa e una colonna sonora con i maggiori successi degli anni Settanta e Ottanta completano il quadro.
Gomorra (2008)
Quattro vicende raccontano la presa della camorra sulla vita delle persone. Quella del sarto Pasquale, quelle dei piccoli criminali Marco e Ciro e degli imprenditori Franco e Roberto. E quella del piccolo Totò, vittima di uno spietato sistema. Questa la sinossi di Gomorra, film del 2008 per la regia di Matteo Garrone ispirato all’omonimo best-seller di Roberto Saviano. Al centro della storia il racconto della camorra con tutto il suo portato di agghiacciante normalità.
Come un’infezione, la camorra attacca tutto il tessuto sociale, dai ristoranti al turismo, dai negozi ai supermercati, passando per le banche e il settore edilizio. Matteo Garrone scopre questo mondo con occhio clinico avvalendosi anche di attori non professionisti. Gomorra si aggiudica sette David di Donatello fra cui quello per la miglior regia, miglior film e miglior sceneggiatura.
La grande bellezza (2013)
Jep Gambardella è un giornalista sessantacinquenne che si muove con fascino e stile nella Roma della mondanità. Ha a che fare con uomini di cultura veri o presunti, attori, ecclesiastici, criminali e nuovi ricchi. Attorno a lui sfilano una quantità di esseri umani il cui tratto comune è lo smarrimento di valori, morale e identità all’interno di una città altrettanto vuota seppure splendida. In crisi anche per il blocco creativo che lo affligge per la stesura di un nuovo romanzo, Jep si trova a fare un bilancio della sua intera esistenza.
Paolo Sorrentino firma un’analisi complessa, metaforica e labirintica con al centro temi esistenziali come il passare del tempo, la decadenza morale, la morte, la religione. Toni Servillo fa appello a tutta la sua classe e il suo talento per dar vita a un personaggio di raro carisma ed eleganza. La grande bellezza è un film di maschere e di gabbie dorate, la dissezione di una società superficiale e volgare nella sua ossessiva mondanità. Impossibile non pensare a Fellini, riferimento immediato nella rappresentazione di un circo umano grottesco.
Non essere cattivo (2015)
Ostia, 1995. Vittorio (Borghi) e Cesare (Marinelli) sono amici da una vita e il loro è un legame fraterno. Entrambi cercano una via di fuga dalla condizione in cui vivono facendo uso di stupefacenti; spacciano e si dedicano ad altre attività illegali. Un giorno Vittorio sceglie di cambiare vita e trova lavoro in un cantiere; coinvolge Cesare e le loro nuove vite sembrano prendere forma pur tra ricadute e vecchi problemi che puntualmente si ripresentano. Nonostante i cambiamenti, per Cesare continua ad essere forte il desiderio di tornare a fare la vita di prima. Soprattutto quando le condizioni della sua nipotina malata di AIDS peggiorano notevolmente.
Ultimo film scritto e diretto da Claudio Caligari – deceduto poco dopo il termine delle riprese – Non essere cattivo chiude idealmente la trilogia iniziata con Amore tossico e proseguita con L’odore della notte. Presentato fuori concorso a Venezia 72, il film riscuote sin da subito un ottimo successo di critica. Il racconto è portato avanti da una sceneggiatura che spinge ad entrare in connessione con i personaggi facendo nel contempo mantenere la giusta lucidità per analizzarne le azioni. Luca Marinelli e Alessandro Borghi interpretano i rispettivi personaggi con misura e intensità, regalando prove splendide. Non essere cattivo è senza dubbio uno dei film italiani da vedere migliori degli ultimi anni.
Mia madre (2015)
Margherita (Margherita Buy) è una regista al lavoro su un film che racconta lo scontro tra gli operai di una fabbrica e i nuovi proprietari americani. Ha un fratello, Giovanni (Nanni Moretti), che le sta vicino e insieme accudiscono la madre Ada, malata di cuore e ricoverata in ospedale. La donna non riesce a prendersi cura della madre come vorrebbe e non riesce ad accettare l’aggravarsi delle sue condizioni. Si deve inoltre destreggiare fra una relazione fallimentare, la figlia adolescente e la star del suo film, Barry (John Turturro), in piena crisi.
Anche con Mia madre, Nanni Moretti porta avanti l’istanza di un’auto-analisi attraverso l’interpretazione di un personaggio. Qui l’analisi è ancor più profonda, intima e dolorosa e il regista si confessa e rivela sia attraverso la figura di Giovanni che tramite quella di Margherita. Il registro stilistico prevalentemente drammatico non manca di riflessioni sottilmente ironiche. Straordinaria Margherita Buy che regala una prova autentica e commovente soprattutto nel rapporto con il personaggio di Ada, interpretata da Giulia Lazzarini, altrettanto magnifica.
Suburra (2015)
Nell’antica Roma la Suburra era il quartiere dove il potere e la criminalità segretamente si incontravano. Dopo oltre duemila anni, quel luogo esiste ancora. Perché oggi, forse più di allora, Roma è la città del potere. Quello dei grandi palazzi della politica, delle stanze affrescate del Vaticano; quello, infine, della strada, dove la criminalità continua da sempre a cercare la via più diretta per imporre a tutti la propria legge.
Basato sul romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo, Suburra di Stefano Sollima è tra i film italiani da vedere nonostante qualche difetto di sceneggiatura. Qualche snodo narrativo, insieme a qualche dialogo, avrebbe potuto essere gestito meglio ma quello che manca su questo fronte è compensato in altri modi. In primo luogo dal talento del cast (Favino, Borghi, Germano, Amendola) che dà lustro tanto ai personaggi principali quanto a quelli secondari; in seconda battura da una regia impeccabile e una fotografia esteticamente appagante.
La pazza gioia (2016)
Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi) e Donatella (Micaela Ramazzotti) sono entrambe ricoverate in una struttura per donne affette da disturbi psichiatrici. Non potrebbero essere più diverse tra loro; Beatrice è un fiume in piena che si comporta come se fosse finita lì per caso, mentre Donatella è timida, silenziosa e introversa. Finiscono col fare amicizia e diventano l’una la spalla dell’altra. Un giorno intraprendono una fuga avventurosa in autostop, che cambierà le loro vite per sempre.
Paolo Virzì dirige e firma la sceneggiatura de La pazza gioia insieme a Francesca Archibugi. Il film si aggiudica nel 2017 cinque David di Donatello tra cui miglior film, regia e miglior attrice protagonista a Valeria Bruni Tedeschi. I pregi maggiori sono un soggetto interessante, dialoghi ben scritti e densi di significato e la chimica tra le due attrici protagoniste. Nel loro rapporto ci sono fiducia, paura, disperazione e tenerezza e la rappresentazione della loro amicizia è portata sulla scena con mestiere. Pur soffrendo per qualche mancanza nella scrittura dei personaggi secondari e per qualche cliché, La pazza gioia non può mancare nella nostra lista di film italiani da vedere.
Chiamami col tuo nome (2018)
Il diciassettenne Elio Perlman trascorre le vacanze estive con i suoi genitori in una villa nelle campagne attorno a Crema. Suo padre, professore di archeologia, ospita come ogni anno un dottorando impegnato nella stesura della tesi. Lo studente che arriva a casa Perlman nel 1983 è Oliver, ventiquattrenne americano di origini ebree affascinante, spigliato e sicuro di sé. Elio e Oliver cominciano a passare sempre più tempo insieme, alternando momenti di grande vicinanza ad altri di apparente distacco. Ma è quando Oliver dà appuntamento a Elio sulla terrazza a mezzanotte che la vita del giovane e introverso diciassettenne cambia per sempre.
Luca Guadagnino dirige, a partire da una sceneggiatura firmata da James Ivory, l’adattamento per il grande schermo di Chiamami col tuo nome di André Aciman. Protagonisti del film sono Armie Hammer nel ruolo di Oliver e Timothée Chalamet in quello di Elio ed entrambi sono artefici di interpretazioni perfette, forti anche di una buona dose di chimica tra loro. Chiamami col tuo nome racconta un amore, un viaggio adolescenziale di scoperta; racconta una famiglia, un’epoca (tutto ha una ragione d’essere precisa). Ottima anche la prova di Michael Stuhlbarg che regala il ritratto di una figura paterna indimenticabile e rara. Candidato a quattro premi Oscar, vince per la miglior sceneggiatura non originale.
Sulla mia pelle (2018)
La morte violenta di Stefano Cucchi è uno dei fatti di cronaca nera che più ha scosso le coscienze negli ultimi anni. Il 15 ottobre del 2009 Stefano Cucchi viene fermato e tratto in fermo a seguito di un controllo da parte dei Carabinieri. È in possesso di diverse sostanze stupefacenti e quando arriva in caserma, pur apparendo denutrito e soffrendo di epilessia, le sue condizioni fisiche sono buone. Il giorno successivo si procede al processo per direttissima e in tribunale Cucchi arriva con evidenti segni di violenza sul volto. Le sue condizioni peggiorano rapidamente; i medici constatano diverse lesioni e per l’aggravarsi della situazione viene trasferito al reparto detenuti dell’ospedale Sandro Pertini. Ed è lì che Stefano muore il 22 ottobre, solo, senza aver avuto più contatti con la famiglia nonostante i ripetuti tentativi.
Presentato in sezione Orizzonti alla 75ª Mostra del Cinema di Venezia, Sulla mia pelle è un racconto necessario, uno dei film italiani più importanti degli ultimi anni. Alessio Cremonini ricostruisce gli ultimi giorni di Stefano Cucchi con precisione e un tatto unici, lavorando in maniera impeccabile sul corpo, il volto e la voce di Alessandro Borghi. Borghi, dal canto suo, recita per sottrazione, con una estrema economia di parole e una concretezza che lascia letteralmente senza fiato. Cremonini non si schiera, non prende posizioni e questo è un valore aggiunto fondamentale di Sulla mia pelle. Con la sua prova, Alessandro Borghi conferma di essere uno dei migliori interpreti nel panorama cinematografico nostrano.
Dogman (2018)
Marcello possiede un negozio di toelettatura per cani, vive nella periferia di Roma e conduce una vita tranquilla, se non fosse che per arrotondare spaccia cocaina. Stringe un rapporto di amicizia con Simone, un ex pugile locale le cui azioni criminali terrorizzano il quartiere. Dopo essere finito in galera per colpa di Simone, una volta tornato libero non è più l’uomo mite di prima ed inizia a meditare vendetta nei confronti dell’ex pugile.
Dogman di Matteo Garrone entra a pieno diritto nella nostra selezione di film italiani da vedere. Nel 2019 rappresenta l’Italia agli Oscar nella categoria miglior film straniero. Il film trae libera ispirazione dal delitto del Canaro, il pugile amatoriale Giancarlo Ricci, avvenuto a Roma nel 1988 per mano di Pietro De Negri. Fin dalla presentazione al Festival di Cannes 2018, Dogman riscuote riscontri eccellenti da parte della critica, soprattutto per le prove dei due attori protagonisti Edoardo Pesce e Marcello Fonte.
La terra dell’abbastanza (2018)
Tra i film italiani più interessanti degli ultimi anni c’è anche il debutto alla regia dei fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo. Mirko (Matteo Olivetti) e Manolo (Andrea Carpenzano) sono due amici e compagni di scuola che vivono nella periferia romana. Una sera investono con la macchina, uccidendolo, un uomo e scappano senza prestare soccorso. Gli iniziali sensi di colpa passano non appena i due scoprono che l’uomo era un pentito del clan dei Pantano; Mirko e Manolo hanno l’opportunità di entrare in quel clan senza rendersi conto fino in fondo delle conseguenze delle loro azioni.
Presentato al Festival di Berlino 2018 La terra dell’abbastanza vince, nello stesso anno, il Nastro d’argento per la miglior regia esordiente. Esordio sorprendente, il film percorre un filone piuttosto praticato nel nostro paese e analizza i temi delle periferie, della criminalità organizzata e degli esclusi. Percorre e arricchisce questo sottogenere spingendo l’analisi a fondo e approfondendo il tema dell’amicizia tramite le figure dei due protagonisti. Una riflessione sul disagio che è un vero e proprio campanello d’allarme che chiama lo spettatore a una riflessione attiva, oltre quello che succede sullo schermo.
Il traditore (2019)
Nei primi anni Ottanta i clan mafiosi sono all’apice del loro potere e la Sicilia è la capitale mondiale del traffico di droga. Le fazioni di Cosa Nostra, palermitana e corleonese (capeggiata da Totò Riina), sono in lotta fra loro pur mantenendo una facciata di amicizia e collaborazione. Tommaso Buscetta, fiutando l’imminente faida tra famiglie, decide di fuggire in Brasile. Le sue previsioni non tardano ad avverarsi e lui stesso viene catturato e torturato dalla polizia brasiliana. Quando viene estradato in Italia il giudice Giovanni Falcone gli offre la possibilità di collaborare con la magistratura in cambio di protezione. Buscetta diventa così il primo collaboratore di giustizia della storia, un traditore per il codice mafioso.
Presentato al Festival di Cannes, Il traditore di Marco Bellocchio ottiene ottimi riscontri pur non aggiudicandosi alcune premio. Bellocchio confeziona un film dal respiro quasi teatrale mantenendo dall’inizio alla fine un’attinenza alla realtà compiutamente documentaristica. Due ore e mezza di minutaggio che sono un crescendo di tensione e coinvolgimento. Come di consueto, Pierfrancesco Favino lavora a tutto tondo sul suo personaggio, trasformandosi in Tommaso Buscetta con grande realismo e credibilità. Vero e proprio trionfo ai David di Donatello 2020, dove si aggiudica sei premi tra cui miglior film, regia e attore protagonista.
Il primo re (2019)
Travolti dall’esondazione del Tevere, Romolo e Remo, due giovani fratelli pastori, si ritrovano dopo aver perso il loro gregge sulla costa di Alba Longa. Vengono catturati dagli albani come schiavi ma riescono a liberarsi e a guidare una rivolta dei popoli italici. È l’inizio della nascita di una nuova tribù, oltre il volere degli dei, contro le forze nemiche e al di là delle superstizioni, che metterà i due fratelli uno contro l’altro.
Mito di fondazione, racconto epico e storia cruda e brutale, Il primo re entra nella nostra selezione di film italiani da vedere. Completamente recitato in protolatino – con un meticoloso e accurato studio di ricostruzione alla base – il film di Matteo Rovere è un kolossal ambizioso e affascinante. Alessandro Borghi ed Alessio Lapice superano a pieni voti la prova di recitare in una lingua complessa e a fronte di una grande economia di dialoghi danno spessore e profondità ai rispettivi personaggi. Splendida la fotografia curata da Daniele Ciprì, fondamentale per la creazione di atmosfere suggestive e immersive.
Martin Eden (2019)
Martin Eden è un proletario lavora come marinaio nella Napoli del primo Novecento. È semi-analfabeta e quando conosce la giovane e bella borghese Elena decide di dare una svolta alla sua vita e alla sua erudizione. Divora libri da, si cimenta da autodidatta nella composizione di poesie e lettere alla sua amata e col tempo ottiene tutto ciò che vuole. Conquista l’amore e diventa uno scrittore famoso, ma sente nel contempo di stare tradendo le proprie origini.
Giustamente considerato tra i migliori film italiani degli ultimi anni, Martin Eden di Pietro Marcello trae libera ispirazione dell’omonimo romanzo di Jack London del 1909. Seguiamo l’evoluzione del personaggio, la sua crescita, la lotta continua tra istinto e ragione, l’impegno politico e la sua costante insoddisfazione. Luca Marinelli porta in scena il suo Martin Eden in maniera impeccabile, in ogni suo tratto e sfaccettatura. Grazie alla sua performance ottiene la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile a Venezia 76.
Favolacce (2020)
Nella periferia di Roma alcune famiglie vivono in un complesso abitativo di villette a schiera. La quotidianità trascorre in maniera apparentemente normale. La tranquillità, tuttavia, è solo apparente e ciascuno dei nuclei familiari fa i conti con un substrato di frustrazione, rabbia repressa, passività e insoddisfazioni. A farne le spese sono i figli, ragazzi vittime di schemi che li imprigionano e soprusi che portano a un disagio profondo, letteralmente pronto ad esplodere.
Favolacce dei fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo è tra i migliori film italiani da vedere degli ultimi anni; probabilmente il migliore uscito nel nostro Paese nel 2020. La sceneggiatura vince l’Orso d’argento allo scorso Festival di Berlino ed Elio Germano regala una delle performance migliori della sua straordinaria carriera. Dopo La terra dell’abbastanza, i fratelli D’Innocenzo confermano di essere tra i cineasti più talentuosi nel panorama nostrano. Crudo, amaro e potente, Favolacce è un racconto diretto degli orrori della società contemporanea; una favola sporca, angosciante e grottesca, indimenticabile nel verso senso della parola.
I predatori (2020)
I Pavone sono una famiglia elegante ed agiata ben attenta a preservare le apparenze al di fuori delle mura domestiche. Lui è un medico, lei una regista e il figlio Federico un assistente universitario fissato con Nietzsche. I Vismara vivono invece alla periferia di Roma, hanno simpatie fasciste e il capostipite Claudio gestisce un’armeria. Le due famiglie finiscono per avvicinarsi, “complici” un incidente in macchina e l’acquisto di un ordigno.
Esordio alla regia per Pietro Castellitto, che firma una sceneggiatura efficacissima, punteggiata di ironia, disincanto e grottesco. Interessantissimo il modo in cui Castellitto dipinge i due nuclei familiari, con particolare attenzione alla messa in scena senza alcuna indulgenza della loro nullità. Pietro Castellitto è perfetto nei panni di Federico, ma la prova migliore è quella di Giorgio Montanini nel ruolo di Claudio Vismara. Montanini interpreta con precisione chirurgica ogni sfumatura del suo personaggio senza mai – complice anche la scrittura – farlo scivolare nel macchiettismo. I predatori è uno dei film italiani più recenti da vedere senza esitazione.
Lei mi parla ancora (2021)
Nino perde il suo grande amore, Rina, dopo 65 anni di matrimonio. Rimane talmente legato al ricordo e alla presenza della moglie da sentirla ancora vicina, fino al punto di parlarle ancora dietro una porta chiusa della loro grande casa. La figlia dei due, Elisabetta, si rivolge a uno scrittore romano in crisi per aiutare Nino a scrivere un libro di memorie che racconti la storia di questo grande amore. Col passare del tempo e col progredire del racconto, tra Nino e lo scrittore si sviluppa un rapporto di amicizia sincero e profondo, che cambierà la vita di entrambi.
L’ultimo film di Pupi Avati è un vero e proprio gioiello di misura, grazia ed eleganza; uscito da poche settimane, entra a pieno titolo nella nostra selezione di film italiani da vedere. Avati adatta per lo schermo l’opera autobiografica di Giuseppe Sgarbi e sceglie, per interpretarlo, Renato Pozzetto qui al primo ruolo drammatico della sua lunga carriera. Pozzetto si fa artefice di una performance estremamente commovente pur recitando senza mai calcare la mano sull’emotività a tutti i costi. Pupi Avati firma una pellicola personalissima in cui si ritrovano tutti i luoghi – fisici e metaforici – della sua filmografia. Nel cast anche Fabrizio Gifuni, Stefania Sandrelli, Lino Musella e Alessandro Haber.
Thriller e Horror – Film italiani da vedere
L’uccello dalle piume di cristallo (1970)
L’italo-americano Sam Dalmas lavora a Roma in un istituto di scienze naturali mentre cerca di trovare calma e ispirazione per portare avanti la sua carriera di scrittore. Ha appena concluso uno studio sulle specie più rare di uccelli ed è pronto per tornare negli Stati Uniti insieme alla sua compagna Giulia. Una sera, rientrando a casa, assiste a un delitto in una galleria d’arte e avverte la polizia. Le indagini concentrano i sospetti su un uomo che ha già commesso tre delitti nell’arco di un mese. Sam racconta alla polizia tutto ciò che sa ma gli sfugge un dettaglio, che potrebbe essere cruciale per le indagini.
Primo film da regista per Dario Argento che con L’uccello dalle piume di cristallo inaugura la cosiddetta trilogia degli animali. Seguiranno Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio. Il film farà da spunto a molti altri gialli di casa nostra negli anni Settanta ed è tra i classici film thriller italiani da vedere. Film ricchissimo di spunti e rimandi a precedenti opere di genere, resta originalissimo per l’epoca di uscita. Argento non lesina sulla violenza e lo shock, con alcune sequenze ad alta tensione che fanno dimenticare qualche dialogo un po’ più debole.
Profondo rosso (1975)
Durante una conferenza sui fenomeni telepatici, la sensitiva Helga Ullmann percepisce e rivela che tra gli spettatori si cela un assassino. Tornata a casa è vittima di una brutale aggressione e soccombe sotto i colpi di un omicida violento e sanguinario. Marc e Carlo sono testimoni del fatto e quando il commissario Calcabrini arriva sul posto, il primo diventa il sospettato numero uno. Marc decide quindi di unire le forze con la giornalista Gianna Brezzi per dare la caccia al killer.
Profondo Rosso segna per Dario Argento la tappa di passaggio dal thriller all’horror; passaggio avvenuto in maniera compiuta con Suspiria nel 1977. Quando arrivò in sala, non raccolse giudizi particolarmente positivi e buona parte della critica finì inizialmente per snobbarlo. Solo col passare del tempo, grazie anche a un successo di pubblico solido e duraturo, è diventato un vero e proprio cult. Ibrido tra il giallo e l’horror, Profondo Rosso è uno dei film di genere italiani da vedere che occupa un posto importante tra i capisaldi del cinema di casa nostra. Indimenticabile e altrettanto cult la colonna sonora dei Goblin, gruppo progressive rock italiano che con Dario Argento ha avuto un sodalizio duraturo e sempre riuscito.
Suspiria (1977)
In una notte di tempesta Susy Benner, una promettente studentessa di danza, arriva dagli Stati Uniti a Friburgo per perfezionare la tecnica in una prestigiosa accademia. Al suo arrivo incontra Pat, un’allieva in fuga precipitosa dall’accademia che ben presto muore in circostanze misteriose. Susy fa la conoscenza della vicedirettrice Madame Blanche e dell’inflessibile e severa insegnante Miss Tanner. Stringe amicizia con Sarah e più prende familiarità con la scuola, più quell’edificio e le persone che lì vivono e lavorano appaiono inquietanti ed enigmatiche. Col passare dei giorni nell’accademia si verificano fatti sempre più strani e spaventosi e Susy scopre un orribile segreto.
Suspiria è considerato, insieme a Profondo Rosso, il miglior film di Dario Argento. È il primo capitolo della cosiddetta trilogia delle tre madri, cui seguiranno Inferno nel 1980 e La terza madre nel 2007. Dal punto di vista fotografico prevalgono in maniera dominante i toni accesi del rosso che creano sui volti degli attori giochi di luce molto suggestivi. Con Suspiria, Argento passa in maniera compiuta dal thriller all’horror confezionando un’opera terrificante che ha segnato la storia del cinema italiano. Ad accompagnare la narrazione ci sono, ancora una volta, le musiche dei Goblin.
Suspiria (2018)
In un’accademia di danza di fama mondiale si muove una presenza oscura, che inghiottirà il direttore artistico della troupe, una ballerina ambiziosa e uno psicoterapeuta in lutto. Qualcuno soccomberà all’incubo. Altri, alla fine, si risveglieranno. Luca Guadagnino fa sua la fascinazione per Suspiria di Dario Argento e costruisce un film d’autore piuttosto lontano dall’originale e ambientato nel suo stesso anno di uscita, il 1977. Un anno cruciale per le rivendicazioni femminili e difatti il film scava nel femminile e mette la donna al centro del racconto.
Guadagnino approfondisce la figura femminile come nel ruolo di danzatrice, strega e più di tutto madre. Nella prima parte del film c’è la famosa, lunga sequenza di danza che è un concentrato di puro orrore e turbamento; tanto sconvolgente quanto esteticamente curata. Tilda Swinton, attrice feticcio del regista, è magnifica nel ruolo di Madame Blanc e Dakota Johnson dimostra il suo talento alle prese con una Susy molto diversa da quella di Argento. La colonna sonora con le musiche di Thom Yorke è per lo più efficace e propedeutica alla creazione di un’atmosfera inquietante, anche se non in tutti i momenti del film.
Il signor Diavolo (2019)
Proseguiamo la nostra carrellata di film italiani da vedere con Il signor Diavolo, film del 2019 scritto e diretto da Pupi Avati, tratto da un suo stesso romanzo. Nell’autunno del 1952, Furio Momentè, un ispettore del Ministero di Grazia e Giustizia, viene inviato a Venezia per evitare la deposizione di un prete e di una suora in un caso di omicidio. Le sue indagini rivelano torbide, oscure trame.
Questa la sinossi di uno dei migliori horror italiani degli ultimi anni, da un regista che questa materia la sa trattare con uno stile inconfondibile. Il signor Diavolo è un horror ricchissimo di spunti, inquietante, disturbante, macabro e a volte grottesco. In due parole, un vero esempio del personalissimo gotico padano di Pupi Avati. Affascinante l’ambientazione, esaltata con grande potenza dalla fotografia e da inquadrature che colgono ogni dettaglio.
Commedia – Film italiani da vedere
I soliti ignoti (1958)
Carmine è detenuto a Regina Coeli per un tentato furto d’auto. Viene a sapere da un altro detenuto che c’è la possibilità di rapinare, con relativa semplicità, la cassaforte del Monte di Pietà. Tentato dall’occasione, Carmine chiede aiuto all’amico Capannelle chiedendogli di trovare qualcuno che si addossi la colpa del tentato furto per farlo uscire di prigione. Ad accettare è Peppe er Pantera, un ex pugile, che però viene arrestato a sua volta. In carcere scopre i dettagli del piano al Monte di Pietà da Carmine e quando esce inizia a preparare il colpo. A coadiuvare la banda improvvisata c’è anche Totò, esperto scassinatore in pensione.
I soliti ignoti di Mario Monicelli è il caposcuola del genere heist movie in Italia ed è una delle commedie all’italiana per eccellenza. Sceneggiatura solida, una grande cura formale e l’idea di esplorare nuovi temi in chiave comica ne fanno un vero e proprio gioiello. A trainare il cast, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Totò e Memmo Carotenuto. Nel 1959 rappresenta l’Italia agli Oscar nella categoria miglior film straniero. Uno dei migliori film comici italiani da vedere assolutamente.
Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974)
Raffaella è una ricca borghese che sta trascorrendo le sue vacanze in uno yacht al largo del Meditteraneo insieme a un gruppo di amici viziati e snob. Propensa a sminuire il personale di bordo facendo valere il suo status sociale, se la prende soprattutto con Gennarino, marinaio siciliano che mal sopporta le critiche ma incassa per portare a casa il suo guadagno. A seguito di un naufragio i due si ritrovano soli su un’isola deserta e gli equilibri si ribaltano; qui è Gennarino il “padrone”, che non perde occasione per far pagare a Raffaella tutti i suoi soprusi. Finché non li travolge la passione.
Scritto e diretto da Lina Wertmüller, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto si gioca tutto sui due protagonisti. Mariangela Melato e Giancarlo Giannini sono Raffaella e Gennarino sono irresistibili nel loro rapporto tragi-comico, appassionato, rabbioso, profondo e infine malinconico. Vere e proprie colonne portanti di un film tutto incentrato sulle loro dinamiche. Se l’originale del 1974 è uno dei film italiani da vedere di genere comico, il remake di Guy Ritche con Madonna e Massimo Giannini è assolutamente da evitare.
Fantozzi (1975)
Il ragionier Ugo Fantozzi è un umile impiegato, vessato e bistrattato al lavoro sia dai colleghi che dai tirannici superiori. Alle prese con le manie organizzative del geometra Filini e con una cotta non corrisposta per la signorina Silvani, ne subisce quotidianamente di tutti i colori. A casa la situazione non è migliore, con la trascurata e servizievole moglie Pina e la figlia Mariangela, fonte per Fantozzi di enorme imbarazzo. Il primo film della saga diretto da Luciano Salce segue lo sventurato Fantozzi fra improbabili gite fuori porta, feste coi colleghi e varie disavventure familiari.
Primo film della serie con protagonista il personaggio letterario ideato da Paolo Villaggio e diventato un’icona nazionale. Grazie a gag paradossali e dal retrogusto amaro, sketch irresistibili e una forte vena satirica, Fantozzi è diventato a tutti gli effetti un film cult. Il personaggio del ragioniere è entrato nell’immaginario collettivo come un vero e proprio simbolo. Uno tra i film comici italiani classici da vedere assolutamente.
Il marchese del Grillo (1981)
All’inizio dell’Ottocento a Roma vive il marchese Onofrio del Grillo nel pieno delle campagne napoleoniche. Indolente e burlone, passa le sue giornate tra gli scherzi ai servi del palazzo, la frequentazione di osterie e in generale la nullafacenza. Tutto va avanti così fin quando le truppe napoleoniche entrano nello Stato Pontificio e il marchese si innamora di una giovane e avvenente attrice francese.
Alberto Sordi indossa nel film di Mario Monicelli una delle sue maschere più celebri, nelle vesti di un nobile arrogante e meschino. Attraverso questa figura Monicelli va a fondo nel tema delle diseguaglianze sociali, rendendo Il marchese del Grillo ben più di una semplice commedia, seppur molto divertente e fondata sul solo intrattenimento.
Bianco, rosso e Verdone (1981)
Italia, primi anni Ottanta. Durante un week end elettorale, Furio, Mimmo e Pasquale si mettono in viaggio per raggiungere i rispettivi seggi. Furio è uno statale maniacalmente organizzato e preciso, sposato con Magda; Mimmo un giovane impacciato e premuroso che viaggia con la nonna e Pasquale un emigrato residente a Monaco che si ritrova a tornare nel suo Paese d’origine dopo anni di lontananza.
Carlo Verdone scrive, dirige e interpreta un road movie all’italiana diventato negli anni un vero e proprio cult. Verdone interpreta tutti e tre i personaggi, affiancato da Irina Sanpiter (Magda) e dall’indimenticabile Elena Fabrizi nei panni della nonna. La forza di questa commedia tanto divertente quanto malinconica e amara sono proprio i personaggi, diventati delle icone, nonché delle fucine di citazioni. Bianco, rosso e Verdone è sicuramente il titolo più rappresentativo della filmografia del cineasta romano. Ci sono tutte le maschere più classiche del repertorio di Verdone, variamente declinate nella sua lunga carriera.
Mediterraneo (1991)
Seconda Guerra Mondiale, giugno 1941. Un gruppo di soldati italiani sbarca su una piccola isola del Mar Egeo dopo la campagna di Grecia. L’isola è stata parzialmente abbandonata dai suoi abitanti a seguito della violenta e sanguinosa occupazione tedesca. I soldati si abbandonano ben presto ad attività ben lontane dalla vita militare e la popolazione locale capisce pian piano che quegli uomini sono totalmente diversi dai predecessori tedeschi. L’isola torna dunque a popolarsi e i locali tornano a vivere la loro vita insieme ai soldati italiani.
Commedia del 1991 diretta da Gabriele Salvatores che nel 1992 vince l’Oscar come miglior film straniero. Lo stile di Salvatores qui è più compiuto e maturo e Mediterraneo è un film sull’amicizia, sul desiderio di fuga dalla realtà che ben mescola i toni lievi a quelli più drammatici. Al netto di qualche cliché di troppo, Mediterraneo è uno dei film italiani da vedere grazie soprattutto all’intesa del cast trainato da Diego Abatantuono, Claudio Bigagli, Giuseppe Cederna e Claudio Bisio.
Parenti serpenti (1992)
Col Natale alle porte, i fratelli Lina, Milena, Alessandro e Alfredo si trasferiscono con famiglie al seguito da nonno Saverio e nonna Trieste. Tutto sembra scorrere secondo i piani tipici per le festività quando i due anziani comunicano di volersi trasferire a casa di uno dei figli. La notizia sconvolge i precari equilibri e nessuno vuole prendersi in carico l’anziana coppia. Una mattina a colazione, in maniera del tutto casuale, i parenti serpenti trovano in una notizia di cronaca la soluzione, agghiacciante, al loro problema,
Mario Monicelli dirige questa commedia atipica del 1992 il cui soggetto si basa su una piece teatrale di Carmine Amoroso. Quella che inizia, appunto, come una commedia si trasforma pian piano in un dramma grottesco dai risvolti sempre più cupi e sinceramente disturbanti. Il racconto si sviluppa interamente dalla prospettiva di Mauro, il figlio di Lina, che descrive le sue vacanze natalizie in un tema. Commedia nera da non perdere, riproposta a cadenza regolare sotto le feste, trainata da un cast corale perfetto nei rispettivi ruoli.
Viaggi di nozze (1995)
Viaggi di nozze segue tre coppie dal matrimonio fino, appunto, alla luna di miele. Ci sono il professor Raniero con Fosca, l’ingenuo Giovannino e Valeriana e il coatto arricchito Ivano con la neosposa Jessica. Le tre coppie non potrebbero essere più diverse l’una dall’altra eppure tutte e tre si ritrovano a mettere in discussione sin da subito il loro rapporto. Fosca si pente all’istante del matrimonio con l’ossessivo Raniero, Jessica vorrebbe una relazione un po’ più normale e meno “strana”, mentre Valeriana e Giovannino in viaggio di nozze rischiano proprio di non andarci nemmeno.
Altra commedia popolarissima firmata da Carlo Verdone, ancora una volta impegnato in tutti e tre i ruoli maschili. Verdone mette in scena i difetti, le manie, le insoddisfazioni e le difficoltà dei personaggi con mano piuttosto pesante ma molto efficace. Perfette anche le interpreti femminili: Veronica Pivetti (Fosca), Claudia Gerini (Jessica) e Cinzia Mascoli (Valeriana). Enorme successo anche al botteghino, Viaggi di nozze è uno dei film comici italiani da vedere entrati ormai nell’immaginario comune.
Il ciclone (1996)
Levante vive in un grande casolare della campagna toscana insieme al padre Osvaldo, il fratello Libero e la sorella Selvaggia. La routine quotidiana viene interrotta quando un giorno, per errore, nel casolare arriva un gruppo di ballerine di flamenco insieme al loro manager e due improbabili autisti. Levante ha un colpo di fulmine quasi istantaneo per la bella Caterina che però è già fidanzata con Alejandro. Dà vita così a uno sgangherato piano per far ingelosire Caterina durante una cena in un elegante ristorante fiorentino, mentre Selvaggia sembra provare qualcosa per la sensuale Penelope.
Leonardo Pieraccioni scrive e dirige la sua commedia più riuscita in assoluto, di cui è protagonista insieme a Massimo Ceccherini, Lorena Forteza, Alessandro Haber, Barbara Enrichi e Sergio Forconi. Film molto piacevole, leggero e che si lascia rivedere sempre volentieri. Perfetta l’amalgama del cast sullo sfondo di una storia semplice e romantica che abbonda di ironia, con dialoghi ben riusciti e battute davvero divertenti. Una commedia che non stanca e che a ogni passaggio in tv garantisce distrazione, risate e onestissimo intrattenimento.
Tre uomini e una gamba (1997)
Aldo, Giovanni e Giacomo sono tre amici che lavorano nello stesso negozio di ferramenta e sono legati ciascuno a una figlia del cavalier Eros Cecconi. Aldo e Giovanni sono già sposati mentre Giacomo sta per convolare a nozze a Gallipoli; ed è lì che i tre si dirigono partendo in una calda mattinata dell’estate milanese. Lungo la strada fanno un piccolo incidente d’auto ed è in questa occasione che conoscono Chiara. Giacomo se ne invaghisce quasi all’istante e il viaggio verso la Puglia – con annessa consegna di una preziosissima gamba di legno – si popola di avventure, ripensamenti e nuove consapevolezze.
Tre uomini e una gamba è senza dubbio il film più popolare e amato del trio comico, al punto da essere diventato negli anni un vero e proprio cult della commedia italiana. E a ragion veduta: la commedia diretta da Massimo Venier è uno dei film comici da vedere più piacevoli che ci siano. Road movie verace e sempre credibile, ben scritto e recitato, tutto fondato sulla proverbiale chimica fra i tre interpreti. Memorabili alcune scene e citazioni, riprese anche nell’ultimo film del trio, Odio l’estate, per la gioia di tutti i loro fan.
Tutta la vita davanti (2008)
Laureata con lode in Filosofia, Marta (Isabella Ragonese) trova lavoro come baby-sitter per la figlia di Sonia (Micaela Ramazzotti), mentre il suo fidanzato parte per gli Stati Uniti come ricercatore. Per risparmiare sulle spese si trasferisce da Sonia che le consiglia, per arrotondare, di cercare lavoro nel call center di Multiple Italia. Marta viene assunta nel call center che imposta le regole per le proprie dipendenti con metodi decisamente eccentrici. Fa presto colpo su Daniela (Sabrina Ferilli), esaltata responsabile delle telefoniste che sembra abbia una relazione con Claudio (Massimo Ghini). Quando sulla scena compare il sindacalista Giorgio (Valerio Mastandrea) iniziano i problemi tra Marta e Sonia e anche per la stessa azienda.
Paolo Virzì scrive e dirige questa commedia liberamente tratta dall’opera di Michela Murgia Il mondo deve sapere. Interessanti e attuali i temi: il mobbing, le difficoltà dei neo-laureati, l’amicizia e la rivalità femminile. Virzì si muove tra riflessioni serie, momenti divertenti e una critica di fondo al mondo del lavoro come tritacarne che sfrutta e svilisce i giovani. Buona l’amalgama del cast, con Micaela Ramazzotti perfetta nel ruolo di Sonia.
Cose dell’altro mondo (2011)
Mariso Golfetto è un industriale veneto che riversa tutta la sua xenofobia negli spazi di una tv locale. Ariele è un poliziotto con una madre malata di Alzheimer e una storia passata con la maestra Laura, che ora aspetta un figlio da un ragazzo africano. Vivono tutti in una cittadina che, dopo uno strano temporale, si sveglia una mattina per scoprire che tutti gli extracomunitari e i cittadini stranieri sono spariti senza lasciar traccia. Golfetto rimane senza operai, Laura senza il padre di suo figlio e senza molti dei suoi bambini a scuola ed Ariele senza la badante assunta per prendersi cura della madre. Come fare per riuscire ad arrangiarsi da soli?
Con mano leggera, ironica ed efficacissima Francesco Patierno affronta il delicato tema della presenza necessaria dei cittadini extracomunitari nel nostro Paese. Figure essenziali nel nostro tessuto sociale e produttivo che spesso sono al centro di attacchi da parte della politica e di quelli stessi italiani che a loro si appoggiano senza riconoscere alcun merito. Cose dell’altro mondo ha suscitato non poche polemiche, soprattutto da esponenti di partiti di estrema destra che si sono sentiti chiamati in causa. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ha come interpreti Diego Abatantuono, Valerio Mastandrea e Valentina Lodovini. Una commedia poco conosciuta che consigliamo di recuperare.
Smetto quando voglio (2014)
Pietro Zinni, ricercatore neurobiologo della Sapienza di Roma fa una scoperta rivoluzionaria. L’Università, però, non ne comprende l’importanza e per tutta risposta non gli rinnova l’assegno di ricerca. Pietro decide allora di mettere insieme un gruppo di ex ricercatori come lui costretti a barcamenarsi tra le professioni di ripiego più disparate. L’idea è quella di sintetizzare una sostanza stupefacente non ancora riconosciuta illegale dal Ministero della Salute. I piani, però, non sempre vanno secondo le aspettative più rosee.
Un soggetto originalissimo, una sceneggiatura brillante e forte e il cast sono i punti di forza principale di Smetto quando voglio di Sydney Sibilia. Con sempre presente ironia, Sibilia tratta temi importanti e attuali (il precariato, il fallimento professionale, la perdità di identità), con dialoghi sempre pungenti ed efficaci. Una commedia da non perdere, cui fanno seguito due sequel, Smetto quando voglio – Masterclass e Smetto quando voglio – Ad honorem.
Fantastico e Azione – Film italiani da vedere
Il racconto dei racconti (2015)
Tre storie fantastiche si intrecciano in questa trasposizione cinematografica della raccolta di fiabe Lo cunto de li cunti di Gianbattista Basile. La regina, La pulce e Le due vecchie sono i titoli dei rispettivi tre episodi, che narrano gli eventi dei reali di Selvascura, Roccaforte ed Altomonte.
Matteo Garrone pesca a piene mani e in maniera piuttosto libera dalla raccolta di fiabe più antica d’Europa. Ne scaturisce una fucina di personaggi indimenticabili, ciascuno portatore di sentimenti, emozioni e vizi più vari. Notevole nella costruzione di immagini articolate e potenti, con una colonna sonora – firmata da Alexandre Desplat – che accompagna quasi ogni momento della narrazione. Il racconto dei racconti è uno dei film italiani da vedere che appartiene a un genere, il fantasy, davvero poco praticato nel nostro Paese.
Lo chiamavano Jeeg Robot (2015)
Enzo Ceccotti vive di espedienti e piccoli crimini in uno squallido appartamento alla periferia di Roma. Passa le sue giornate mangiando budini e guardando film porno quando un giorno, durante una fuga dalla polizia, succede qualcosa di inaspettato. Enzo si butta nel Tevere ed entra in contatto con una sostanza radioattiva. Superato il malessere iniziale si prepara per un colpo commissionato dal boss Fabio Cannizzaro, detto Lo Zingaro. In questa occasione scopre di aver acquisito dei superpoteri e conosce Alessia, una ragazza con disturbi psichici che confonde realtà e immaginazione ed è fissata con Jeeg robot d’acciaio.
Girare un film supereroistico in Italia, dove non esiste tradizione in questo senso, non dev’essere stata impresa facile, ma Gabriele Mainetti ha superato la prova a pieni voti. Lo chiamavano Jeeg Robot è un film originalissimo che non sbaglia un colpo: dalla regia allla sceneggiatura, dalle ambientazioni al comparto tecnico passando per le interpretazioni. Claudio Santamaria regala un’ottima prova nei panni di Enzo Ceccotti mentre Luca Marinelli è magnetico e imprevedibile nel ruolo del villain Lo Zingaro.
Guerra – Film italiani da vedere
La grande guerra (1959)
1916, Prima Guerra Mondiale. Il romano Oreste e il milanese Giovanni si incontrano in un distretto militare. Oreste assicura a Giovanni di poterlo far riformare in cambio di denaro; proposta, questa, che si rivela un buco nell’acqua. Si perdono di vista per ritrovarsi su un convoglio diretto al fronte e dopo alcune schermaglie iniziali finiscono per diventare buoni amici. Passano i mesi e i due attendono la chiamata al fronte, con lo scopo principale di uscire sani e salvi dalla guerra; cosa che vale subito loro la nomea di vigliacchi. Durante la ritirata italiana finiscono dalla parte sbagliata dello schieramento e separati dal loro battaglione. Tentano di ricongiungersi all’unità travestendosi da austriaci e sono presto chiamati a dar prova del loro coraggio e della loro dignità.
Mario Monicelli dirige Alberto Sordi e Vittorio Gassman in uno dei migliori film italiani di guerra di sempre. Sordi e Gassman sono due interpreti straordinari e qui, nel loro essere così diversi eppure così simili, danno vita a ritratti indimenticabili, Non c’è retorica ne La grande guerra, non c’è patriottismo; il realismo è totale anche se velato qua e là da qualche inevitabile concessione al macchiettismo. Nel cast anche Silvana Mangano, Romolo Valli e Folco Lulli.
Uomini contro (1970)
Durante la Prima Guerra Mondiale, i soldati del generale Leone hanno l’ordine di abbandonare una postazione strategica nell’Altopiano di Asiago, a fronte di oltre tremila caduti. L’ordine cambia repentinamente ma gli austriaci si sono già insediati stabilmente sulla cima del Monte Fior. Il risultato è un massacro, con continue perdite di vite umane e strategie inefficaci. Stanchi di essere mandati a morire, i soldati si ribellano a Leone che risponde ordinando la decimazione: i soldati sono costretti a uccidersi tra di loro. Si rivolgono agli unici ufficiali degni di fiducia, Ottolenghi e Sassu, che considerano la guerra una strage inutile e crudele.
Francesco Rosi dirige e adatta insieme a Tonino Guerra e Raffaele La Capria il romanzo Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu. Non sempre fedele al soggetto – e spesso per questo criticato – Uomini contro è un racconto crudo con al centro la disumanità del conflitto. Un tema, questo, enfatizzato dalla messa in scena dei comportamenti ridicoli ed esaltati del generale Leone, cui fanno da contraltare i tenenti Ottolenghi e Sassu. Uno tra i film italiani di guerra da vedere, sostenuto soprattutto dall’ottima prova di Gian Maria Volontè.
Biografico – Film italiani da vedere
Il giovane favoloso (2014)
La storia di Giacomo Leopardi, bambino prodigio rinchiuso in una casa che è una biblioteca, mentre la propria voglia di conoscere il mondo lo porta a viaggiare con la mente e l’immaginazione. A ventiquattro anni lascia Recanati per entrare nell’alta società, ma il poeta non riesce ad adattarsi alla nuova vita.
Mario Martone dirige Elio Germano in un film biografico che ricorda, per certi versi, l’andamento e il rapporto padre-figlio esplorato in Amadeus di Forman. Germano riesce, con una performance straordinaria, a mettere in luce ogni aspetto e caratteristica più intima e profonda di Giacomo Leopardi. Interessante la scoperta del lato più umano e affettuoso del poeta, rappresentato con tatto, malinconia e tenerezza.
Volevo nascondermi (2020)
Nato da genitori italiani, Antonio Ligabue cresce in Svizzera con una coppia con cui non ha buoni rapporti. A mancare è l’amore, cosa che rende Antonio un bambino diverso dagli altri. Col passare del tempo le cose non migliorano, fra condizioni economiche precarie e disagio che lo portano a commettere atti violenti verso se stesso e gli altri. Antonio entra ed esce dai manicomi fin quando viene cacciato dalla Svizzera e si ritrova solo, nell’Italia fascista che lo ripudia come inetto. Solo nella natura riesce a trovare il suo equilibrio, fin quando Renato Marino Mazzacurati gli indica la via dell’arte. Sulla tela esplode l’animo di Ligabue, tormentato e fragile, che restituisce nelle sue opere il mondo fantastico in cui vive.
Il ritratto di un genio incompreso e schernito, una fotografia magnifica e la straordinaria interpretazione di Elio Germano fanno di Volevo nascondermi di Giorgio Diritti uno dei film italiani recenti da vedere. La figura di Ligabue emerge in tutte le sue sfaccettature e Germano non si limita a interpretare ma diventa, piuttosto, il suo personaggio. Accolto con favore in Italia, vince l’Orso d’argento allo scorso Festival di Berlino.
Documentario – Film italiani da vedere
Sacro GRA (2013)
Senza alcun commento esterno, il documentario di Francesco Rosi segue scene di vita quotidiana che si svolgono sul Grande Raccordo Anulare, l’anello autostradale che circonda Roma. C’è il barelliere del 118 Roberto, il botanico Francesco, il principe Filippo Pellegrini, il nobile decaduto Paolo e il pescatore di anguille Cesare. A fare da intermezzo alle storie dei protagonisti, inserti che mostrano prostitute e giovani cubiste.
Presentato alla 70ª Mostra del Cinema di Venezia, Sacro GRA vince il Leone d’Oro; è il primo documentario nella storia della kermesse ad aggiudicarsi il massimo riconoscimento. Gianfranco Rosi ha una capacità rara nel trasformare immagini comuni in vero cinema; è il suo sguardo, la sua visione, a rendere Sacro GRA un documentario interessante, che trasforma il quotidiano in straordinario.
Fuocoammare (2016)
Il documentario di Francesco Rosi Fuocoammare ha al centro della narrazione l’isola di Lampedusa. Qui, stipati in condizioni disumane sui barconi, arrivano a cadenza regolare i migranti che affrontano in cerca di una vita migliore la traversata del Mediterraneo. Profughi e migranti, qui, trovano il dottor Pietro Bartolo, il medico che dirige il poliambulatorio di Lampedusa.
Sono sue le testimonianze che ascoltiamo in Fuocoammare; testimonianze che parlano di ciò che i migranti affrontano durante il viaggio, tra fame, disidratazione, sfinimento e disperazione. Uomini, donne e bambini che ha soccorso e curato ma di cui spesso si è trovato solo ad esaminare i cadaveri. Sullo sfondo il piccolo Samuele, che fra il tempo passato con l’amico Mattias e i racconti della nonna, trascorre le sue giornate nell’assolata isola siciliana. Fuocoammare entra nella nostra selezione di film italiani da vedere per il suo forte valore di testimonianza su un tema spesso controverso e banalizzato. Il documentario di Francesco Rosi si aggiudica nel 2016 l’Orso d’oro per il miglior film al Festival di Berlino.
Molecole (2020)
Nel febbraio del 2020 Andrea Segre si trova a Venezia, la città di origine di suo padre Ulderico. Sta lavorando a un documentario e a un’opera teatrale con al centro due temi fondamentali per la città lagunare: il turismo e il fenomeno dell’acqua alta. I suoi piani cambiano quando esplode la pandemia da Covid-19. Segre si ritrova allora a cambiare programmi e mentre mostra la città deserta e la racconta tramite le testimonianze dei veri veneziani, riflette in maniera sempre più compiuta sulla figura paterna.
Andrea Segre confeziona un documentario intimo e personale, influenzato dalle necessità sanitarie contingenti che lo hanno spinto a rimanere con moglie e figlia nella città paterna. Ascoltiamo i veneziani raccontare il loro rapporto con una città libera da una delle sue maggiori piaghe: il turismo di massa. Segre ci porta nelle loro case, in giro per i canali, nelle poche zone incontaminate della laguna. Il tutto in una Venezia immersa nel silenzio, spettrale sì ma di una bellezza ancor più disarmante. A fare da sfondo i ricordi legati al padre scomparso, che portano il regista a riflettere sulle sue radici.